John Singer Sargent a Stoccolma
Dopo anni di restauri e un investimento da 110 milioni di euro, il Nationalmuseum di Stoccolma riapre i battenti. E accoglie la prima retrospettiva scandinava su John Singer Sargent, ne abbiamo parlato con il curatore Per Hedström e la direttrice Susanna Pettersson.
Si tratta della prima antologica di Sargent in Svezia. Qual è la motivazione che sta alla base di questa scelta? Si voleva forse colmare un vuoto?
Ci sono diverse ragioni che ci hanno spinto a scegliere John Singer Sargent come protagonista della mostra di riapertura del museo. La pittura a cavallo tra la fine dell’Ottocento e il primo Novecento rappresenta una grossa quota delle nostre collezioni, e una mostra di Sargent ne costituisce un arricchimento, seppur temporaneo. In più, il pittore americano non ha mai avuto una mostra monografica in Scandinavia, dunque abbiamo lavorato per offrire al pubblico una prospettiva che fosse la più vasta possibile sulla sua opera.
Qual è stata la chiave curatoriale per introdurlo in Svezia? Quali aspetti dell’artista emergono?
L’obiettivo principale è quello di presentare Sargent a un pubblico che sia il più vasto possibile. Nonostante sia stato senza dubbio uno dei principali artisti del suo tempo, è ancora praticamente sconosciuto al grande pubblico in Scandinavia, e abbiamo pensato che una mostra su larga scala possa contribuire a renderlo familiare. La mostra combina i pregi di un’ampia introduzione generale con quelli di alcuni temi specifici che sono esplorati in profondità. Uno di questi temi è la relazione tra Sargent e l’arte scandinava del primo Novecento. Come molti pittori nordici, anch’egli assunse una posizione che non era né radicalmente moderna né tradizionalista. Lo stile e il suo approccio artistico sono particolarmente vicini al lavoro di Anders Zorn, entrambi divennero acclamati ritrattisti sul mercato internazionale e la loro tecnica pittorica virtuosa ha evidenti somiglianze. La mostra fa alcuni confronti tra le loro opere. Altre sezioni della mostra si concentrano su temi come il tempo libero, ritratti di artisti e amici, paesaggi, scene di viaggio, così come di guerra.
Sargent è stato un artista cosmopolita, e ancora le sue opere si trovano in molti musei europei e statunitensi. Avete quindi collaborato con istituzioni internazionali?
La maggior parte delle opere esposte sono ottenute in prestito dai maggiori musei negli Stati Uniti e in Europa, come il Metropolitan Museum of Art di New York, il Museum of Fine Arts di Boston, la Tate e la National Gallery di Londra, il Museé d’Orsay di Parigi.
Cosa si augura che resti al pubblico, dopo aver visitato la mostra?
La sensazione di aver scoperto un grande pittore, dallo stile stimolante e affascinante.
IL “NUOVO” NATIONALMUSEUM
La direttrice Susanna Pettersson fa il punto sulle attività del museo, illustrandone novità e strategie di coinvolgimento del pubblico.
Questa prima retrospettiva su Sargent rappresenta un momento unico oppure è l’inizio di un ciclo volto all’introduzione in Svezia di grandi artisti europei qui ancora poco noti?
Tutti i musei programmano i loro cicli espositivi secondo determinati parametri: deve esserci un equilibrio tra conosciuto e ignoto, internazionale e svedese, maschile e femminile, mostre tematiche e monografiche, eccetera. La cosa più importante, tuttavia, è contribuire alla conoscenza di periodi e artisti meno noti. Pertanto, stiamo anche investendo in progetti di ricerca legati alla scultura femminile nordica fra l’Ottocento e il primo Novecento, che sarà il tema di una delle prossime mostre del museo.
A seguito della ristrutturazione, il museo è cambiato molto. Quali sono le principali novità, sia in termini di organizzazione degli spazi sia in termini di dialogo con il pubblico?
