Un genio misconosciuto. Klemens Brosch a Vienna
Belvedere, Vienna ‒ fino al 3 giugno 2018. Personalità complessa, artisticamente eclettica e innovatrice, visse appartato, dilaniato dalle sofferenze fisiche e morali lasciategli dall’esperienza della Grande Guerra. La sua straordinaria visionarietà, accanto alla frequentazione di soggetti convenzionali, ne fece l’artista meno etichettabile e più misterioso della sua epoca. Una mostra al Belvedere ne riscopre la complessità espressiva.
Meno di un anno prima di morire suicida, aveva scritto nel diario “Nessuno può leggere nella mia anima”. E la visionarietà e l’introspettività di molte sue opere sembrano confermare questa frase lapidaria e disperata, rivelatrice di una solitudine profonda. Sicuramente, un simile impeto creativo così potente e radicato, non doveva essere un peso facile da portare, a cui bisogna però aggiungere un carattere introverso, vieppiù angosciato dall’esperienza della guerra e dalla dipendenza da morfina. Talento precoce, eccellente disegnatore di paesaggi naturali già alla scuola elementare, Klemens Brosch (Linz, 1894-1926) è stato un artista che ha interpretata la crisi morale e spirituale europea del primo Novecento in maniera del tutto autonoma, senza aderire ad alcuna corrente in particolare. Nel solco della prestigiosa tradizione dell’area danubiana, la sua carriera artistica si sviluppò principalmente attraverso il disegno, che seppe elevare ad altezze concettuali in molti casi non ancora eguagliate.
FRA REALTÀ E IMMAGINAZIONE
Brosch scoprì il suo talento cimentandosi con la riproduzione dei paesaggi naturali austriaci e tedeschi che visitava con la famiglia, nei periodi di vacanza. La sua memoria quasi fotografica gli permetteva di rilevare ogni minimo particolare, ma i suoi disegni a inchiostro non si limitavano alla riproduzione del dato di natura: riuscì a trasferire sulla carta il vago senso d’inquietudine che opprimeva il suo animo. Dopo le scuole a Linz si formò all’Accademia di Belle Arti di Vienna. Ma, al contrario di molti colleghi suoi contemporanei, non aderì all’Espressionismo né alla Secessione, avviando un suo personale percorso, sorretto da un’immaginazione senza pari che lo portò ad alternare lo studio della realtà ‒ con bozzetti di sapore rinascimentale, ma riletti sotto l’influenza di Max Klinger ‒, a frequentazioni di atmosfere oniriche in parte vicine al Divisionismo, e in parte anticipatrici del Surrealismo e della fotografia di Man Ray. In Brosch, la visionarietà non è mai un elemento di puro stile, ma si accompagna a profonde istanze di carattere concettuale ed emotivo.
LA TRAGICA PARENTESI DELLA GRANDE GUERRA
Nell’agosto del 1914, fu richiamato al fronte, ma la sua esperienza militare durò appena cinquanta giorni, a causa di una malattia polmonare che venne erroneamente curata con la morfina. Ciò lo rese purtroppo dipendente da questa sostanza, e se in parte incise forse sulla sua creatività, dall’altra aggravò l’introversione del suo carattere, causandogli uno stato permanente di angoscia e ossessione; inoltre, la tragedia della guerra lo segnò profondamente, sia per gli orrori visti, sia perché vi perse il fratello Franz. Pur avendo lasciato il fronte sul finire del settembre del 1914, continuò per ancora due anni a disegnare scene di guerra, dove emerge la crudeltà dell’uomo sull’uomo, con scene di esecuzioni, di torture e d’indifferenza per le sofferenze dei civili; il senso del dramma si unisce al grottesco e al sardonico, fra echi di Francisco Goya e richiami alla disperata poesia di Georg Trakl, altro personaggio inquieto caduto al fronte.
UNA RICERCA ARTISTICA PER ALLEVIARE L’ANGOSCIA
La dipendenza da morfina aggravò il suo stato di artista visionario, che in alcuni momenti diveniva allucinato e ossessivo, e rese necessari numerosi ricoveri in cliniche psichiatriche. Oltre a ciò, il clima di disorientamento e sfiducia che seguì la sconfitta e la dissoluzione dell’impero tedesco gettò Brosch in un profondo scoramento, tradotto in immagini dall’angosciante bellezza, in cui le ossessioni dell’artista danno vita a un universo visionario di straordinaria intensità. Dalle reminiscenze della peste a cavallo di medievale memoria, eseguite con uno stile quasi espressionista, a mostri marini che ricordano il Surrealismo di Dalí, fino alle enigmatiche atmosfere antiche che guardano al simbolismo di Arnold Böcklin, unito all’uso delle prospettive schiacciate tipiche dei paesaggi degli ukiyo-e di Hiroshige e Hokusai. Se la conoscenza di Böcklin è comprensibile, più difficile è documentare quella degli artisti giapponesi, che in Austria non ebbero mai molto seguito. Per cui, l’adozione di questa tecnica quasi sicuramente è ascrivibile alla continua ricerca e invenzione che animava l’arte di Brosch. Ovunque, nei disegni di questi anni, il senso di minaccia e l’urgenza di una fuga. Nonostante la sofferenza interiore, poco prima di suicidarsi trovò la forza per realizzare due dipinti che possono essere considerati i suoi capolavori. Dinosauri rossi possiede il respiro dell’affresco, e uno stile a metà fra Surrealismo ed Espressionismo; attraverso una selvaggia lotta di animali preistorici costruisce la metafora della malvagità umana. Dalla quale si può forse fuggire guardando ad altri mondi: con questo obiettivo, Brosch dipinse Osservatorio, una straordinaria tela dal sapore cinematografico che potrebbe anche essere un fotogramma di Kubrick. In un’epoca in cui di esplorazioni spaziali ancora non si parlava, il dipinto assume un valore profetico, ma soprattutto colpisce per come riesce a dare corpo al bisogno d’infinito dell’individuo.
‒ Niccolò Lucarelli
Vienna // fino al 3 giugno 2018
Klemens Brosch. Un grande artista riscoperto
BELVEDERE
Prinz Eugen Strasse 27
www.belvedere.at
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