Musei del futuro. L’Hermitage di San Pietroburgo
Parola a Daria Hook, ricercatrice senior al Dipartimento di Archeologia per l’Europa Orientale e della Siberia dell’Hermitage. L’intervista è parte del report “Museum of the Future” realizzato da Symbola, in collaborazione con Melting Pro, per il progetto europeo Mu.SA.
Dove sta andando il museo del futuro?
Oggi i musei vedono il loro numero di visitatori crescere, nonostante la crisi economica e politica. Grazie al senso di speranza per il futuro che trasmettono, si affermano come presidi di stabilità e sicurezza.
Un tempo queste istituzioni culturali esibivano oggetti. Oggi mostrano la pluralità di idee e conoscenze che popoli diversi hanno sviluppato a partire da uno stesso reperto. Esporre questa molteplicità dei contenuti è un processo molto interessante e creativo. Naturalmente, non si parla solo del pubblico europeo, ma anche di quello orientale. Oggi Oriente e Occidente possono provare a capirsi a partire dai diversi significati generati dagli stessi prodotti culturali.
In che termini il digitale sta cambiando questa istituzione culturale?
È come se i musei dovessero adattarsi a condizioni climatiche del tutto nuove. Usando un parallelismo preso dal mondo della matematica, disciplina a volte più semplice perché fatta di soli numeri, oggi l’attività di un museo ricorda la “convoluzione”, ovvero l’integrazione di due diverse funzioni. Nel caso del museo: la produzione di significati condivisi (funzione culturale), da una parte, e la sostenibilità finanziaria (funzione commerciale), dall’altra. In pratica, attività tradizionali e nuove convergono grazie alle nuove tecnologie, che aiutano il museo e i suoi stakeholder a trarre maggiori benefici dalle proprie attività.
Tra gli aspetti dell’attività museale più coinvolti dalla trasformazione digitale, in primis, c’è la gestione del patrimonio digitalizzato, perché è il database da cui il museo attinge tutti i suoi contenuti.
Su questo fronte, l’Hermitage ha raccolto tutti i dati relativi al suo immenso patrimonio. Tuttavia, non ha ancora risolto importanti questioni legate alla conservazione dei dati. Oggi si perdono tantissimi dati nel cambio di software, computer e progetti. Sappiamo dell’esistenza di programmi europei che potrebbero aiutarci in questo, ma il Ministero della Cultura del nostro Paese sta lavorando da diversi anni nello sviluppo di software appositi. É un processo molto lungo che, nel corso degli ultimi 20 anni, ha conosciuto slanci e battute d’arresto. In questo ultimo periodo, sembra che qualcosa si sia sbloccato.
E dal punto di vista della comunicazione digitale?
La comunicazione digitale è in grado di catturare l’attenzione dell’utenza per la sua capacità di coniugare contenuto cognitivo ed emozionale. Solo con una comunicazione di questo tipo, il museo è in grado di attirare i suoi pubblici. I servizi educativi possono inoltre ricorrere a diversi tipologie di gadget attraverso cui fornire contenuti di vario tipo all’utenza, per migliorare il lavoro delle guide, arricchire la visita degli utenti e rendere possibili percorsi personalizzati. Infine, per quanto riguarda la realizzazione di mostre e installazioni, il digitale è utile per creare ambienti immersivi che sappiano coinvolgere i suoi pubblici. Ma il museo non è Disneyland: l’utente non cerca solo evasione, ma anche sviluppo cognitivo. Per questo progettiamo i nostri ambienti immersivi insieme a psicologi e professionisti dell’aereonautica spaziale, specializzati in realtà aumentata. I visitatori dell’Hermitage sono dei ricercatori che allo Spazio hanno preferito il museo come luogo di esplorazione. Non a caso, uno dei piccoli pianeti della costellazione dei Pesci scoperti nel 1978, il numero 4758, dal 1997 ha preso il nome di “Hermitage”.
