Viaggio a Livercool
Liverpool è teatro di un’incredibile e continua rinascita culturale, complice l’elezione a Capitale europea della cultura nel 2008. Quest’anno si festeggia il decimo anniversario da quella nomina e siamo andati a vedere com’è la situazione attuale. Ecco il nostro reportage.
Liverpool è stata per secoli un importantissimo porto commerciale: nell’Ottocento la si paragonava addirittura a New York per ricchezza e cosmopolitismo. Il dopoguerra fu segnato da una forte stagnazione economica e la musica rappresentò per la città una via di fuga dall’austerità. La città divenne il centro del “Mersey Beat”, grazie al Cavern Club che aprì nel 1957, storico locale delle prime esibizioni dei Beatles, che riportarono la città sulla scena internazionale.
ECC 2008: LA SVOLTA
Solo nella metà degli anni Novanta è iniziata la ripresa economica e la nomina a Capitale europea della cultura nel 2008 ha portato un grande fermento culturale in città e una maggiore presenza turistica. Quest’anno sono in calendario molteplici celebrazioni per il decimo anniversario e coinvolgono le principali istituzioni culturali cittadine.
Peter Smith, capo marketing di Liverpool Vision, spiega come “la rinascita di Liverpool nell’ultimo decennio sia di rilevanza internazionale. Gli investimenti e lo sviluppo senza precedenti hanno contribuito a migliorare le nostre prestazioni economiche. Oltre 5 miliardi di sterline sono stati investiti per attirare più visitatori, studenti e investitori. I Beatles hanno ispirato la scena contemporanea di Mathew Street, mentre realtà indipendenti come Camp and Furnace e Kazimier/Invisible Wind Factory hanno aperto o sono cresciuti in modo significativo dal 2008. E il nostro mix di teatri – The Everyman e Playhouse, Empire e Royal Court – hanno goduto di un’espansione o di un rinnovamento con produzioni locali e nazionali. Gli ultimi dieci anni sono andati bene”, prosegue Smith, “e abbiamo realizzato passi significativi per riportare Liverpool al suo legittimo posto, ovvero una delle grandi città europee. La città si è trasformata. Stiamo creando qualcosa di molto speciale – attirando talenti di livello mondiale, incoraggiando nuove start-up e sviluppando la prossima generazione di creativi, produttori e innovatori”.
Con un passato e un presente così internazionale, è facile capire perché la maggior parte degli abitanti di Liverpool abbiano votato contro la Brexit.
UNO SKYLINE MUTANTE
La ripresa economica è stata favorita da sostanziali investimenti per la rigenerazione di alcune aree. La realizzazione di nuovi edifici sull’Albert Dock si armonizza con i palazzi più antichi e crea l’originale skyline che le è valso il titolo di Patrimonio Mondiale dell’Umanità da parte dell’Unesco, titolo che si estende lungo il litorale dall’Albert Dock, attraverso il Pier Head, fino a Stanley Dock e all’interno del distretto di Ropewalks, fino alla St George’s Hall e alla Walker Art Gallery.
Albert Dock, in particolare, è sede di molteplici musei, tra i quali spicca la Tate Liverpool. Aperta nel 1988 negli ex magazzini navali riprogettati dall’architetto James Stirling, nel 2008 – per celebrare la nomina a Capitale europea della cultura – ha ospitato il prestigioso Turner Prize, per la prima volta tenutosi fuori Londra. Fino a pochi mesi fa, fra l’altro, il direttore artistico era un italiano, Francesco Manacorda, approdato in città nel 2012 e ora volato a Mosca per guidare la V-A-C Foundation.
Poco distante dalla Tate si trova il nuovo centro per l’architettura RIBA North, che ha aperto la scorsa estate, con la curiosa esposizione di progetti urbanistici per la città mai realizzati. Di fronte al RIBA North è approdata anche la storica Open Eye Gallery, al suo quarto trasferimento in città, una delle prime istituzioni anglosassoni consacrate esclusivamente alla fotografia (e diretta da Lorenzo Fusi dal 2013 ad agosto 2015).
