Tutti pazzi per il Giappone. A Vienna

La “giappomania” che conquista l’Europa tra metà Ottocento e i primi del Novecento invade le sale espositive del Kunstforum di Vienna. Attraverso le opere di maestri giapponesi quali Hokusai e Hiroshige e grandi artisti europei come Claude Monet e Vincent van Gogh.

La curatrice, Evelyn Benesch, ha eletto il dipinto di Alfred Stevens La Parisienne Japonaise come testimonial della mostra, rappresentativo del crescente interesse da parte della borghesia europea verso la moda e l’arte dell’estremo oriente. Tutto comincia a metà Ottocento, quando vengono aperti i porti dell’impero del Sol Levante con l’intervento forzoso degli Stati Uniti, dopo secoli di isolamento auto-imposto. Così si incoraggiano gli scambi commerciali e la diffusione della cultura giapponese in Occidente. L’Esposizione Universale di Londra del 1864 ha mostrato la collezione del primo console inglese in Giappone, Sir Rutherford Alcock. Una decina di anni dopo l’interesse impazza al punto che il critico Philippe Burty definisce il fenomeno con il termine “Japonism”, ancora oggi in voga.

ORIENTE E OCCIDENTE

Le spedizioni in estremo oriente rendono possibile la fondazione da parte di Émile Guimet ed Enrico Cernuschi dei due grandi musei della capitale francese dedicati alla cultura orientale. L’influsso dell’arte giapponese si manifesta anche nel circolo degli impressionisti: Claude Monet ritrae la moglie avvolta in un chimono ne La Japonese e colleziona opere di Utamaro, Hokusai e Hiroshige nella sua villa di Giverny. La curatrice della mostra viennese sottolinea la presenza di motivi giapponesi nell’opera di Claude Monet intitolata Waterloo Bridge ed esposta al Kunstforum. Spiccano formati orizzontali, figure ridotte in uno scorcio pronunciato, combinazione di prospettive a volo d’uccello e ravvicinate, così come ampi spazi vuoti di fronte a un orizzonte alto; composizioni che fondono arrangiamenti decorativi con viste istantanee, sagome nere e l’uso sottile della linea: queste sono alcune delle cifre stilistiche giapponesi che ispirano gli artisti occidentali.
Troviamo in mostra anche due opere di Degas, uno dei primi artisti a inserire il vocabolario stilistico giapponese nelle proprie composizioni. Anche van Gogh colleziona stampe giapponesi, come racconta al fratello Theo, affascinato dalle xilografie di Hokusai e Hiroshige, con le loro superfici piatte, colori innaturali e immagini non convenzionali. La Provenza diventa il suo Giappone e qui rappresenta la natura alla giapponese. Anche il gruppo dei Nabis rielabora le composizioni orientali, come nell’opera di Pierre Bonnard La table de travail.

Franz Marc, Il gatto bianco, 1912. Kunstmuseum Moritzburg Halle (Saale), Kulturstiftung Sachsen Anhalt. Photo © Punctum Bertram Kober

Franz Marc, Il gatto bianco, 1912. Kunstmuseum Moritzburg Halle (Saale), Kulturstiftung Sachsen Anhalt. Photo © Punctum Bertram Kober

SECESSIONE VIENNESE E CAVALIERE AZZURRO

Anche Vienna non rimane indifferente al fascino dell’estremo oriente, palese soprattutto nelle decorazioni realizzate dagli artisti della Secessione. Gustav Klimt guarda per le sue composizioni a Ukiyo-e e colleziona stampe e kimono. Anche le prime xilografie del Cavaliere Azzurro traggono spunto dalla tecnica di stampa giapponese e ne sono un esempio le opere di Kandinskij e Münter. Soprattutto Franz Marc, come sottolinea la curatrice, si interessò all’arte giapponese negli studi di animali, lasciandosi guidare soprattutto dalla lezione di Hokusai nel suo ritorno alla natura, riprendendone la simbologia, il pathos e il mistero. Anche Paul Klee si ispirò a Ukiyo-e nella sua definizione di paesaggi senza profondità e con piani sovrapposti.

SPIRITI E ARTE CONTEMPORANEA

Un capitolo a parte è dedicato agli spiriti, eroi e creature mitiche cari alla cultura giapponese. Il mondo della fantasia era presente anche nella cultura popolare giapponese, nelle poesie così come nel teatro Kabuki, grazie a leggende e miti in cui gli eroi vengono rappresentati al limite tra immaginazione e realtà. Un altro luogo della tradizione giapponese, la casa da tè, viene interpretato da tre artiste austriache contemporanee: Margot Pilz, Eva Schlegel e Stephanie Pflaum. Quest’ultima riflette nella sua installazione sul fantasma nell’arte giapponese. La sua casa da tè è un corpo che respira popolato dai demoni, infestato dai fantasmi che evocano la precarietà della vita umana.

Giorgia Losio

Vienna // fino al 20 gennaio 2019
Fascination Japan. Monet · Van Gogh · Klimt
BANK AUSTRIA KUNSTFORUM WIEN
Freyung 8
www.kunstforumwien.at

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Giorgia Losio

Giorgia Losio

Giorgia Losio, nata a Milano, è storica dell’arte e appassionata di design. Ha studiato storia dell’arte presso l’Università degli Studi di Milano e si è specializzata in storia e critica dell’arte contemporanea all’Université Sorbonne Paris-IV e in museologia e museografia…

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