L’anima inquieta di Budapest
La capitale ungherese sta vivendo un’autentica metamorfosi urbana, con il proliferare di nuove gallerie d’arte, residenze per artisti e un grande progetto per un quartiere museale che dovrebbe sorgere nel sesto distretto di Pest, intorno alla Piazza degli Eroi.
Quando si cammina per Budapest si è immediatamente consapevoli delle diverse epoche politiche che hanno via via modellato la città. Non si può spiegare questa città, infatti, semplicemente con un “prima” e un “dopo” il cosiddetto socialismo reale. Il governo attuale, guidato da Viktor Orbán, provoca preoccupazione in molti ungheresi contrari all’ideologia di destra e agli echi del passato controllo comunista, esemplificati dall’allarmante cambiamento della costituzione ungherese nel 2013 e dalla recente approvazione di una legge per chiudere l’Università dell’Europa Centrale, sponsorizzata dal miliardario americano di origine ungherese George Soros. L’università, se non si troverà un accordo tra Budapest e Washington, dovrà chiudere entro il 2021. In migliaia sono scesi in strada nella capitale per protestare contro questa decisione, esemplare delle politiche di chiusura nazionale e filo-russa del premier ungherese.
OFF BIENNALE
Molti dei principali musei sono ora gestiti da direttori e curatori approvati dal governo, con la conseguente trasformazione di istituzioni come il Ludwig Museum da spazi coerenti che tracciavano le storie sotterranee dell’arte ungherese a spazi con programmi spesso descritti come populisti. Contro questo clima tendente al repressivo, molti ex curatori del Ludwig, così come altri artisti e curatori, hanno istituito l’OFF-Biennále, la cui prima edizione si è svolta nella primavera del 2015 e ha visto la partecipazione di 350 artisti provenienti da 22 Paesi e più di 135 spazi coinvolti a Budapest, in Ungheria e all’estero. Una sorta di federazione scollata dalle istituzioni. L’edizione 2017, in programma per il prossimo settembre, sarà più ridotta e si focalizzerà sulla crisi europea, una crisi radicata nel deterioramento di principi e valori europei costitutivi e che minaccia così la società europea con fenomeni di alienazione e disintegrazione. Promuovendo un dialogo culturale dall’interno dell’Ungheria, l’OFF-Biennále 2017 si propone di contribuire al discorso interdisciplinare e internazionale sulla reinterpretazione dell’Europa in termini di valori comuni democratici e culturali. Sulla base dell’esperienza delle comunità civili che vivono nelle periferie dell’Unione Europea, le comunità emarginate in termini sia di geopolitica che di vita pubblica locale, si avvierà un dialogo teso a esplorare il ruolo, la posizione e la responsabilità dell’arte nel trovare possibili soluzioni all’attuale crisi.
FRA STREET ART E GALLERIE
Nonostante la situazione politica, si respira un fermento creativo in diversi distretti cittadini. Se fino a un decennio fa era meglio evitare le strade dell’ottavo quartiere di Pest, dove all’ombra delle fastose case aristocratiche passeggiavano prostitute, spacciatori e senzatetto, negli ultimi anni il distretto alle spalle del Museo Nazionale ha cambiato reputazione, diventando il fulcro della nascente scena bohémien, con una fila di negozi, caffè e spazi d’arte lungo la strada Gyula Krúdy e nei pressi della tranquilla piazza Mikszáth Kálmán. Qui, in un appartamento nascosto, si trova anche la galleria di Ani Molnár.
Anche il settimo distretto di Pest sta vivendo un periodo di rivitalizzazione culturale, anche grazie agli interventi di Street Art. Negli ultimi anni, infatti, Budapest è stata teatro di una rivoluzione street: tante sono le facciate di palazzi svuotati della loro funzione e rivitalizzati da colorati murales che hanno disegnato parte del paesaggio urbano. Il collettivo Neopaint Works ha firmato diversi progetti e l’iniziativa Színes Város – Colourful City organizza un festival alla fine dell’estate durante il quale, ogni anno, una nuova serie di murales invade la città.
Pur non essendoci un distretto di gallerie d’arte propriamente detto, alcune tra le più importanti sono concentrate nell’elegante sesto distretto di Pest. Qui troviamo la galleria acb, fondata nel 2003, che fornisce una piattaforma per artisti emergenti e di media carriera che lavorano utilizzando media tradizionali e nuovi media. Fra di essi spicca Róbert Batykó, che ha già vinto diversi premi per i suoi dipinti in stile urban.
