Si parla di media e gap intergenerazionale al Festival Educa Immagine. L’intervista al direttore
“Unboxing” è la parola chiave della VI edizione del festival di Rovereto che convertendo l’intenzione in azione approfondisce le trasformazioni del presente per ridurre il vuoto tra le generazioni. E noi ne abbiamo parlato con l’ideatore Luca Ferrario

Linguaggio, relazioni, immagini, sono alcuni dei temi di Educa Immagine; il festival a Rovereto che, giunto alla VI Edizione, dall’11 al 13 aprile 2025, ha indagato, sulla scia della parola chiave Unboxing, i fenomeni più spinosi del presente per ridurre il gap intergenerazionale, oggi amplificato dalla digitalizzazione. Per approfondire ne abbiamo parlato con Luca Ferrario, direttore della Trentino Film Commission, fondatore e ideatore del festival che si articola tra il teatro Zandonai e gli spazi del museo MART.

Intervista a Luca Ferrario direttore del festival Educa Immagine
Perché un festival sul linguaggio e i nuovi media?
Perché il linguaggio non è solo un mezzo di comunicazione ma ha la funzione primaria di creare identità. La lingua è il codice che ci permette di essere parte di una comunità e, come tale, si rinnova dando adito al gergo giovanile che si sviluppa secondo un moto centrifugo, volto a escludere l’adulto percepito come estraneo. Tuttavia, per quanto sia sempre esistito, oggi questo linguaggio desta scalpore per il suo riflettere il vuoto profondo tra le generazioni. Divario dovuto a un venir meno di una condivisione dei contenuti in favore di una fruizione individuale, tramite app e piattaforme, che ha privato gli adulti degli strumenti per decodificare l’immaginario giovanile. Quindi è essenziale recuperare in primis le parole per comprendere le giovani generazioni e il contesto in cui si muovono.
Ma questo gap si può davvero imputare alla sola differenza anagrafica?
In realtà ridurlo a questo sarebbe limitativo e lo dimostra l’espressione #okboomer che, coniata in una seduta del parlamento neozelandese nel 2020, non è una manifestazione di consenso ma la ratifica di un dato di fatto che ha codificato una presa di posizione, una guerra dei mondi. Boomer non indica tanto una condizione anagrafica quanto, piuttosto, un limitato orizzonte mentale. Indipendentemente dall’età, boomer è chi ha delle reticenze nei confronti del nuovo, rifiutandolo a prescindere.



Come chi rifiuta un’evoluzione della lingua?
Esatto. Pensare che la lingua possa essere contaminata dal gergo giovanile ci restituisce una visione della stessa monolitica e statica che non ha nulla a che fare con la realtà, di cui il linguaggio è uno specchio e con cui si evolve. Il nostro italiano, costituito da tanti italiani, è un sistema complesso, vivace e creativo che non può e non deve essere banalizzato.
Come nasce questo nuovo linguaggio?
A dispetto del greco e del latino, come ha osservato Beatrice Cristalli, esperta in editoria scolastica: “le radici etimologiche dei termini odierni vanno individuate nella lingua franca dell’inglese e in quella del web. Parole come buggare o skippare escono dal lessico informatico per entrare nella vita. Tenendo presente la differenza tra trend linguistico e neologismo, per cui il primo rimane nella piattaforma, il secondo entra nel vocabolario”. Tuttavia, l’elemento che confonde maggiormente nel processo di decifrazione è lo slittamento di senso che i giovani attribuiscono a parole e immagini, anche in relazione a un rinnovato concetto di ironia, cinico e sarcastico.
A Educa Immagine si parla di corpo e rapporto con se stessi
Un’altra tematica al centro del festival è il rapporto con se stessi e il proprio corpo…
Il tema del corpo, della percezione di sé è fondamentale. Ne abbiamo parlato con psicologi ed esperti a partire da fenomeni come la body positivity che, purtroppo, si è rivelata una mera illusione proposta da brand che nel frattempo la negavano imponendo rigidi canoni estetici attraverso altri ben più subdoli canali. Perché se ieri il confronto era solo con le celebrities, oggi, con l’esplosione dei social, è con persone artificiosamente “della porta accanto”; che propongono una normalità distorta, in cui il canone di bellezza confluisce in quello di una fotogenia artefatta all’insegna del filtro, per cui diventa più importante come si appare online da come si è veramente; secondo una direzione ben compresa dai brand, come si evince dalle campagne di marketing. Dinamica che, se non gestita, genera gravi conseguenze, a partire dal dismorfismo, disturbo in cui si perde il rapporto con il proprio corpo e la realtà, da cui poi derivano altre patologie.
Questi fenomeni si manifestano precocemente, anche prima della pubertà?
Esatto. È inquietante il numero di baby-influencer che propone contenuti di skin care. Praticamente, come ha osservato il dottor Leopoldo Romanelli di Minotauro: “stiamo adultizzando i bambini e infantilizzando gli adolescenti, ritornando ai peggiori esempi del passato, quando l’infanzia era una parentesi da by-passare rapidamente e l’adolescenza una fase da superare con divieti e coercizioni. Mentre bisognerebbe vivere tutte le età, accettandone le difficoltà e le possibili incomprensioni”.