IL CASO OPEN EYE
Negli ultimi quarant’anni, Open Eye Gallery ha diffuso la fotografia come documento sociale e storico e, d’altro canto, come parte integrante dell’impatto culturale della musica, della moda, dell’architettura e di molte altre discipline. Già ai suoi esordi era uno degli hub creativi e sociali della città, un mix di arte e attivismo. Nel 2017 la Open Eye Gallery ha celebrato il suo 40esimo anniversario con progetti che ne sottolineano la profonda connessione con la città. La mostra The Pier Head di Tom Wood, allestita fino al 25 marzo, presenta ad esempio oltre sessanta immagini, selezionate tra migliaia di scatti che documentano i suoi viaggi in traghetto sul fiume Mersey e indagano persone, gesti, scenari di questo breve ma intenso tragitto da una costa all’altra del fiume.
Thomas Dukes, curatore della galleria, ci ha raccontato la filosofia della Open Eye Gallery e ha condiviso alcune osservazioni sugli sviluppi culturali di Liverpool: “La città ha una forte tradizione internazionale grazie al porto e al quartiere di China Town. È sempre stata una città progressista e accogliente per i nuovi residenti provenienti da tutto il mondo. È importante condividere le sfide, le differenze e le opportunità di questo cosmopolitismo. Noi proponiamo training, workshop, mostre, lecture per migliorare le condizioni sociali delle diverse comunità presenti in città. La nostra galleria è uno spazio pubblico dove poter mostrare questo lavoro e ogni tanto mostrare anche lavori nazionali e internazionali che possano ispirarci”. Ma come è cambiata la fotografia in questi quattro decenni? “La fotografia non è più identificata solo con un medium bidimensionale che viene presentato in una galleria, ed è cambiato anche il modo in cui la gente guarda alla fotografia”, sottolinea Dukes. “Oggi è sempre di più un mezzo per condividere e riflettere sulle cose che piacciono, sul nostro punto di vista. La fotografia è importante quanto la comunicazione verbale nelle storie che raccontiamo sulla nostra vita. In tutto il mondo sta producendo cose veramente belle e cose veramente brutte. È un mezzo di comunicazione, come il linguaggio. Ormai parte fa del nostro lifestyle: ad esempio, quando condividiamo sui social network le foto di cibi. Ci esponiamo continuamente a questo tipo di immagini”. Come si traduce questo pensiero nella programmazione della Open Eye Gallery? “Nei nostri progetti indaghiamo anche questi aspetti”, ci spiega il curatore. “Non esponiamo campioni d’incassi, siamo qui per lavorare su Liverpool. Lavoriamo con le comunità più disagiate, persone con problemi mentali, malati, anziani, giovani, studenti e con la comunità cinese. Le istituzioni culturali devono lavorare con le comunità locali per rimanere vitali. Ci sono altri luoghi creativi a Liverpool molto interessanti come Royal Standard, la Dead Pigeon Gallery, il Bluecoat. È difficile ricevere fondi economici dallo Stato e dal Comune, ma la città investe parecchio in progetti culturali. E stanno sorgendo nuovi spazi e iniziative legate alla fotografia”.
ROPEWALKS, TRA ARTE E SCIENZA
Addentrandoci nel cuore della città giungiamo a RopeWalks, quartiere che ospita una grande varietà di istituzioni culturali, tra cui proprio Bluecoat, oltre a Kazimier Gardens e the Fact.
Il Bluecoat, centro per l’arte contemporanea, ha festeggiato l’anno scorso il suo 30esimo anniversario. Originariamente era una scuola, dalla quale deriva il nome: blu era il colore delle divise degli studenti. Oggi è sede di trenta industrie creative, oltre alle sale espositive e alle gallerie aperte al pubblico, svolgendo un importante ruolo di mediazione culturale. La riqualificazione dell’area, completata nel 2008, ha permesso di recuperare l’ala sud-orientale con quattro gallerie che ospitano mostre di artisti internazionali, nazionali e locali.
