A 76 anni, con mezzo secolo di carriera alle spalle e una creatività che ancora riesce a rompere gli argini del sistema arte, Bruce Nauman (Fort Wayne, Indiana, 1941) è oggi un mito vivente. Non sorprende quindi che il MoMA di New York abbia subito voluto ospitare l’enorme retrospettiva sull’artista messa insieme l’estate scorsa dallo Schaulager di Basilea.
Bruce Nauman: Disappearing Acts è la prima grande retrospettiva sull’artista americano degli ultimi vent’anni e l’impresa poteva riuscire solo a un museo come lo Schaulager che di Nauman possiede uno straordinario corpo di lavori acquisiti a partire dagli Anni Settanta. Il MoMA, per parte sua, con Nauman ha una lunga storia: il museo ha in collezione oltre ottanta opere dell’artista e nel 1995 ha ospitato l’ultima grande retrospettiva a lui dedicata, a cura della stessa Kathy Halbreich (insieme a Neal Benezra), che più di vent’anni dopo cura la mostra attualmente in corso.
“Nell’organizzare questa mostra” ‒ ha dichiarato Halbreich spiegando il titolo dell’esposizione ‒ “mi sono casualmente imbattuta in una logica di corrispondenze che non avevo riconosciuto prima. A sorprendermi è stato un sistema che presentava un’alternativa leggermente ossimorica alla narrativa prevalente: la ricorrente comparsa della scomparsa nella sua opera offre un filo continuo di attenzione emotiva, intellettuale e formale che parte dagli anni immediatamente successivi alla laurea e arriva fino a oggi. Nella funzione di atto, concetto, sonda percettiva, inganno magico, metodo di lavoro e metafora, la scomparsa è stata un utile e persistente spunto per l’arte di Nauman. Parenti stretti della scomparsa, l’assente, il vuoto e il senso che ne derivano di inesistenza, privazione oppure omissione appaiono a loro volta in molte forme. Si vedono, ad esempio, in buchi delle dimensioni di una parte del corpo, nello spazio sotto una sedia, nel sé che svanisce dietro un angolo, in ciò che avviene di notte nello studio vuoto, e nei blocchi mentali che svuotano la possibilità creativa. La scomparsa, quindi, è sia un fenomeno reale che una metafora magnificamente ampia per affrontare le ansie del processo creativo e della navigazione nel mondo quotidiano”.
MOMA
L’allestimento di questa tappa newyorchese dell’immensa mostra è suddiviso tra il sesto piano del MoMA di Manhattan e il MoMA PS1, nel Queens. Il percorso di visita si snoda tra video, installazioni, disegni, sculture, fotografie, ambienti, ologrammi, i famosi neon che sono (anche letteralmente) la firma di Nauman e performance live, offrendo un’accurata mappa della pratica di un artista che da sempre si muove con estrema libertà tra diversi media e mezzi espressivi.
Organizzata tematicamente per tracciare la ricorrenza di alcuni concetti chiave nel corso dei decenni, la mostra è un viaggio nella lunga carriera di Nauman, di cui siamo invitati a conoscere le esplorazioni e riconoscere la coerenza all’interno di un corpus di lavori apparentemente eterogeneo.
“Abbiamo dovuto rinunciare a qualsiasi senso cronologico”, ha detto la curatrice durante la conferenza stampa di presentazione della rassegna, “per evidenziare le ricorrenze tematiche nel corso degli anni. Ogni piano ha una sua narrativa e una sua intrinseca intenzionalità”.
La parte della mostra ospitata al sesto piano del MoMA si concentra soprattutto sulle opere di grossa scala, installazioni ambientali, architetture da vivere esplorando percezioni e coscienza individuali e collettive. Tra le altre opere, è qui che trova spazio l’installazione Kassel Corridor: Elliptical Space, realizzata da Nauman su commissione per la quinta edizione di Documenta a Kassel, nel 1972: due pareti curve tra le quali si crea un corridoio accessibile attraverso una porta al centro, ma, per indicazione dell’artista stesso, tassativamente da un visitatore alla volta, che sarà in possesso delle chiavi per un’ora. L’opera, incredibilmente attuale nonostante i suoi quasi cinquant’anni, mette in gioco voyeurismo e protezione della privacy, stimolando, e allo stesso tempo frustrando, desiderio di vedere e di nascondersi.
Nella stessa stanza del sesto piano del museo troviamo la parete di scritte al neon One Hundred Live and Die (1984) che investe lo spettatore in una ipnotica alternanza di parole che, pur descrivendo azioni, evocano e stimolano soprattutto stati mentali racchiusi nella dicotomia vita/morte (presenza/assenza).
