L’astrattismo magico di Raoul De Keyser. A Gent
SMAK, Gent ‒ fino al 27 gennaio 2019. Pittore non facilmente etichettabile, interprete di uno stile personalissimo, che però in alcune opere lascia emergere un velato (forse inconscio) riferimento a Vincent van Gogh, all’Espressionismo Astratto e alla Pop Art. Una mostra, in collaborazione con la Pinakothek der Moderne di Monaco di Baviera, celebra in 120 opere il maestro del secondo Novecento belga Raoul De Keyser, a sei anni dalla scomparsa.
Ci sono artisti la cui pittura “solleva da terra” e dalla dimensione del quotidiano, trasportando l’osservatore in quella più intima e silenziosa dell’interiorità, della memoria personale, della riflessione: Raoul De Keiser (Deinze, 1930-2012) possiede questo dono: per un brevissimo periodo, fra il 1964 e il 1965, fece parte del movimento belga Nieuwe Visie, ma ne uscì per seguire un percorso artistico indipendente, a metà fra le radici belghe e il panorama artistico internazionale, fra Minimal Art, Concept Art e Pop Art, e dove lo spazio architettonico e sociale diventa soggetto pittorico a pieno titolo, che l’individuo assorbe e da cui è assorbito, proiettandovi il suo essere e la memoria. L’astrazione è l’altro volto della pittura di De Keyser, con cui si situa al di fuori del tempo. Né completamente istintive come quelle di Baselitz, né completamente costruite razionalmente come quelle di Richter, queste pitture portano traccia di tutta la gamma delle emozioni umane. Il suo è un “astrattismo magico”, dove a dettare il ritmo è sempre il colore, che seduce lo sguardo e suggerisce l’immagine alla mente di ognuno; un’immagine sempre diversa a seconda dell’osservatore, che vive il quadro in maniera personale.
DALLA NARRATIVA BORGHESE ALL’ASTRAZIONE
Frammenti dell’ambiente vissuto, una finestra, un angolo di giardino, un tratto di filo per recinzione. Aspetti del quotidiano che divengono pretesto per una sperimentazione cromatica e prospettica; da quest’ultimo punto di vista, grazie alla profondità da piano fotografico, le pitture si sviluppano nello spazio, lasciano intuire, al di là del dettaglio che vediamo, l’esistenza di una completezza assai più ampia: ovvero, lo spazio vitale della middle-class nordeuropea che negli Anni Sessanta consolida le sue basi, e di cui De Keyser si fa discreto narratore, riecheggiando certe pagine di John Updike o Don De Lillo. In questa fase d’esordio, improntata alla figurazione, i colori sono luminosi e l’aspetto “patinato”, rimandando esteticamente alla Pop Art americana, senza però condividerne gli intenti concettuali.
Una fase che lascia presto spazio, all’inizio del decennio successivo, a una riflessione in chiave astratta, anche sulla scorta delle nuove tendenze pittoriche europee: la pennellata si fa ampia e pastosa, l’artista gioca con le ambiguità dei colori, della forma e della linea; una pittura che unisce l’espressionismo interiore di van Gogh alla “pulizia” dell’Informale: nella vastità della tela entrano elementi quali il caso e la caducità, a suggerire come nessuna gioia sia mai data da vivere in pienezza all’essere umano.
ASSENZA E PRESENZA
La figura umana non è mai presente nelle pitture di De Keyser, ma i suoi ambienti borghesi ne lasciano intuire la presenza, così come i paesaggi astratti proiettati sull’infinito. L’individuo è presente attraverso la potenza psicologica delle campiture colorate, così come dei frammenti di ambienti; in quest’ultimo caso si intuisce la vita quotidiana, con i suoi ritmi e le sue abitudini. La linea geometrica, presenza quasi costante nella pittura di De Keyser, marca il limite della tela e rimanda alla delimitazione dello spazio, metafora dell’organizzazione razionale di questo, dall’urbanistica ai confini fra Stati. Mentre, davanti all’infinitezza suggerita dalle campitura di verde, di blu o di grigio, s’intuisce l’individuo che scruta l’orizzonte, come il viandante di Friedrich. Tuttavia l’angoscia è sconosciuta a De Keyser, che è pittore di meditazione ma non di disperazione, e convinto profeta della profonda connessione fra arte e vita, con la prima specchio delle possibilità della seconda. Lo si comprende dall’accurata tecnica di stesura del colore: la pennellata pastosa e le variazioni di sfumatura sono la traduzione estetica di un’avventura terrena in continuo divenire.
RIPENSARE LE ORIGINI
A partire dagli Anni Ottanta, l’artista approfondisce lo studio dello spazio astratto, inserendo molteplici piani colorati strutturati affiancati o parzialmente sovrapposti, creando l’illusione della profondità, e conferendo statura architettonica a opere di cui la leggerezza dell’acquerello, che adesso sovente si affianca alla tempera, accentua il dinamismo. Ma De Keyser resta fedele all’idea della pittura bidimensionale, con il colore protagonista rispetto alla linea. In questi anni, sovente l’artista ridipinge vecchie opere, ne modifica la campitura e toglie o aggiunge elementi geometrici, in una continua ridefinizione dello spazio, arricchito dalle tracce di questi ripensamenti visibili sotto la nuova colorazione. Non appariscente, questa pittura ha però una sobria bellezza che comunica serenità, sospesa fra la natura e l’universo umano. E la scelta, nell’ultima fase, di concentrarsi su dipinti di piccole dimensioni, accentua il carattere intimo di un’arte nata per riflettere e approfondire il silenzio.
‒ Niccolò Lucarelli
Gent // fino al 27 gennaio 2019
Raoul De Keyser. Oeuvre
SMAK
Jan Hoetplein 1
http://smak.be/
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