Tra le emergenti segnaliamo la galleria Horizont, fondata nel 2015 da Balázs Arató. Sulla base di una conoscenza approfondita della scena artistica locale, la galleria mira a collaborare con artisti ungheresi e internazionali emergenti. Balázs Arató ci ha raccontato che ci sono pochi collezionisti a Budapest e come ciò porti a partecipare inevitabilmente a fiere internazionali: “Budapest soffre della mancanza di istituzioni per l’arte contemporanea. Sarebbe ottimo poter inserire le opere dei giovani artisti nella collezione di un museo, ma è un’operazione molto difficile. Tra i clienti della galleria abbiamo avuto l’ambasciatore degli Stati Uniti e un collezionista belga che hanno acquistato recentemente delle opere. È molto importante far conoscere gli artisti locali all’estero, ma per raggiungere questo scopo ci vorrebbe la cooperazione di curatori locali affermati a livello internazionale”. La galleria collabora anche con l’organizzazione non profit Art Factory e ha recentemente ospitato una mostra dell’artista americana Linz Nielsen, in residenza all’Art Factory la scorsa estate.
I PROGETTI URBANI DEL KÉK
Spostandoci nell’undicesimo distretto di Nuova Buda, quartiere universitario e culturale, troviamo il KÉK – Centro per l’Architettura Contemporanea, che ha iniziato la sua attività nel 2006 con l’apertura dei suoi uffici culturali in un ex magazzino. Come ci ha raccontato Daniella Huszár, manager culturale del centro, “l’edificio è stato un catalizzatore nella storia di Kék: non solo ha dato forma all’organizzazione, ma ha anche determinato molte delle sue attività, contribuendo alla costruzione della sua identità. Aprendo un cortile sulla strada e trasformandolo in uno spazio accessibile, Kék ha aumentato la propria visibilità in tutta la città. La prima fase delle operazioni del Kék si è conclusa nel 2008, quando il centro si è spostato nel cuore della città in un edificio per uffici gestito da ORCO Property Group. I sette piani del centro, complessivamente 6mila mq, hanno offerto molte e diverse possibilità. Utilizzando la facciata e il tetto per mostre e proiezioni, Kék ha tentato di promuovere una funzione pubblica dell’edificio. Questo esperimento temporaneo si è concluso nella seconda metà del 2008. Dopo molti anni senza una sede abbiamo aperto la nostra nuova galleria e project space sul viale Bartók Béla, un viale culturale nel centro di Buda”. Ma come vengono gestiti economicamente tutti questi progetti? “Non riceviamo finanziamenti per le nostre attività quotidiane, ma per i nostri progetti, il che rende molto difficile una pianificazione a lungo termine e il sostentamento delle nostre attività. Tuttavia, questo ci permette anche di inventare nuovi modi di finanziamento e di spostarci gradualmente verso finanziamenti privati. Ciò è raro per uno spazio culturale in Ungheria, dove i finanziamenti statali per la cultura sono tradizionali e devoluti per istituzioni più grandi. Siamo costretti a pensare in modo creativo a nuove opportunità di finanziamento. Ad esempio, abbiamo lanciato una campagna di crowdfunding realizzando la nostra birra artigianale, una birra per gli architetti. Celebrando il nostro decimo anniversario, abbiamo offerto questa sorpresa al nostro pubblico. La prima birra d’architetto mai realizzata prima, la C10, che può essere considerata anche come un prodotto di design. Siamo riusciti a raccogliere parecchi fondi con questa produzione”. Di particolare interesse per Daniella Huszár è il progetto Budapest 100: “Un programma organico unico che mobilita tutta la città, avviato da OSA Archivum e Kék nel 2011. Una festa civile che celebra gli edifici realizzati cento anni fa a Budapest, organizzata da volontari, patrioti locali e concittadini. L’obiettivo finale è di attirare l’attenzione sugli edifici e i valori umani che ci circondano ogni giorno. Il programma è un festival urbano civile che ha un effetto eccezionale. Oltre 2mila volontari partecipano alla manifestazione e contribuiscono in modo creativo ad attuare i programmi, rendendo così il festival un evento di successo. Nel 2013 il festival è stato premiato come ‘Most beautiful city event’ dalla fondazione tedesca Lebendige Stadt. Il ‘Guardian’ ha anche elogiato l’evento come uno dei migliori eventi culturali d’Europa”.
Ma come è cambiata Budapest negli ultimi decenni? “Una nuova generazione di architetti è nata in Ungheria a seguito dei cambiamenti storici. Sono stati educati in un contesto più internazionale, che ovviamente influisce sulla qualità dei loro progetti. Con la crisi economica, molti laureati hanno scelto di trasferirsi all’estero e di collaborare con studi di architettura internazionali. Alcuni di coloro che sono rimasti tendono a rifiutare di aderire ai grandi progetti: ciò permette di inventare nuovi formati che emergono dal basso, infrastrutture sociali e culturali, utilizzando le nuove tecnologie, come ha fatto Peter Arvai, architetto fondatore della piattaforma Prezi.com per creare presentazioni aziendali di successo. Nel frattempo il processo decisionale del governo centralizzato ha portato a progetti con l’obiettivo di ristabilire il prestigio di istituzioni pubbliche, musei e accademie. Questi sviluppi tuttavia mancano di bilanci trasparenti, concorsi di progettazione e consulenze professionali. Inoltre, Budapest sta diventando una capitale turistica sempre più popolare, con la conseguente proliferazione di bar, club e ristoranti nei quartieri interni, che hanno dato luogo a un’architettura commerciale, un settore ancora in piena espansione”.
