Apprendiamo da un celebre magazine (allegato a un quotidiano che un tempo si sarebbe detto “di sinistra”) che Naomi Campbell a 47 anni “fiammeggia in sfilate evento” ed è diventata “attrice, e paladina della diversità in passerella, alfiere di un nuovo rivendicativo orgoglio black”. Apprendiamo sempre dalla stessa fonte che Jay-Z, a causa della separazione da Beyoncé, sente che in questo momento per lui “il posto migliore è al centro del dolore”. La copertina di D de La Repubblica del 16 dicembre 2017 lancia la sua cover story a caratteri cubitali: Il ritorno di Naomi. Nuovo potere nero. Forse sta accadendo oltre oceano? Perché qui in Europa, fra stravaganti populisti di casa nostra, riottosi Paesi dell’Est e un’Austria condotta da un giovanotto sconsiderato, “il nero” è quasi sempre identificato con “il migrante”. E per quest’ultimo non tira un’aria delle migliori.
In America dunque si sta affermando il Nuovo potere nero? Pare non pensarla così Kathryn Bigelow, almeno a guardare il suo ultimo bellissimo film Detroit. Ma andiamo con ordine. La “paladina e alfiere del nuovo orgoglio black” Naomi Campbell ho avuto la fortuna di averla conosciuta di sfioro su una limousine a New York negli Anni Novanta, ed era davvero incantevole. Oggi è ancora molto bella, ma rilascia qui un’intervista surreale infarcita di riferimenti ai party che frequenta e al mondo delle top model, dove si è fatta largo con grande fatica: “Quello che ho me lo sono sudato”.
“Perché qui in Europa, fra stravaganti populisti di casa nostra, riottosi Paesi dell’Est e un’Austria condotta da un giovanotto sconsiderato, “il nero” è quasi sempre identificato con “il migrante””.
Kathryn Bigelow (non l’ho mai conosciuta: magari!) è anche lei americana e la sua bellezza non è paragonabile a quella della Campbell, d’accordo. Però con The Hurt Locker (2010) ha vinto due premi Oscar, regia e miglior film, prima donna nella storia di questa premiazione. È stata sposata con un altro premio Oscar, James Cameron. E questo non è un merito professionale, d’accordo. Non è nera, d’accordo. Di certo le piacciono i maschi (Point Break è del 1991), bianchi o neri che siano. In Detroit (1997) i protagonisti neri sono tutti bellissimi, le loro compagne di sventura bianche molto meno e i poliziotti che li picchiano selvaggiamente (tutti bianchi) per niente. Detroit è tratto da fatti realmente accaduti nel 1967, ma non è solo un film d’epoca: oltre a essere un portento estetico, è molto, molto attuale nell’America che si è data come presidente Donald Trump. Ma non importa a D de La Repubblica (quotidiano che un tempo si sarebbe definito di sinistra): per loro è finalmente giunta l’ora del Nuovo potere nero.
‒ Aldo Premoli
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #41
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