IL TRIANGOLO CREATIVO E DIGITALE
Un’altra zona centrale ad alta densità creativa è il Baltic Triangle, forse il maggiore cluster creativo e digitale di Liverpool. Ex zona industriale, è ora una destinazione fiorente e all’avanguardia. È il cuore della scena indipendente di Liverpool ed è sede di una serie di imprese creative. A differenza di altri quartieri culturali di Liverpool, il Baltic è grezzo e organico. Qui ci sono spazi come Constellations, con il suo giardino urbano, gli spazi per mostre e concerti, e gli Elevator Studios, hub creativo di Liverpool con i suoi studi per artisti, musicisti e le sedi di molteplici industrie culturali.
METAL CULTURE
Spostandoci nell’area sud-est della città, nel quartiere depresso di Edge Hill scopriamo un’altra importante istituzione culturale di Liverpool, il Metal, ospitato all’interno dell’antica stazione ferroviaria di Edge Hill, la più antica stazione passeggeri attiva al mondo. Fondata da Jude Kelly OBE, attuale direttore artistico del Southbank Centre di Londra, Metal – con le sue sedi di Peterborough, Southend on Sea e Liverpool – offre una piattaforma per “intuizioni” creative, per promuovere collaborazioni cross-art a livello internazionale e per sviluppare progetti strategici volti a ispirare le persone e le comunità locali. Il team ci ha guidato all’interno di questo affascinante luogo. “Dal 2009 siamo nella stazione passeggeri più antica del mondo. Il nostro programma include proiezioni gratuite alla Film Station, progetti partecipativi, residenze con artisti e gli eventi legati a Future Station, la rete di sviluppo per i nostri artisti. Creiamo anche progetti in collaborazione con la Biennale di Liverpool e altri partner in tutta la città, e gestiamo un giardino a margine della ferrovia, curato da volontari. I nostri edifici ospitano una serie di studi per artisti e spazi di incubazione per aziende creative start-up. Siamo un catalizzatore per artisti visivi, ballerini, musicisti, attori e scrittori. Organizziamo molte cene con artisti e pubblico, per avvicinare all’arte in maniera conviviale. Siamo in un edificio industriale e bisogna essere creativi nel suo utilizzo. Alcuni spazi si prestano di più alle proiezioni, altri alle performance”. Qual è il rapporto con la comunità locale? “Lavoriamo molto con la comunità. Lavoriamo con le scuole locali, realizziamo workshop con vari artisti”, ci raccontano. “Organizziamo anche progetti internazionali. Spesso non si tratta di un progetto finito. Può essere qualcosa di molto sperimentale. Ma a volte gli artisti hanno qualcosa da condividere alla fine del loro periodo qui, per esempio un evento, una mostra. Lavoriamo molto con le istituzioni locali. A volte gli artisti producono qui i loro progetti e poi li espongono in altri spazi come all’Invisible Wind Factory e al Fact. La nostra rete di artisti e creativi spesso si incrementa grazie al passaparola. Spesso gli artisti utilizzano solo la nostra piattaforma ma non gli spazi. Diamo loro le informazioni e li inseriamo nella nostra rete. Stiamo lavorando anche a un grande progetto di partnership con tutte le comunità femminili che culminerà in un corteo in giugno”. Emerge dunque una rete di spazi che collaborano a vari livelli in maniera sinergica. Abbiamo allora chiesto allo staff di Metal di tracciarne una mappa. “Ci sono diversi hub creativi a Liverpool: Baltic Triangle e North Docks con DROP the DumBULLS, un contenitore sperimentale di musica, teatro e attivismo politico. Ce ne sono parecchi così indipendenti e radicali. Poco distante c’è l’Invisible Wind Factory. Prima erano in centro, ma si sono dovuti spostare per far posto alla realizzazione di alloggi universitari. Per noi è differente, siamo in un edificio storico che non abbatteranno mai. Non si può costruire nulla perché siamo circondati dalla ferrovia. Anche se ci fosse una gentrification, non potrebbero fare molto. Siamo in una posizione abbastanza sicura. La ferrovia ci supporta molto, sono contenti della nostra presenza. Praticamente non paghiamo l’affitto, dobbiamo però conservare l’edificio, il che è abbastanza oneroso”. Ma per sostenere tutta questa offerta ci sono artisti a sufficienza? “Tanti si stanno spostando da Londra a Liverpool. La città ha attraversato un periodo difficile negli Anni Ottanta ma, nonostante le privazioni, c’è stato sempre un grande attivismo culturale. Ora la situazione è migliorata, ci sono più soldi. Liverpool è un luogo ottimo per i creativi perché c’è un grande entusiasmo e un’energia positiva. Ci sono ancora parecchi spazi vuoti qui intorno. Il 2008 è stato molto positivo, con più energia per la comunità creativa. La reputazione della città è migliorata: prima la nomea di Liverpool era quella di una città povera e pericolosa”.