Un grande dibattito coinvolge il progetto del Museum Quartier che dovrebbe sorgere sulla Andrássy út, nel sesto distretto di Pec, intorno alla piazza degli Eroi. “Dalla sua concezione il progetto è stato ridotto in scala”, racconta Daniella Huszár. “Penso che la giuria abbia fatto una buona scelta, non vedo l’ora di seguire il processo di costruzione, con la speranza che i musei possano prendere forma come previsto. D’altra parte, mi rendo conto che si tratta di un progetto molto controverso, senza molte opportunità per la discussione e certamente disapprovo le motivazioni politiche che guidano il progetto”. Chiudiamo la conversazione con la Huszár chiedendole un parere in merito al futuro di Budapest in termini di rigenerazione urbana: “Questo è difficile da prevedere con l’attuale leadership della città, che inoltre ha appena ritirato la sua candidatura per le Olimpiadi del 2024. Più di 250mila persone hanno firmato una petizione per indire un referendum e decidere sulla partecipazione. Evitando il dibattito, il governo ha ordinato alla città di ritirare la domanda”.
Il futuro culturale di Budapest, evidentemente, è ricco di incertezze. Ma nel frattempo si continua a lavorare a progetti ambiziosi e internazionali, cercando di superare le difficoltà interne.
PÉCS: LA CAPITALE CULTURALE
Pécs è la seconda città di rilievo artistico dopo Budapest. Ha dato i natali al maestro della Op Art Victor Vasarely e a uno dei maggiori esponenti del Bauhaus, Marcel Breuer.
Lo sviluppo di Pécs è essenzialmente dovuto alla sua posizione storicamente centrale: tante sono le vestigia ancora visibili di epoca romana e del successivo insediamento turco. Nel 1367 è stata fondata qui la prima università ungherese, la quarta più antica di tutto il territorio del Sacro Romano Impero, e gode ancora oggi fama internazionale. Il suo sviluppo industriale ha poi arricchito ulteriormente il patrimonio culturale della città. La crisi è arrivata negli Anni Ottanta, ma la città ha continuato a sostenere progetti culturali che le hanno valso il titolo di Capitale europea della cultura nel 2010.
Il quartiere Zsolnay, che prende il nome dalla famiglia grande produttrice di porcellane a livello mondiale, è considerato un esempio di Hungaricum, un prodotto autentico della cultura ungherese. Questo distretto della città conta quindici edifici storici e tantissime statue che ne ornano i parchi. La raccolta di porcellane è di immenso valore.
Oltre a preservare il passato, c’è spazio anche per la promozione dell’arte contemporanea, con mostre ed eventi nella galleria M21 e nella sala da concerto E78. La galleria, in particolare, propone opere di artisti locali e internazionali. Ospita anche le opere finali dei laureati d’arte della città. Parte del quartiere Zsolnay è anche la Pécsi Gallery, che espone artisti contemporanei ed è la location ideale per le mostre che accompagnano i festival culturali – proponendo anche mostre di architettura e design. Uno spazio culturale alternativo nel centro è Szabadkikötő, che organizza mostre, concerti e proiezioni.
La Galleria d’Arte Moderna Ungherese ospita opere dal 1850 ai giorni nostri in sequenza cronologica. Ci sono oltre 12mila pezzi in mostra, con opere di artisti quali Simon Hóllosy, Béla Uitz e Ödön Márffy. A diversi artisti sono dedicati musei ad hoc. È il caso del Museo Vasarely, con un nucleo originario di 42 serigrafie donate dall’artista, alle quali si sono poi aggiunte opere di artisti quali Hans Arp e Günther Uecker, nonché creazioni realizzate dalla moglie di Vasarely, Klára Spinner, e dal figlio Jean-Pierre Vasarely. Un altro importante artista cittadino è Ferenc Martyn, figura principale del movimento ungherese dell’arte non figurativa: nel suo museo si trovano dipinti, grafiche e bozzetti, oltre alle emblematiche sculture.
Al Ludwig Museum di Budapest ha inaugurato a metà aprile (e prosegue fino a fine giugno) la mostra Parallel Avant-garde – Pécs Workshop 1968-1980, che celebra alcuni esponenti della neoavanguardia come Ferenc Ficzek, Károly Hopp-Halász, Károly Kismányoky, Sándor Pinczehelyi e Kálmán Szíjártó. Forse i nomi non vi diranno molto, ma sono stati fra i primi in Europa centrale a realizzare esperimenti di Land Art, occasionalmente anche in contesti urbani.
– Giorgia Losio
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #37
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