L’artista danese Jens Galschiot invade la conferenza sul clima di Bonn con le sue opere

Durante la Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sul clima in corso in questi giorni a Bonn, in Germania, un artista danese invade lo spazio pubblico con due grandi sculture che denunciano gli effetti negativi del surriscaldamento globale sul pianeta. E prende di mira Trump e le sue posizioni al riguardo.

Provocare per far discutere, per creare dibattito ed eventualmente suggerire una soluzione. Un atto apparentemente utopico che ha al suo interno una potenza visiva intrinseca volta ad attirare l’attenzione dei media per generare una nuova coscienza sulle conseguenze del riscaldamento globale. Nasce da qui il progetto dell’artista danese Jens Galschiot (Frederikssund, 1954) che ha invaso con due sue sculture le strade di Bonn nel pieno della Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sul clima in corso in questi giorni in Germania.

UN VERTICE IMPORTANTISSIMO

La ventitreesima conferenza mondiale sul clima è partita con un intento ben preciso: mantenere le promesse della conferenza di Parigi del 2015 per contrastare il riscaldamento globale riducendo notevolmente le emissioni di anidride carbonica, uno dei più pericolosi gas serra. L’accordo era stato sottoscritto nel dicembre 2015 da 196 tra cui gli Stati Uniti guidati da Obama. Obiettivo non semplicissimo da raggiungere anche perché gli Stati Uniti, guidati da Trump, hanno dichiarato lo scorso anno di voler uscire dall’accordo di Parigi. Trovare una soluzione è quanto mai urgente almeno secondo l’opinione di 15.000 ricercatori di 184 paesi che hanno firmato un documento in cui si chiede di agire con la massima fretta prima che i danni per la Terra diventino irreversibili. I progressi fatti per limitare i danni provocati dall’uomo al Pianeta con cambiamento climatico, deforestazione, mancanza di accesso all’acqua, sovrappopolazione e animali in estinzione, sono per gli scienziati troppi pochi. E il rischio che la situazione diventi irreversibile è sempre più alto.

LE OPERE E L’ATTACCO A TRUMP

Freedom to Pollute Jens Galschiot

Freedom to Pollute Jens Galschiot

Uno scenario complesso in cui tutti devono fare la loro parte. A cominciare dall’arte, almeno secondo Galschiot, convinto che gli artisti debbano usare il loro potere visivo per reinterpretare il nostro modo di guardare il mondo e creare una coscienza critica sull’attualità. Per questo l’artista danese ha scelto Bonn come palcoscenico per le sue opere in un momento in cui l’attenzione dei media di tutto il mondo è puntata proprio sul vertice. Si tratta di due enormi installazioni interamente finanziate dall’artista. La prima è Unbearable, un enorme scultura che riproduce un orso polare di dimensioni reali impalato da un oleodotto che percorre nella forma la linea curva dei grafici che denunciano le emissioni di gas nocivi. L’opera è una chiara denuncia nei confronti del riscaldamento globale che sta causando lo scioglimento dei ghiacci e l’estinzione di diverse specie animali tra cui appunto quella degli orsi polari. La seconda opera, forse la più discussa, ha invece il titolo esplicativo di Freedom to Pollute (and Trump). Si tratta di una riproduzione kitsch alta sei metri della Statua della Libertà che ha in una mano la torcia che emette fumo tossico e nell’altra un documento intitolato appunto Freedom to Pollute (libertà di inquinare), a simboleggiare il contrasto tra l’ostentata libertà occidentale e la mancanza di rispetto per il pianeta che è di tutti.

– Mariacristina Ferraioli

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Mariacristina Ferraioli

Mariacristina Ferraioli

Mariacristina Ferraioli è giornalista, curatrice e critico d’arte. Dopo la laurea in Lettere Moderne con indirizzo Storia dell’Arte, si è trasferita a Parigi per seguire corsi di letteratura, filosofia e storia dell’arte presso la Sorbonne (Paris I e Paris 3).…

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