L’edizione 2018 della triennale Beaufort, curata da Heidi Ballet e a fruizione gratuita, coinvolge diciotto artisti per un totale di nove Comuni, partendo a ovest da De Panne e giungendo, dopo ottanta chilometri, a Knokke-Heist .
Un cambio di passo evidente, con una riduzione importante del numero degli artisti, al fine di privilegiare la centralità del mare, l’accessibilità dei siti espositivi e – last but not least – la valorizzazione di un’autentica collezione a cielo aperto.
UN MUSEO A CIELO APERTO
Percorrere quelle decine di chilometri permette sì di osservare e fruire delle opere commissionate per questa sesta edizione, ma altresì di godere delle tante sculture che la costa belga ha avuto in eredità delle precedenti edizioni. Un po’ come avviene a Münster per Skulptur Projecte, rassegna decennale che si tiene nella cittadina tedesca dal 1977. Procedendo da ovest a est, una stretta selezione dei nomi più noti comprende, per cominciare, Matt Mullican a De Panne, con un intervento minimo intitolato Twin Stations (2009) e che omaggia la tranvia costiera.
Al capo opposto della visibilità, Acqua scivolo (2003) dei francesi Anne e Patrick Poirier a Koksijde: un tributo al monastero cistercense delle Dieci Dune, ora in rovina, osservabile dall’alto di questa grande scultura/belvedere, ora purtroppo non più accessibile per ragioni di sicurezza.
LA STRANA COPPIA
A Nieuwpoort succede che Op zoek naar Utopia (2003) di Jan Fabre si trovi a breve distanza da Le vent souffle où il veut (2009) di Daniel Buren. La tartaruga di mare gigante, sulla quale siede la scultura in scala 1:1 dello stesso Fabre, è l’opera più nota di questo percorso permanente, la più iconica. E risale alla prima edizione di Beaufort.
L’installazione di Buren è stata invece realizzata per la terza edizione: una foresta di pennoni sormontati da maniche a vento di differenti colori, che senza sosta danzano nell’aria frizzante della costa belga.
DAL CATERPILLAR AL LABIRINTO
Nel 2003 era un altro il Caterpillar che Wim Delvoye installò sulla spiaggia di Middelkerke. Quella versione era destinata a Ground Zero, a New York, ma l’anno seguente Delvoye portò negli stessi luoghi una versione ancora più monumentale, la 5bis. Il criterio è quello che ormai abbiamo imparato a conoscere: macchine industriali e di movimento terra che vengono riprodotte in ferro, dotandole tuttavia di complicate decorazioni di gusto goticheggiante.
Ostenda è la città di James Ensor e dunque nulla di strano se nel 2003 Daniel Spoerri gli ha dedicato Ik, James Ensor. Si tratta della riproduzione in bronzo del suo studio, con il pavimento però che non è in asse con il terreno: inevitabile il senso di perdita di equilibrio quando si entra nell’installazione – attualmente in cerca di ricollocazione dopo il rinnovo del lungomare.
L’ultima tappa in questa breve rassegna di opere da non mancare è a Knokke-Heist. Qui c’è il Labyrinth and Pleasure Garden #23 di Jan Vercruysse, recentemente scomparso. Un modo perfetto per chiudere la visita, nella tranquillità dell’Ijzerpark e al cospetto di un lavoro efficace nel suo profondo rispetto per la natura.
BEAUFORT. 15 ANNI E 6 EDIZIONI
Quindici anni, sei edizioni: è dal 2003, infatti, che la costa belga ospita la Triennale Beaufort. Uno di quegli appuntamenti periodici che riescono a emergere nel fittissimo calendario di biennali e triennali grazie a un concept forte e riconoscibile. Quale altra rassegna d’arte contemporanea può in effetti vantare di dipanarsi lungo decine di chilometri, fra piccoli e medi centri abitati e il mare – non un mare qualunque, ma il romantico Mare del Nord?
Delle prime due edizioni se ne occupò Willy Van den Bussche, allora direttore del Mu.ZEE di Ostenda, il museo pronviciale d’arte moderna. Van den Bussche, che è scomparso nel 2013, chiamò a raccolta artisti di grande impatto come Antony Gormley e Louise Bourgeois, autori rispettivamente delle figure umane di Another Place allestite sulla spiaggia di De Panne nel 2003 e dell’ormai celeberrimo ragno Maman installato a Ostenda nel 2006.
L’attuale direttore del Mu.ZEE, Phillip Van den Bossche, ha preso in carico le due edizioni successive: nel 2009, focalizzandosi su opere che interagissero in maniera evidente con il mare e con gli abitanti della zona; nel 2012, impostando la propria curatela (condotta in tandem con Jan Moeyaert) sul rapporto con l’Europa.
Giungiamo così alla scorsa edizione, intitolata Beaufort Beyond the Borders e curata da un quadrumvirato formato da Phillip Van den Bossche (che giungeva così alla terza edizione), Hilde Teerlinck, Patrick Ronse e dal nostro Lorenzo Benedetti, da febbraio 2017 curatore del Kunstmuseum di St. Gallen. In quell’occasione, la scelta è stata di concentrare le produzioni su tre location: la riserva naturale di Zwin, la zona di Raversyde e il centro visitatori di De Nachtegaal.
‒ Marco Enrico Giacomelli
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #42 ‒ Speciale Fiandre
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