Parlando di incomprensioni, internet esaspera i conflitti tra genitori e figli?
Internet non è un male di per sé, gli adulti dovrebbero capire come presidiare quello spazio senza vietarlo, controllarlo o negarlo ma interessandosi con affettività alla sfera emotiva dei ragazzi. Alimentare l’alterità non serve a nulla, siamo tutti esseri umani, non esiste un noi e un loro ma solo un noi collettivo. I giovani sono il prodotto della società, dunque avvalorare lo stereotipo della gioventù bruciata, è solo un vecchio trigger per non affrontare le proprie responsabilità. Insomma, bisognerebbe imparare a stare con i ragazzi nel senso più pieno del termine. E la mancanza di tempo non è un vero problema ma solo una scusa utilizzata da adulti che hanno paura di affrontare la realtà.
L’educazione sentimentale a Educa Immagine
A proposito di rapporti, a Educa Immagine si parla anche di relazioni di coppia?
Date le recenti cronache, l’educazione sentimentale è un tema di primaria importanza, dalle molteplici sfaccettature che abbiamo affrontato in diversi panel. Anche in questo caso è in primis una questione di linguaggio. La violenza di genere è ancora oggetto di una narrazione viziata e fuorviante che definisce, ad esempio, i femminicidi come omicidi d’amore, minimizzandone l’efferata violenza. Poi, c’è ancora troppa inconsapevolezza sul peso che alcuni comportamenti, come la condivisione di immagini o dello stesso smartphone, rivestono nell’ambito di relazioni tossiche e controllanti.

L’acquisizione di una consapevolezza dovrebbe essere alla base dell’utilizzo della rete?
Esatto, solo conoscendo gli algoritmi che la governano è possibile utilizzarla senza subirli. In particolare, è emerso come la rabbia paghi più della serenità, dunque assistiamo al proliferare di sterili polemiche solo perché il conflitto genera engagement. Il free speech è uno specchietto per le allodole che si traduce nella libertà di offendere.

Quindi sarebbe utile una regolamentazione nell’uso dei social?
Magari ma il nodo è più profondo. È una questione culturale. Internet fa parte delle nostre vite e ne rappresenta una cassa di risonanza di cui non abbiamo ancora realizzato la portata. Come se spinte dall’ansia di scomparire, le persone sviluppassero la smania di esprimersi, perdendosi in inutili deliri non avendo nulla da dire. Così, come ha osservato Daniela Collu: “forse, per capire la regola da applicare, bisognerebbe prima soffermarsi sul problema da risolvere!”

Il focus con gli artisti sulle immagini al Mart di Rovereto
Che ruolo hanno le immagini in questo scenario transmediale?
“La fotografia è diventata una visione pittorica simil-meravigliosa della vita” ha affermato Francesco Jodice. In questo caso siamo di fronte a una tecnologia, l’AI, che ha una potenza di calcolo infinita ma una veduta volutamente rastremata sulla base di criteri economici e politici ideati per plasmare una platea di utenti omologata e propensa a credere alla post-verità anziché alla verità.

Qual è ruolo del fotografo oggi?
Cito ancora Jodice: “L’attitudine dell’artista è far emergere i problemi, trasformando le immagini in una piattaforma in grado di stimolare riflessioni”. Gli artisti ci portano ad essere fruitori attivi, a porci delle domande sulle immagini che hanno sempre un’intenzione.
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Ludovica Palmieri
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