Guernica è senza dubbio il quadro più emblematico della modernità, un’icona del nostro tempo carica di significati non solo per il popolo spagnolo, ma per l’intera umanità. Dunque è assai complesso proporre oggi una nuova interpretazione iconografica e storiografica, tentando di illuminare con nuove prospettive critiche gli eventi biografici e artistici che hanno portato alla gestazione del celebre capolavoro.
Il Museo Reina Sofia, che da venticinque anni custodisce la grande tela dipinta da Pablo Picasso (Malaga, 1881 – Mougins, 1973) nel 1937 – per incarico del Padiglione della Repubblica spagnola, durante l’Esposizione Universale di Parigi –, ha scelto di celebrare l’anniversario con la mostra dal titolo Pietà e terrore in Picasso. Il cammino verso Guernica, a cura dell’inglese Timothy James Clark e dell’americana Anne M. Wagner.
Il grande murale – inamovibile perché strutturalmente fragile, oltre che bisognoso di ripulitura, per la quale però si stanno ancora studiando le modalità più idonee – è l’epicentro di un percorso in dieci sale dove ogni pezzo esposto è stato scelto con precisione per spiegare la nuova chiave di lettura e per giungere alla conclusione che Guernica non sarebbe esistito senza gli esperimenti artistici che l’hanno preceduto.
180 CAPOLAVORI DA TUTTO IL MONDO
Sono circa 180 le opere di Picasso riunite a Madrid, la maggior parte di straordinario valore pittorico, provenienti non solo dai fondi del Reina Sofia (come i piccoli disegni preparatori colorati a pastello o le fotografie delle diverse fasi di lavorazione dell’opera scattate da Dora Maar), ma da una trentina di istituzioni pubbliche e da collezioni private di tutto il mondo. Incredibile è la quantità e la qualità dei prestiti, come La donna nuda che si pettina del MoMa, il Nudo in piedi davanti al mare del Met e la Natura morta con mandolino e chitarra del Guggenheim di New York, oltre alle meravigliose Tre ballerine della Tate di Londra, opera postcubista del 1925 da cui idealmente prende le mosse la tesi dei curatori. Molti anche i prestiti dal Museo Picasso di Parigi, tra i quali due curiosissime sculture in latta, realizzate assemblando pezzi d’uso quotidiano e apparentemente identiche, anche se diverse per il trattamento del colore.
É inestimabile dunque l’opportunità che il museo spagnolo offre ai suoi visitatori di contemplare una serie di oli di Picasso mai riuniti insieme prima d’ora, permettendo di riflettere sui significativi raffronti: ancora una volta si resta stupefatti dinanzi all’immensa fecondità creativa di Picasso, artista sempre originale e mai ripetitivo, nel quale le tanti variazioni sul tema dei suoi soggetti non sono altro che un preciso marchio di stile.
UNA NUOVA LETTURA
Fin dalle prime sale, è evidente però che la tesi proposta dai curatori lascia ai margini qualunque implicazione politica riguardante la Guerra Civile spagnola e privilegia un’analisi estetica del processo creativo dell’opera. La coppia di studiosi di area nordamericana si concentra infatti sugli aspetti più intimi dell’arte di Picasso e sulle circostanze personali, oltre che storiche, che hanno influenzato la gestazione di Guernica, un’enorme tela realizzata in poco tempo sull’onda emotiva del tragico bombardamento aereo del villaggio basco, il 26 aprile 1937.
Secondo la lettura di Clark e Wagner, nell’opera di Picasso sono riscontrabili un prima e un dopo Guernica, che costituiscono le fasi di una radicale trasformazione artistica del pittore andaluso, iniziata nella seconda metà degli Anni Venti e protrattasi fino alla prima metà dei Quaranta. Il terrore per la guerra e la compassione per le vittime, la consapevolezza della mostruosità insita nella natura umana sono elementi perturbanti che si mescolano poco a poco e prendono il sopravvento sull’apparente intimità dei ritratti e delle nature morte cubiste.
Attraverso la selezione dei capolavori, la mostra indaga come, a partire dal 1924-25, ossia in coincidenza con Le Tre Ballerine della Tate, l’opera di Picasso sia pervasa da un lento e sottile senso di angoscia, da fantasie oscure, oscenità, paure, odio o autentiche ossessioni. É allora che, forse, per la prima volta anche se tardivamente, Picasso riflette sugli orrori della Prima Guerra Mondiale, e poi sul proliferare dei fascismi e sulla scoppio della guerra civile nel suo Paese. L’artista, in quegli anni pieni di crisi, trasforma lentamente la prospettiva cubista della realtà, in generale intima e ottimista, spesso solare nella scelta dei cromatismi, in visioni sempre più claustrofobiche e opprimenti, dove le donne sono costrette in spazi angusti, inchiodate a poltrone come a camere di tortura, smembrate nei corpi, vittime di violenze fisiche e spirituali, le stesse che ritroveremo drammaticamente in primo piano in Guernica.
UN DOLORE RADICATO
L’artista introduce il dolore e la sofferenza nel suo mondo, così come la percezione della precarietà dell’ambito familiare, la fragilità umana tra le pareti domestiche, destinate a crollare sotto la minaccia delle bombe nel villaggio di Guernica come, più tardi, in tutta l’Europa schiacciata dalle incursioni aeree della Seconda Guerra Mondiale.
Secondo i curatori, Guernica è dunque un’opera sulla sofferenza degli esseri più deboli, delle madri, dei bambini e degli animali, e da ciò dipende il suo impatto emotivo. Nelle opere precedenti a Guernica, Picasso sperimenta già aspetti formali che esprimono il dolore nei corpi delle donne, la lingua, i denti, i raggi di luce, le lacrime strazianti o i seni che si trasformano in armi da difesa, creando una mater dolorosa che è immagine di indignazione e di resistenza, ma anche di disperazione.
Da tali orrori il pittore potrà difficilmente liberarsi anche dopo il 1937; non a caso, alla fine degli Anni Trenta e nei primi Anni Quaranta, il tema della morte ricorre insistentemente nei lavori di Picasso, dove le donne piangenti hanno ancora i corpi e i volti straziati di Guernica e dove abbondano i Memento mori, nature morte con teschi, iconografia ricorrente nelle opere di tutto il secondo dopoguerra.
I VIAGGI DI GUERNICA
Interessante anche l’appendice finale della mostra, un focus sui viaggi che Guernica fece prima di giungere finalmente in Spagna. Peccato però che manchino non solo un riferimento all’esposizione del 1953 nella sala delle Cariatidi di Palazzo Reale a Milano, ma anche e soprattutto le immagini relative al rientro dell’opera di Picasso a Madrid, il 10 settembre 1981, dopo essere rimasta esposta per oltre cinquant’anni al MoMA di New York. L’arrivo di Guernica al Casón del Buen Retiro – prima collocazione dell’opera presso il Museo del Prado –fu un evento storico, che segnò la fine dell’era franchista. Curiosa anche la forma in cui l’opera fu esposta al pubblico fino al 1992, sotto un’enorme teca di vetro antiproiettile, vigilata da una guardia civil.
– Federica Lonati
Madrid // fino al 4 settembre 2017
Piedad y terror en Picasso. El camino a Guernica
MUSEO REINA SOFIA
Edificio Sabatini
Santa Isabel 52
www.museoreinasofia.es
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