Morto a Parigi Paul Virilio, urbanista, sociologo e filosofo. Aveva 86 anni
L'urbanista e filosofo Paul Virilio, ex direttore de l'Ecole spéciale d'architecture, si è spento, nella sua Parigi, all'età di 86 anni. Intellettuale di straordinario valore, ha esaminato a lungo il rapporto tra società ed iper-tecnologia.
La notizia è trapelata solo a tumulazione avvenuta. Paul Virilio (Parigi, 1932) è morto il 10 settembre probabilmente per un attacco di cuore. A confermare il decesso è stata la figlia Sophie dopo il funerale, svolto in forma privatissima il 17 settembre. Urbanista, sociologo, filosofo e soprattutto un intellettuale tra i più importanti del secolo, Virilo è stato a lungo direttorede l’Ecole spéciale d’architecture, la più antica e prestigiosa scuola di architettura di Francia.
IL PROFILO
Quando muore un intellettuale di tale caratura è sempre molto difficile tracciarne un profilo che sia adeguato al valore. Nato a Parigi nel 1932 da padre italiano, Virilio è stato, negli anni giovanili, profondamente influenzato dall’amicizia e dalla vicinanza di Henri Matisse. Dopo una prima formazione da maestro vetraio all’École des métiers d’art a Parigi, Virilio comincia a studiare architettura e a seguire alla Sorbona i corsi di Vladimir Jankélévitch e Raymond Aron. Negli stessi anni frequenta Henri Matisse e George Braque. Entrato all’Ecole Spéciale d’Architecture di Parigi nel 1968, ha seguito tutto il cursus honorum dell’istituzione diventato prima directeur d’etudes nel 1973, poi direttore generale nel 1975, amministratore nel 1983, presidente del consiglio d’amministrazione nel 1989 ed infine professore emerito a partire dal 1998. Nel 1989 è entrato al Collège international de philosophie a Parigi, presieduto da Derrida. Al di là della lista infinita dei riconoscimenti, Virilio deve la sua fama ad una ricerca costante, riconosciuta a livello internazionale, elaborata in una serie di saggi e di testi tradotti in tutto il mondo.
IL PENSIERO
Teorico della dromologia, la scienza che studia la velocità, Virilio ha elaborato una riflessione critica sulla pervasività delle nuove tecnologie e sui rischi che vi sono associati. Si è dedicato all’analisi delle strategie urbane di organizzazione del tempo. Molti dei suoi saggi sono tradotti in tutto il mondo. Tra questi ricordiamo: Vitesse et politique: essai de dromologie (1977); Esthétique de la disparition (1980); L’espace critique (1984); La machine de vision(1988); L’inertie polaire (1990); Cybermonde, la politique du pire (1996); Un paysage d’événements (1996); La bombe informatique (1998); Ce qui arrive (2002); Ground Zero (2002); L’art à perte de vue (2005); Le futurisme de l’instant (2009); Le grand accélérateur (2010). Ha analizzato anche i conflitti di potere all’interno delle città e nella società. Celeberrima l’intervista concessa al poeta e filosofo Alain Veinstein intitolata “La fin du monde est un concept sans avenir” (La fine del mondo è un concetto senza avvenire), in cui analizzando gli attacchi terroristici dell’11 settembre a New York ha definito la nostra epoca come l’età dell’iper-guerra, cioè di un conflitto che “non inizia, non finisce, non si evolve, ma è bloccato in un’eterna ripetizione senza possibilità di soluzione”. Tutto questo è frutto anche della rivoluzione innescata dall’ipertecnologia, che è uno degli argomenti di studio principali di Virilio. Una vita dedicata al lavoro fino all’ultimo istante, come ricorda anche la figlia. “Pochi giorni prima della sua morte” ha dichiarato Sophie Virilio, “ha lavorato con Jacques Arnould alla pubblicazione di un libro e stava preparando una nuova mostra presso la Fondazione Cartier con una sua ex allieva, l’architetto Hala Warde”.
VIRILIO ARCHITETTO
Il rapporto di Virilio con l’architettura è intenso, viscerale. Nel 1963 fonda con l’amico e collega Claude Parent il movimento “Architecture Principe” che inaugura la tendenza dell’architettura obliqua, pronta a rompere la tradizione dell’angolo retto di matrice razionalista per introdurre il movimento nell’architettura e moltiplicare le possibilità d’uso dello spazio. Sempre con Parent firma la chiesa di Sainte-Bernadette du Banlay a Nevers, una delle sue opere più iconiche.
– Mariacristina Ferraioli
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