L’ULTIMA FRONTIERA CREATIVA
Seguendo il fiume ci imbattiamo nei North Docks, considerati dal sindaco di Liverpool, il laburista Joe Anderson, come un gigante addormentato. L’area è oggetto di un ambizioso progetto di rivitalizzazione urbana che prevede l’armonizzazione degli edifici storici con nuove industrie creative, com’è accaduto per il Baltic Triangle. Qui si sono già insediate alcune realtà molto interessanti come Make, un’organizzazione creativa con spazi in tutta Liverpool. Alex Kelly, co-fondatrice del progetto, ci ha guidati nell’immenso laboratorio collocato all’interno di un’antica sala macchine, dove chiunque può accedere con una membership e utilizzare le attrezzature donate al laboratorio stesso. È possibile anche affittare uno spazio in residenza. Kelly ci spiega che “si tratta di un concetto ancora poco diffuso in Inghilterra, ma che sta avendo un grande successo a Liverpool”.
Poco distante, un immenso magazzino ospita dal 2016 l’Invisible Wind Factory, un parco tematico culturale del futuro, una destinazione per artisti e visitatori. Il direttore Liam Naughton ci ha accolti in questi spazi monumentali durante le prove per uno dei tanti grandi eventi che qui hanno sede. Oltre all’immenso stage, che può ospitare fino a 1.200 persone, ci sono sale prove, laboratori dove ci mostra i prototipi per le ultime produzioni per il centro di Liverpool e per un grande evento a Londra. Al piano superiore trovano posto diciotto studi per artisti con i quali collaborano spesso: si tratta di musicisti, artisti visivi, stilisti, e c’è anche un’ampia cucina – qui è possibile venire a pranzo tutti i giorni. Dalle vetrate, Liam Naughton ci indica l’ampio deposito del tabacco in ristrutturazione per la creazione di appartamenti di lusso: già si intravede la gentrification e Naughton ci confessa: “Non sappiamo per quanto tempo ancora potremo rimanere in questa immensa fabbrica creativa”. Ma a regnare è l’ottimismo, sostenuto da un presente e da un passato recente di grande attivismo creativo, che sembra inarrestabile.
LIVERPOOL BIENNIAL. BEAUTIFUL WORLD, WHERE ARE YOU?
Quest’anno anche la Biennale di Liverpool – diretta da Lorenzo Fusi nelle edizioni 2010 e 2012 – festeggia vent’anni di attività, durante i quali sono stati realizzati progetti che hanno cambiato la città, come Another Place di Antony Gormley a Crosby Beach, nel nord di Liverpool, ormai meta di pellegrinaggio da parte di appassionati d’arte e curiosi. Si tratta di un’installazione spettacolare che comprende cento sculture in ghisa realizzate in diciassette diverse forme prelevate dal corpo dello scultore, tutte rivolte verso il mare aperto, che evocano la relazione tra gli elementi naturali, lo spazio e il corpo umano. Il movimento delle maree locali e le condizioni meteorologiche determinano se le figure sono visibili o sommerse. È diventata una delle opere d’arte pubbliche più amate e ampiamente riconosciute nel Regno Unito. Altre opere temporanee sono diventate simboliche della manifestazione, come l’installazione The Spider di Ai Weiwei o l’incredibile Turning the Place Over di Richard Wilson, che ha trasformato la facciata di un edificio in abbandono fino alla sua demolizione, o ancora Everybody Razzle Dazzle di Peter Blake, che nel 2015 ha decorato uno degli amatissimi Mersey Ferry.
