“Da Monet, Cézanne e van Gogh a Bourgeois, Dumas, Richter e Tillmans, passando per Picasso, Matisse, Klee e Giacometti, ma anche arte etnografica da Africa, Alaska e Oceania: la rinomata Collezione Beyeler comprende oltre 400 capolavori d’arte del XX e XXI secolo, con fulcro nelle avanguardie novecentesche. La Fondation Beyeler, il museo d’arte più visitato della Svizzera, deve la sua particolare attrattiva alla combinazione della straordinaria collezione con l’affascinante architettura e la natura pittoresca che la circonda” (Samuel Keller, direttore).
IL MUSEO
La maniera migliore per raggiungere la Fondation Beyeler è utilizzare la puntuale linea 6 della metropolitana leggera che dal centro storico, dopo aver attraversato il Reno sul Mittlere Brücke, arriva in aperta campagna, poi entra nell’abitato di Riehen e staziona alla fermata omonima della fondazione. Si attraversa la strada – come fino all’ultimo faceva Ernst Beyeler – e si è catapultati nel parco Berower, un giardino all’inglese circondato da vigne e campi di grano, all’interno del quale si dispongono i volumi della villa Berower – risalente al XVIII secolo, ospita gli uffici e il ristorante – e del museo progettato da Renzo Piano.
Il nucleo originario della collezione si deve ai coniugi Ernst e Hildy Beyeler, i quali diedero vita alla fondazione nel 1997 al fine di rendere accessibile al pubblico un patrimonio artistico straordinario – e infatti è il museo svizzero più visitato. Circa duecento opere permettono di seguire un percorso che dal Post-Impressionismo, passando per l’Espressionismo Astratto, conduce alla Pop Art, con capolavori di Monet e van Gogh, Kandinsky e Giacometti, Rothko e Bacon. Una collezione in crescita, dove l’incremento quantitativo va al passo con un alto standard qualitativo, arricchendo l’elenco con nomi quali Lucio Fontana, Gerhard Richter, Richard Serra, Marlene Dumas, Wolfgang Tillmans, per un totale di quattrocento opere.
Se la collezione è in continuo movimento, grazie anche al ciclico riallestimento, a maggior ragione lo sono gli spazi dedicati alle mostre temporanee, elaborate con tempistiche museali e di elevata caratura scientifica. Quanto la programmazione sia frutto di un ponderato bilanciamento lo dimostrano le mostre di questi mesi: il Pablo Picasso dei periodi blu e rosa (75 capolavori ordinati dall’eccellente curatore Raphaël Bouvier) sarà infatti seguito da una antologica di Rudolf Stingel, meranese classe 1956, elaborata in stretta collaborazione con l’artista e con Udo Kittelmann, direttore della Nationalgalerie di Berlino.
L’ARCHITETTURA. RENZO PIANO + PETER ZUMTHOR
I vincoli legati al sito di intervento – tra cui la forma stretta e allungata del terreno, la vicinanza con la Baselstrasse, la presenza di alberi secolari – non hanno impedito allo studio Renzo Piano Workshop Building di realizzare il desiderio del mecenate e collezionista Ernst Beyeler di condividere con il pubblico la sua passione per l’arte. Ultimata nel 1997, la prima sede della Fondation Beyeler è un edificio dall’impianto planimetrico chiaro e rigoroso, scandito da quattro “assi principali” in calcestruzzo armato. Lunghi 127 metri, larghi 70 centimetri, alti 4,8 metri, sono rivestiti in porfido rosso estratto in Patagonia, le cui venature evocano la pietra della cattedrale di Basilea. Concepito come una “macchina per la luce zenitale”, il museo dispone di una complessa copertura, con dispositivi in grado di filtrare delicatamente la luce solare diretta all’interno, e di generose superfici vetrate che generano connessioni visive tra esterno e interno. “Se il magnifico museo di Piano si sviluppa in modo lineare, assecondando il terreno esteso longitudinalmente verso nord, le tre nuove costruzioni a sud – la casa dell’arte, un edificio operativo e un padiglione per eventi – saranno liberamente disposte nello spazio aperto, dove potranno interagire con la sostanza edilizia storica ai margini del villaggio”. Con queste parole Peter Zumthor ha introdotto nel maggio 2017 il progetto di ampliamento della Fondation Beyeler, che nei prossimi anni si doterà di tre nuovi volumi costruiti nell’adiacente parco Iselin-Weber, recentemente acquisito.
‒ Marco Enrico Giacomelli e Valentina Silvestrini
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #48 – Speciale Svizzera 2019
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