Aneliti di libertà. Surrealismo egiziano a Liverpool
Tate Liverpool ‒ fino al 18 marzo 2018. La prima retrospettiva completa in territorio britannico sul movimento egiziano Art et Liberté, che rappresenta un pagina ancora poco nota nella storia del Surrealismo. Oltre cento opere fra pitture, disegni, fotografie, lungometraggi, in maggioranza mai esposte prima nel Paese, selezionate dai curatori Sam Bardaouil e Till Fellrath. La mostra traccia la storia di una stagione artistica che può essere considerata il primo esempio di “primavera araba”.
Teorizzato nel 1924 da André Breton, il Surrealismo ha avuto in Salvador Dalí e Paul Delvaux i suoi massimi esponenti, ma la sua portata è andata oltre il continente europeo, e, soprattutto, oltre la pittura. Nella definizione dello stesso Breton, il Surrealismo è puro automatismo psichico, attraverso il quale esprimere il vero funzionamento del pensiero, in assenza di ogni controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di tutte le preoccupazioni estetiche e morali. Una libertà dell’inconscio che risente anche degli studi psicanalitici di Sigmund Freud e Carl Gustav Jung. Ma il concetto di libertà è legato principalmente alla sfera politica, e nell’Egitto sottoposto alla dominazione britannica dei tardi Anni Trenta il giogo coloniale era divenuto assai pesante, anche in considerazione del tributo logistico allo sforzo bellico di Londra in termini di risorse e infrastrutture messe a disposizione. Frange di opposizione al regime coloniale serpeggiavano nel Paese, oscillanti fra l’islamismo della Fratellanza Musulmana, i simpatizzanti di Hitler e Mussolini, e l’ala moderata e progressista rappresentata da artisti e intellettuali. Da questi ultimi era infatti nato, il 22 febbraio del 1938, il movimento di resistenza, artistica e civile insieme, Art et Liberté, per colmare quello che sembrava un vuoto politico nel quadro di un futuro d’indipendenza. A riprova del cosmopolitismo dell’arte egiziana, la presenza nel gruppo di artisti stranieri quali la fotografa Lee Miller, e dei pittori Laurent Marcel Salinas e Robert Medley. Quell’Egitto somigliava un po’ al Messico, assolato, sensuale, sospeso in un clima d’attesa; due Paesi purtroppo accomunati dall’aver lasciato irrisolta la questione sociale.
INFLUENZE COSMOPOLITE
Il Surrealismo egiziano non avvertì la necessità di rifarsi alla scuola europea, perché, come aveva notato Kamel El-Telmisany, l’arte dell’età dei faraoni e dell’età copta già contemplava soluzioni estetiche che andavano oltre la realtà, in quanto l’arte orientale è sempre stata legata alla libertà espressiva in fatto di stile. Tuttavia, se l’arte copta resta il riferimento principale, emergono anche leggere influenze straniere, che vanno dal muralismo messicano all’Astrattismo, dal Cubismo all’Espressionismo. Stili in aperto “disaccordo” con il Naturalismo e il Simbolismo apprezzati dall’élite borghese cairota, nelle cui mani si concentrava la maggior parte delle ricchezze del Paese. Da queste grandi tele che demonizzano la guerra, che sono lunghi esodi nel deserto, che grondano sangue e stillano vermi, trapela tutta la forza dell’impegno civile che artisti e intellettuali ponevano per scuotere le coscienze e cancellare le diseguaglianze di quell’Egitto. Dai paesaggi biblici di Inji Efflatouni agli scheletri di Amy Nimr, dalla teatralità di Abdel Hadi El-Gazzar fino alla pensosa sensualità di Fouad Kamel, davanti agli occhi scorre un Egitto sofferente, eppure voglioso di riscatto, ferito ma non sconfitto, che cerca di costruire una propria via allo sviluppo sociale.
LA QUESTIONE FEMMINILE
A differenza del Surrealismo europeo, che non ha avuto esponenti femminili a eccezione di Rita Kernn-Larsen, quello egiziano ha visto il suo interno diverse pittrici, e questo ha permesso una differente trattazione della tematica femminile. Mentre in Europa la declinazione era soltanto quella voyeuristico-sensuale sviluppata da Delvaux, qui conobbe risvolti strettamente sociali. La posizione delle donne egiziane non era infatti semplice, un po’ per la struttura rigidamente patriarcale della società islamica, ma soprattutto per la presenza delle truppe di occupazione britannica che non si facevano scrupolo a commettere violenze sessuali, o comunque a incentivare la prostituzione.
La dolcezza picassiana di Amy Nimr incontra la sensuale spigolosità dei corpi di Fouad Kamel, mentre Ramses Younane si spinge fino a ritrarre corpi femminili mutilati (una metaforica allusione, quest’ultima, alle tante violenze sessuali perpetrate dalle truppe di occupazione britanniche. Opere suggestive, concettualmente potenti, dove la dignità femminile emerge integra nonostante i gravi disagi: si legge una rivendicazione del ruolo della donna in quanto tale e in quanto egiziana, non suddita dell’Impero Britannico.
Trattandosi degli Anni Quaranta, in un Paese a larghissima maggioranza musulmana, l’affrontare una tematica del genere fa di Art et Liberté non un semplice movimento artistico, bensì un’avanguardia di progresso civile.
UN MOVIMENTO POLIEDRICO
Andando oltre la pittura, il Surrealismo egiziano toccò molte discipline creative, comprese la fotografia e la scrittura. Da quest’ultimo punto di vista, il movimento poteva contare su due case editrici, Les Éditions Masses e La Part du Sable, che in circa venti anni di attività pubblicarono ben trenta volumi di autori quali Yves Bonnefoy, Jean Grenier e George Henein. Romanzi, racconti e poesie creatori di universi “altri”, arricchiti dalle illustrazioni degli artisti del gruppo, in particolare di Kamel El-Telmisany e Fouad Kamel.
A livello fotografico, Art et Liberté ebbe esponenti quali Lee Miller, Ida Kar, Étienne Sved; la peculiarità del Surrealismo fotografico in Egitto sta nel creare immagini utilizzando come soggetti le distese desertiche, i monumenti artistici dell’età antica o loro riproduzioni. Un costante richiamo alle radici culturali locali, non soltanto a fini artistici ma anche politici di affermazione dell’identità, che si è conservata pura nonostante l’occupazione inglese e le tendenze nazionalsocialiste di alcune frange della borghesia.
Purtroppo, come spesso accade ai movimenti civili, Art et Liberté non è riuscito a inserirsi nel processo di costruzione di un Egitto democratico, ma resta il dubbio di cosa sarebbe oggi il Paese se l’appello di questi artisti e intellettuali fosse stato ascoltato.
‒ Niccolò Lucarelli
Liverpool // fino al 18 marzo 2018
Surrealism in Egypt: Art et Liberté 1938–1948
TATE LIVERPOOL
Albert Dock
Liverpool Waterfront
www.tate.org.uk/visit/tate-liverpool
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