L’edizione di quest’anno, la decima (in programma dal 14 luglio al 28 ottobre), è intitolata Beautiful World, where are you?. Una domanda posta a curatori, artisti e visitatori, eco del poema di Friedrich Schiller Die Götter Griechenlandes, successivamente musicato dal compositore austriaco Franz Schubert. La musica a Liverpool è molto importante, con le canzoni dei Beatles che continuano a risuonare per la città. Alla direttrice Sally Tallant abbiamo chiesto quindi quale sarà il ruolo della musica nella Liverpool Bienniale 2018. “Molti degli artisti che lavorano alla Biennale di Liverpool 2018 stanno rispondendo direttamente al titolo e, per alcuni di loro, la musica è fonte d’ispirazione”, ci risponde. “Ci sarà un lavoro che celebra la storia musicale di Liverpool e alcuni dei suoi famosi musicisti. L’ambizione di questa edizione della Biennale di Liverpool è il modo in cui celebreremo il suo decimo anniversario”. Le abbiamo domandato qualche dettaglio in più ed ecco cosa ci ha raccontato: “Stiamo commissionando nuove opere per più siti in tutta la città, incluse le sedi partner con cui abbiamo lavorato in passato e alcune nuove, come la Victoria Gallery & Museum e il teatro Playhouse. Abbiamo commissionato una combinazione di opere permanenti e temporanee. Speriamo di produrre opere che vengano adottate dalla città, ma per ora è impossibile prevedere cosa sarà più rilevante fino all’apertura della Biennale. Facciamo anche parte del programma delle celebrazioni per il decimo anniversario di Liverpool Capitale europea della cultura e non vediamo l’ora di raggiungere questo traguardo con le altre istituzioni cittadine”.
La Biennale lavora intensamente con le comunità e le istituzioni locali, e dalla scorsa edizione ha sviluppato il programma The New North and South. “Siamo entusiasti di essere una delle undici organizzazioni artistiche tra il nord dell’Inghilterra e l’Asia meridionale che partecipano a questo programma”, ci spiega Tallant. “Si tratta di un programma triennale di co-commissioni che celebrano il patrimonio condiviso attraverso i continenti e promuovono i talenti artistici. Stiamo lavorando con le Biennali di Lahore e di Karachi in Pakistan su un programma di residenze d’artista che culmineranno in lavori co-commissionati e presentati durante la Biennale di Liverpool 2018 e durante le altre due Biennali. Stiamo anche co-commissionando l’opera dell’artista Reetu Sattar per il Samdani Art Award, opera che verrà presentata al Dhaka Art Summit in Bangladesh. È una grande opportunità per sviluppare collaborazioni a lungo termine con nuovi partner internazionali e per mostrare il lavoro degli artisti dell’Asia meridionale nel Regno Unito e nei loro rispettivi Paesi”.
Anche a Sally Tallant abbiamo infine chiesto un parere sul presente e sul futuro della città. “Liverpool è diventata una destinazione mondiale per la cultura da quando è stata eletta Capitale europea della cultura nel 2008. È emozionante vedere le istituzioni fiduciose e dinamiche che si sono sviluppate da quel momento. Attendiamo con ansia il prossimo decennio. Ci sono più artisti e studi di artisti, così come piccoli spazi gestiti da artisti che sono sorti in città negli ultimi anni, come The Royal Standard, Cactus e The Trophy Room. È molto stimolante ed emozionante vedere la nuova generazione di artisti sviluppare proprio qui progetti internazionali ambiziosi”.
