Inaugurato a Bruxelles il Museo della Storia d’Europa. E i populisti s’arrabbiano
Un museo che tanti non avrebbero voluto. Per quel valore simbolico smentito da chi non crede nell’unità di questa Europa. E per i tanti dubbi sull’imparzialità del progetto. Ma dopo 10 anni il nastro è stato tagliato…
L’Europa ha finalmente il suo museo. Aperta al pubblico dal 6 maggio 2017, la Casa della Storia Europea arriva al suo agognato traguardo, battezzata dal presidente del Parlamento UE Antonio Tajani. E lo strascico di polemiche non si placa. Si tratta infatti di uno dei musei forse più contestati degli ultimi tempi: per via dei ritardi – 10 lunghi anni di cantiere -, ma anche dei costi, arrivati alla considerevole cifra di 47 milioni di dollari (in verità non del tutto fuori scala rispetto alla media). Si è scelto, tra l’altro, di non progettare un nuovo edificio, affidandosi a un’importante firma dell’architettura contemporanea, cosa che avrebbe generato ulteriore valore sul piano simbolico, estetico, culturale, della riconoscibilità e dello sviluppo. Il Museo è stato invece realizzato nell’oasi verde del Leopold Parc, dentro il novecentesco Palazzo Eastman (una ex clinica odontoiatrica per bambini disagiati), dopo i lavori di restauro e adeguamento.
POLEMICHE, VALORI E LINEE GUIDA
Il dibattito però non si esaurisce con le immancabili lamentele relative a tempistiche dilatate e ipotetici sperperi di denaro pubblico. Il tema è stato anche e soprattutto politico. Varie le questioni: può un soggetto collettivo come il Parlamento Europeo farsi promotore di un progetto celebrativo che porta avanti un’idea di unità e integrazione invisa alle forze politiche populiste presenti nello stesso Parlamento (vedi Lega, Ukip, Front National)? Perché avallare un’iniziativa imposta e studiata a tavolino, come forma di auto-propaganda che esalti il mito europeo, in barba agli orientamenti nazionalisti che avanzano? E che tipo di Europa viene raccontata? Che posto hanno quei Paesi del Vecchio Continente non entrati nella UE? Come viene affrontata la questione storica della Ex Jugoslavia? Infine, quanto e come vengono riportati gli attuali venti scissionisti?
Nel progetto scientifico, contenuto in un dossier redatto nel 2008 da un comitato di studiosi, sono subito messe in fila alcune parole chiave: radici, futuro, memoria, identità, crescita. E unità, naturalmente. Secondo le volontà di Hans Gert Pöttering, l’ex Presidente del Parlamento europeo che volle questo luogo. Tra le linee guida: approfondire la storia d’Europa; evidenziare la nascita e lo sviluppo delle istituzioni europee nella seconda metà del XX secolo; veicolare dei messaggi di pace e di libertà, nel quadro di un’unione sovranazionale; utilizzare metodologie scientifiche (e non ideologiche) nella rappresentazione dei fatti.
UNA COLLEZIONE DI 1500 PEZZI. DALLA GRANDE GUERRA ALLA BREXIT
I 4.000 metri quadri del museo – che punta a calamitare una media di 225mila visitatori annui – accolgono la collezione storica, che va dalla Prima Guerra Mondiale fino ai giorni nostri, ma prevedono anche la realizzazione di mostre e la funzione di centro studi per ricercatori. Il nucleo permanente è composto da 1.500 pezzi provenienti da 300 musei, tra documenti d’epoca, libri, manifesti, filmati, installazioni interattive e oggetti d’uso comune, come automobili, strumenti musicali, arredi.
Pare però – almeno secondo il resoconto del Daily Mail – che per l’opening l’allestimento non fosse pronto: zone rimaste vuote, alcune etichette mancanti e i tablet con i testi didattici ancora non attivi.
E il capitolo Brexit, quanto e come è stato affrontato? Se ne trova qualche traccia all’ultimo piano, nella sezione “Tributi e critiche”: ci sono loghi e materiali delle campagne per il “Leave” e il “Remain”, oltre a una copia della scheda referendaria. Per qualcuno un tema poco approfondito e volutamente sminuito. E non poteva mancare la battuta di un membro dell’Ukip, Jonathan Arnott: “Il museo? Il pubblico non lo ha mai chiesto, è costato molto di più quanto ci fu detto in origine, sono soldi spesi per un’auto-propaganda e i cittadini britannici sono stati costretti pagare”. Insomma, ha aggiunto con sarcasmo, “una metafora perfetta dell’Unione Europea”.
– Helga Marsala
http://www.europarl.europa.eu/visiting/en/brussels/house-of-european-history
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