Ennesimo pasticcio di Facebook: censura come “pornografiche” alcune opere di Rubens
Gli algoritmi di Facebook non sembrano andare molto d’accordo con l’arte visto che non sono in grado di riconoscere un’opera d’arte da un’immagine pornografica. Ennesima figuraccia del social network, nei confronti stavolta di alcuni capolavori di Rubens, ma la risposta dell’ente del turismo fiammingo è tutta da ridere…
Facebook perde colpi. No, non ci riferiamo solo al crollo del titolo sul mercato azionario americano, il più alto mai registrato a Wall Street, con il colosso dei web che ha bruciato nel giro di pochi minuti oltre 114 miliardi di dollari perdendo circa il 19 % del suo valore. Il più importante social network del pianeta continua a mostrare falle nella gestione di cosa sia censurabile e cosa no eppure a dispetto dei cali in borsa le risorse per strutturare in maniera seria gli algoritmi e gli automatismi non dovrebbero mancare… Tra razzismo spinto, fake news, problemi nella gestione della privacy, la scure della censura social sembra abbattersi sempre più spesso sull’arte arrivando ad oscurare capolavori universalmente conosciuti perché reputati pornografici. L’ultimo eclatante caso riguarda una serie di immagini di opere di Pieter Paul Rubens (Siegen, 1577 – Anversa, 1640), tra cui il Trittico della Deposizione dalla Croce, postate sulla pagina dell’Ufficio del Turismo fiammingo e censurate da Facebook. Meravigliosa la risposta di VISITFLANDERS, l’ente del turismo fiammingo, che denuncia la censura di Facebook con un video che è già diventato virale.
I CASI PIÙ ECLATANTI
Non è la prima volta che Facebook oscura opere d’arte da quando sono diventate più stringenti le norme sul nudo. Il primo a incappare nella censura puritana del social network è stato Jerry Saltz, il celebre critico d’arte premio Pulitzer del New York Magazine, che aveva postato sulla sua pagina la foto di un affresco di Pompei di duemila anni fa. Saltz ha ricevuto un avviso da Facebook che lo informava che l’accesso al suo account era stato sospeso. Stessa sorte è toccata alla pagina del Centre Pompidou che ha postato un’immagine di una donna nuda di Gerhard Richter al Jeu de Paume che aveva pubblicato un nudo della fotografa francese Laure Albin Guillot. Non è andata meglio, manco a dirlo, con l’Origine du monde di Gustave Courbet, la Venere di Willendorf, una delle più famose e antiche rappresentazioni della storia della nudità femminile e perfino con la Sirenetta di Copenaghen, simbolo della capitale danese, fotografata ogni anno da milioni di turisti, ma censurata anch’essa da social media di Mark Zuckerberg. Un elenco lunghissimo che dimostra la “cecità” dell’algoritmo che non è in grado di distinguere un’opera d’arte da un’immagine pornografica.
IL RUBENS OSCURATO
L’ultimo caso in ordine di tempo riguarda alcune opere di Pieter Paul Rubens, tra cui il Trittico della Deposizione dalla Croce, postate sulla pagina dell’ente del Turismo Fiammingo e censurate dal social network perché ritenute pornografiche. Sotto accusa la nudità dei personaggi rappresentati. VISITFLANDERS ha denunciato la censura realizzando un video di protesta, in chiave ironica, già diventato virale. Nel breve video si vede la polizia fiamminga che invita i visitatori della Rubenshuis di Anversa, la casa-museo del pittore, che si dichiarano possessori di una pagina Facebook ad abbandonare in tutta fretta le sale e a non guardare le opere considerate “incriminate”. Un’iniziativa nata, come sostiene lo stesso CEO di VISITFLANDERS, Peter De Wilde, perché l’algoritmo del social network oscurando le immagini di opere d’arte che contengono nudi impedisce di fatto la diffusione della conoscenza dei maestri fiamminghi e causa un danno notevole in termini di promozione turistica. È davvero un peccato che il social network più utilizzato del pianeta sia così intransigente nei confronti della nudità e non applichi gli stessi parametri per bloccare la diffusione di fenomeni ben più gravi come il revenge porn, il bullismo da social, le fake news, il razzismo spinto. Un oscurantismo medievale che non ha alcuna ragione d’essere e che ha, come unica conseguenza, la diffusione della cultura.
– Mariacristina Ferraioli
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