FACT: COLLISIONI FRA ARTE E SCIENZA
FACT – Foundation for Art and Creative Technology promuove da quindici anni progetti fra arte e tecnologia. Nei suoi spazi ospita tre gallerie per le mostre, quattro schermi cinematografici che mostrano il meglio del cinema indipendente e mainstream, uffici e un programma di residenze. Come centro di ricerca e innovazione, il team di FACT collabora con partner di tutti i settori creativi per sviluppare progetti multidisciplinari che esplorano il rapporto tra tecnologia e cultura.
Tra i progetti di quest’anno, segnaliamo l’importante partnership con il CERN di Ginevra, che per la terza volta promuove il Collide International Award, un programma di residenza per artisti dove la scienza genera nuovi progetti. È inoltre in calendario la collaborazione con la Biennale di Liverpool, con progetti che includeranno nuove commissioni e l’esposizione di lavori di artisti e filmmaker di respiro internazionale. Per festeggiare il decimo anniversario di Liverpool Capitale europea della cultura, FACT ha inoltre in programma il 2018 Future World of Work, che include una nuova produzione artistica partecipativa su larga scala, varie residenze in diversi luoghi di lavoro, iniziative di ricerca e innovazione e tutta una serie di eventi rivolti al pubblico. I risultati del progetto saranno inclusi nella mostra che si terrà a FACT nel 2019.
Ana Botella, Head of Programme, ci ha raccontato come funziona questo centro di ricerca: “Spesso non mostriamo soltanto i progetti, ma copriamo tutti i vari passaggi di realizzazione: ricerca, produzione, comunicazione, presentazione e anche distribuzione. Non è un sistema rigido ma sempre aperto al dialogo. Coprire tutti gli stage è la parte più interessante, perché così si accompagna l’artista nella realizzazione del processo creativo”. Quanto alla collaborazione con il CERN, “prevede due mesi di residence a Ginevra e due mesi a Liverpool. Funziona al primo stadio della produzione, poi bisogna aiutare l’artista a tradurre la sua ricerca scientifica in una produzione artistica”. E poi c’è l’attività in-house: “Sosteniamo un ricco programma educativo su arte, tecnologia e design. Nel centro c’è una piccola stanza dove accogliamo artisti, curatori, educatori per uno o due mesi. Abbiamo una partnership con Taiwan: ospitiamo un artista taiwanese ogni anno. Lavoriamo con veterani militari, con carcerati, anziani, giovani. Lavoriamo molto fuori dal centro, anche nella regione. Siamo inside, outside e online!”.
La hall rappresenta l’ingresso nel cuore del centro: è qui che organizzano workshop e learning programme per i diversi pubblici. “Invitiamo anche gli artisti in residence a passare del tempo nella hall. Non sosteniamo solo la ricerca, ma anche il coinvolgimento e la mediazione del lavoro dell’artista con i diversi fruitori. È importante testare il proprio progetto”, commenta Ana Botella.
Infine, anche a lei abbiamo chiesto una panoramica sulla città dal punto di vista culturale e creativo. “Liverpool è una città relativamente piccola ma con istituzioni fortissime: Tate [il cui direttore artistico è stato, dal 2012 al 2017, Francesco Manacorda, N.d.R.], Open Eye Gallery, Royal Standard, Invisible Wind Factory, i teatri, la Filarmonica. Lavoriamo insieme e non c’è competizione. Londra non è più in grado di offrire agli artisti spazi per produrre le loro opere e molti artisti vengono a Liverpool – il che ha senso, perché qui ci sono ancora molti spazi. Inoltre ci sono anche le università. Tutto ciò crea un ottimo ecosistema. Senti di essere parte del mondo globale e c’è spazio per esprimere la propria creatività senza la pressione di Londra”. E c’è anche spazio per sottolineare l’importanza di un’altra città: “La vicina Manchester è una città che ha saputo creare un suo brand, dove la cultura è al centro. Organizzano ormai da anni il celebre festival interazionale MIF. Manchester è più monumentale, professionalizzante. Liverpool rischia di più”.
‒ Giorgia Losio
http://biennial.com/
www.fact.co.uk
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #42
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