L’ultima grande stanza di questa parte della mostra ospita Days, audioinstallazione del 2009 che immerge il visitatore in un corridoio sonoro, invisibile e impercettibile, quanto imponente e impossibile da ignorare, prodotto dalla ripetizione di parole pronunciate con varie intonazioni e da voci dai timbri diversi. Il risultato è un suono complesso che, a seconda del punto di “osservazione”, può essere scomposto nelle sue singole componenti o vissuto come un tutto unico. L’esperienza che ne deriva è avvolgente e straniante, meditativa e trascendentale.
MOMA PS1
Sull’altra sponda dell’East River, negli spazi del PS1, sono ospitate 115 opere, a occupare la quasi totalità degli spazi della sede distaccata del MoMA. La bizzarra, articolata e labirintica morfologia degli spazi del PS1 si presta particolarmente bene ad accogliere il complesso e articolato lavoro di Nauman. Se le asettiche geometrie degli ampi spazi espositivi del sesto piano del MoMA si prestano naturalmente a fare da sfondo alle opere più grandi e pensate per interagire con lo spazio, così le aule della ex scuola PS1 creano un labirinto in cui lo spettatore si muove tra un’esperienza e l’altra, sorprendendosi a ogni incontro. Se l’immersione nello spazio del MoMA è ambientale, qui l’immersione è nell’opera stessa, che si riesce a vivere in maniera privata e intensa. L’allestimento sfrutta infatti molto bene la dimensione frammentata dello spazio, offrendo al visitatore la possibilità di costruire un proprio percorso di visita che consente anche di tornare su se stessi o indugiare più a lungo in alcuni spazi.
Uno dei primi ambienti del percorso espositivo propone una successione di variazioni sul tema del corpo dell’artista, nelle opere Contrapposto Studies (video, 2015-16), in dialogo con Contrapposto Split (proiezione in 3D, 2017). Entrambe le opere riecheggiano un simile lavoro realizzato dall’artista nei primissimi anni di carriera. Al centro c’è il corpo di Nauman che compie piccoli e inutili gesti all’interno del suo studio semivuoto. Il corpo del 2017 appare immediatamente diverso dal corpo del ‘68, ma la ripetizione e l’assenza sono le medesime.
“Rispetto al Nauman degli Anni Novanta”, ha affermato Halbreich, “siamo di fronte a un uomo più vecchio, che coraggiosamente riconosce di essere invecchiato, che con onestà rende visibile il suo corpo antico. Oggi il suo lavoro si muove su uno spettro emozionale più ampio. In passato Nauman è stato criticato perché aggressivo e strillato, oggi è diventato più meditativo”.
Contrapposto Split è, tra l’altro, una delle due opere realizzate dall’artista specificamente per questa mostra. L’altra è quella che chiude l’esposizione del PS1, in una delle poche stanze di ampie dimensioni della vecchia scuola del Queens. Si tratta di Leaping Foxes (2018), una monumentale composizione di cervi a testa in giù azzannati da volpi. Opera che richiama un altro tema ricorrente nel lavoro di Nauman, gli animali imbalsamati, usati spesso per evocare la brutalità all’interno di uno spettro natura/cultura in cui l’artista non offre facili prese di posizione. Ed è forse proprio in questa libertà di interpretazione, dove è allo stesso tempo richiesto (preteso) il coinvolgimento attivo da parte dello spettatore, che sta la grandezza del lavoro di Nauman. Pur proponendo una visione sempre ed evidentemente critica del mondo, Nauman non impone la sua lettura, ma chiede al pubblico di prestare attenzione, di completare l’opera con il proprio coinvolgimento attivo. E, in questo allestimento, gli spazi del PS1 rinforzano e ampliano la sensazione che lo spettatore non possa restare tale, ma debba farsi parte attiva dell’esperienza di fruizione. Un messaggio che attraversa l’opera di Nauman dai primi anni di carriera a oggi e che diventa ancora più rilevante in una società contemporanea sovraesposta quanto distratta e in un’America che troppo spesso guarda ma non vede. Come recita una delle opere più famose di Nauman, “Pay Attention Mother Fuckers”.
‒ Maurita Cardone
New York // fino al 18 e 25 febbraio 2019
Bruce Nauman: Disappearing Acts
MOMA
11 West 53 Street
MOMA PS1
22-25-Jackson Avenue
www.moma.org
https://momaps1.org
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