Dalla Svizzera agli Stati Uniti e ritorno. Carol Bove e Livio Bernasconi a Lugano
Spazio -1, Lugano ‒ fino al 10 dicembre 2017. Nuovo allestimento per la collezione Olgiati. Una project room mette a confronto Carol Bove e Livio Bernasconi. Ma ci sono novità anche nelle sale della raccolta permanente, da Irma Blank a Arman, da Jimmie Durham a Marisa Merz.
Nuovo allestimento per la Collezione Olgiati allo Spazio -1, “succursale” del Lac. Il clou della nuova versione è la prima sala, project room che ospita piccole mostre temporanee per approfondire i temi della raccolta. Fino a dicembre tocca a due artisti “svizzeri-americani”, come dice il sottotitolo dell’esposizione: una star dell’arte contemporanea come Carol Bove (Ginevra, 1971) e Livio Bernasconi (Muralto, 1932), pittore ticinese autore di un’opera da riscoprire, personale per quanto screziata da influenze statunitensi derivanti dalla sua lunga permanenza negli Usa. Le opere a confronto stupiscono per la loro consonanza – per un attimo, possono sembrare dello stesso autore.
SENSUALE SPAESAMENTO
La destrutturazione della forma e l’uso leggermente allucinato del colore costituiscono il tratto comune alle opere dei due artisti. La scultura di grande formato di Carol Bove traduce caratteri grafici (i glifi del titolo) in forme astratte, quasi monumentali eppure instabili, accartocciate, sensuali e assieme spigolose. I dipinti di Bernasconi, appartenenti alla sua stagione più recente, portano echi del Color field, dell’Hard edge e della Pop Art in un’atmosfera postmoderna solenne e giocosa, con lo spaesamento percettivo che interviene in maniera all’inizio impercettibile poi marcata. Un ciclo di lavori da guardare come un’unica installazione, con le forme presenti su un dipinto che trovano echi e definitiva giustificazione in quelli adiacenti.
MONOCROMI, RITRATTI E IL MEGLIO DEL CONTEMPORANEO
Anche le sale della collezione permanente presentano molte novità. La stanza sul monocromo propone tre opere con diverse intensità di colore di Irma Blank, un bellissimo ed eccentrico Marca-Relli, i reticoli di Piero Dorazio, oltre all’uso assoluto del colore da parte di Yves Klein. La sezione sul ritratto affianca opere dense di violenta poesia di Marisa Merz a un ciclo di disegni “bad” di Jimmie Durham, a un raffinatissimo dipinto di Schinwald e a un’installazione di Paolini.
E poi ecco la sala su Arman, ampliata rispetto ai precedenti allestimenti con opere di primo livello degli Anni Sessanta, altri monocromi sui generis di Roccasalva e Bartolini… Oltre a una ricognizione di rara precisione sul contemporaneo, con lavori di Danh Vo, Wade Guyton, Kelley Walker, Christopher Wool, R. H. Quaytman… E Wolfgang Tillmans, quest’anno definitivamente consacrato con una lunga serie di mostre museali, qui rappresentato con uno dei suoi astratti “metafotografici”.
‒ Stefano Castelli
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