Sul tema comunicazione, il museo può contare su un ottimo sito. Se messo a confronto con altri casi di eccellenza del Paese, come il Moscow Pushkin Art Museum, potrebbe fare meglio. I colleghi a Mosca lavorano moltissimo in un’ottica di audience development. Il loro sistema web, fatto di una grande piattaforma dentro cui coesistono un insieme di siti satelliti, risulta più funzionale, al punto che i loro utenti navigano più a lungo e secondo modalità più avanzate rispetto ai nostri. Accanto al sito, utilizziamo diversi social media, a seconda delle loro specificità. Quello più popolare, per la nostra esperienza, è il russo VKontakte, mentre Facebook nel nostro paese è più adatto agli uomini d’affari. Instagram invece è ottimo per la condivisione delle foto. Viceversa Twitter è probabilmente il meno adatto per la comunicazione museale. Più in generale, riguardo all’utilizzo dei social, abbiamo capito che funzionano veramente se a occuparsene sono delle persone carismatiche. Prendiamo il caso di Instagram: le nostre pagine più seguite sono quelle del profilo di un nostro fotografo, che è riuscito a raggiungere milioni di follower, perché è un buon fotografo e ha grandi capacità carismatiche. Tutti seguono il suo profilo, non quello del museo. Ma, attraverso il suo profilo, il museo comunica i suoi contenuti. Accanto alle competenze digitali, competenze trasferibili come questa hanno la loro importanza. Infine, altrettanto importante è l’analisi dei big data.
Come vi muovete su questo fronte?
In questo caso, l’Hermitage può contare su un dipartimento dedicato, che raccoglie costantemente feedback dai nostri visitatori, attraverso la compilazione di appositi questionari. Questo piccolo dipartimento, chiamato “Studi Sociali”, oggi conta quattro persone, aiutate nella raccolta dati dai nostri volontari. Grazie alla collaborazione con i colleghi del Moscow Pushkin Art Museum, raccoglie anche le opinioni dei nostri visitatori virtuali. Quello che è emerso è che ci sono pubblici differenziati non solo in base alle età, ma anche al genere. Se le donne preferiscono visitare le nostre collezioni dal vivo, gli uomini optano più facilmente per la visita virtuale. Considerazioni da tenere conto per chi si occupa della scrittura dei contenuti per le nostre pagine web e per chi è responsabile dei contenuti all’interno delle nostri sedi.
Cosa può aiutare i musei ad affrontare la sfida digitale?
Per il settore museale russo, fondamentale è l’attività svolta da più di 10 anni da un’organizzazione non governativa che organizza la conferenza annuale ADIT, per la promozione della tecnologia informatica nei musei e nelle istituzioni culturali. È qui che dal 1997, in diverse città si affrontano tematiche di anno in anno differenti, dalla digitalizzazione del patrimonio museale allo sviluppo di applicazioni innovative. Il fine è supportare i professionisti del settore, specializzati nei campi più vari, affinché affrontino al meglio le nuove sfide, cooperando tra di loro e scambiandosi buone pratiche.
Dal 2013 ADIT ha adottato un format più operativo: nelle varie sessioni, i diversi musei partecipanti presentano reali problematiche che vengono discusse in pubblico, per trovare delle soluzioni tecnologiche innovative. Tra i sostenitori dell’evento ci sono anche diversi produttori di software e hardware, felici di presentare i loro prodotti in una vetrina capace di chiamare a raccolta l’intero settore museale nazionale.
E i musei di dimensione ridotta?
I musei statali di piccola e media dimensione hanno dei budget troppo ridotti per poter affrontare questa sfida da soli. Per loro, una soluzione possibile è la cooperazione con le università: se i musei dispongono di contenuti e creatività, le università hanno dalla loro le tecnologie necessarie. Una collaborazione di questo tipo può creare il terreno fertile per la formazione delle nuove generazioni di professionisti digitali, che in futuro potrebbero essere attratti dalla conservazione del patrimonio culturale.
Quali sono le figure professionali emergenti legate al mondo digitale di cui i musei hanno oggi bisogno?
A mio avviso bisogna formare i profili esistenti con nuove competenze. Un esempio su tutti: oggi i curatori cercano di sviluppare contenuti innovativi per le visite virtuali allo stesso modo in cui lo fanno per le mostre all’interno dei musei, ignorando i principali fondamentali dello spazio virtuale e del computer game. Il tutto avviene a scapito dei risultati. Quello che il museo dovrebbe fare oggi è invitare gli specialisti di realtà aumentata per acquisire le competenze che gli mancano in questo ambito.
Qual è il vostro candidato ideale?
La parola chiave è perseveranza. I giovani oggi credono che basti essere creativi e si aspettano dei risultati nell’immediato. È un errore comune nell’epoca delle decisioni rapide e dell’alta velocità, che porta a un fraintendimento. Se sei pronto a diventare un “ermitazhnik” (a far parte della squadra dell’Hermitage) in soli 25 anni, allora questo è il lavoro che fa per te!
– a cura di Symbola / Melting Pro
www.hermitagemuseum.org
www.symbola.net/
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