Il museo fu aperto per la prima volta nel 1866 e organizzato secondo i più avanzati canoni dell’epoca. Nei decenni successivi, avvennero diversi cambiamenti. L’elettricità fu installata nel 1931 e questo permise al museo di coprire molte finestre che originariamente davano luce alle sale. I cambiamenti più importanti portati dai lavori di questi ultimi anni possono essere attribuiti a tre parole chiave: luce, colore e generosità. Abbiamo donato nuovamente luce alle sale, riaprendo le finestre. Ciò rende notevolmente più piacevole camminare nell’edificio e contribuisce a migliorare l’esperienza del visitatore. In secondo luogo, abbiamo investito nelle combinazioni cromatiche originali di Friedrich August Stüler, l’architetto che progettò il museo, facendo così risplendere le collezioni contro le pareti colorate. In terzo luogo, celebriamo la collezione mostrando oltre 5mila opere e offrendo una panoramica di storia dell’arte che ci porta indietro di sei secoli. L’arte e il design internazionali e svedesi sono ora esposti insieme, mentre prima della ristrutturazione erano esposti in gallerie separate.
Ai visitatori, il Nationalmuseum si offre come un luogo di incontro con l’arte e il design.
E per quanto riguarda gli altri servizi?
Il ristorante del museo ‒ con soluzioni di design artigianale e la migliore vista panoramica sulla città ‒ così come il rinnovato shop svolgono un ruolo importante nell’avvicinare il museo al pubblico. Aggiungo che abbiamo creato un percorso privilegiato per i più piccoli, il “Children’s Museum”, con una guida dedicata. Le famiglie con bambini costituiscono uno dei nostri target più importanti, insieme a giovani adulti, turisti, abitanti di Stoccolma e amanti della cultura in genere.
Un museo non è mai un corpo statico. Qual è il rapporto del museo con la città e con le altre istituzioni?
È importante lavorare con tutte le principali parti interessate. Il governo prende le decisioni finanziarie sui sussidi statali, di cui anche noi godiamo. Oltre a questo, lavoriamo a stretto contatto con tutti i settori che sono collegati con le attività che il museo può offrire, dal turismo alle scuole.
Qual è il profilo del visitatore medio del museo? Quali strategie state sviluppando per coinvolgere un pubblico più ampio?
Il profilo del visitatore medio corrisponde a quello di una donna di mezza età con un buon grado di istruzione, liceale o universitaria. Da parte nostra, puntiamo a intercettare un pubblico più vasto possibile: in fondo, il Museo Nazionale deve essere per tutti. Detto questo, è di cruciale importanza poter contribuire alla crescita delle future generazioni di visitatori. Desideriamo dare il benvenuto alle famiglie con bambini: lavoriamo molto con le scuole e con coloro che si sono recentemente trasferiti nel Paese, e investiamo in piccoli gruppi con bisogni speciali come persone con perdita di memoria, per citare un esempio. Rendere accessibile il museo significa che dobbiamo guardare non solo alle questioni di accessibilità fisica ma anche agli aspetti sociali, culturali ed economici. Quindi l’ammissione gratuita alle collezioni è un ottimo modo per rivolgersi a un nuovo pubblico. Ci assicuriamo che i nostri programmi includano elementi d’interesse per ogni target. Tutto sommato, penso che sia importante che il Museo Nazionale diventi un luogo dove recarsi.
Avete avviato partenariati con musei europei o di altri continenti?
Assolutamente sì. Il museo ha sempre lavorato con altri omologhi e lo farà anche in futuro. Le forme di collaborazione includono progetti espositivi e di ricerca, oltre a prestiti dalle collezioni. Inutile dire che si tratta anche di condividere le competenze all’interno della comunità internazionale. Siamo più che felici di contribuirvi, e di essere parte attiva per un irrobustimento della scena culturale.
‒ Niccolò Lucarelli
Stoccolma // fino al 13 gennaio 2019
John Singer Sargent
NATIONALMUSEUM
Södra Blasieholmshamnen ‒ Stoccolma
www.nationalmuseum.se
Versione integrale delle interviste pubblicate su Grandi Mostre #13
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