Dal Blacklight: Dessert Lab, una struttura nella quale sei invitato a entrare per consumare dolci inondati di luce ultravioletta, a un “hopscotch”, gioco della campana che ci tiene informati sull’inquinamento derivato dalla plastica ‒ utilizzando bottiglie e scarti raccolti sulle spiagge di Sydney ‒ da Under the Milky Way, tunnel da percorrere con all’interno una simulazione della Via Lattea, sino a Timber Aurora, una panchina che ricorda un’onda marina e cerca di far riflettere sull’importanza dell’attivazione dello spazio pubblico.
Vivid Sydney 2019 si colora di una missione ambientalista: artisti sensibili alle questioni più cogenti della nostra contemporaneità scatenano stupore e meraviglia usando la tecnologia per lanciare messaggi di ecologia responsabile e di tutela del territorio, con focus su riscaldamento globale e inquinamento di corsi d’acqua e oceani a opera della plastica.
Ocean Sentinels riflette sul dramma delle popolazioni delle isole pacifiche minacciate dall’innalzamento del livello dei mari. Ogni totem è stato scannerizzato e stampato in 3D utilizzando dei filamenti di plastica 100% riciclata. Seguendo la stessa tematica, Habit/At prende la forma di un enorme tappo di bottiglia e nasconde al suo interno migliaia di buste di plastica raccolte da una parte all’altra del pianeta. Il monito è uno solo: bisogna cambiare le nostre abitudini per salvaguardare l’ambiente.
Mentre Taronga Zoo Sydney risplenderà di sculture luminose per lanciare un messaggio ‒l’importanza di restaurare un equilibrio tra fauna locale e urbanizzazione, far ritornare alcune specie allo stato selvatico ‒, un gigantesco alveare, o meglio un “bee hotel”, promuoverà la crescita di colonie d’api negli ambienti cittadini. Animato se toccato, simula il ronzio di questi insetti tramite una vibrazione simile a quella dei nostri smartphone.
Fireflies field, un campo di 500 punti luminosi che evocano il movimento degli insetti notturni guizzando e lampeggiando, sembra restituire la poesia della critica pasoliniana La scomparsa delle lucciole.
MARRI DYIN
Fondamentale anche la componente musicale: un prato di giganti campanule, alla Alice in Wonderland, dai 2 ai 5 metri, è un parco giochi ispirato alle trombe dei grammofoni dove ognuno può interagire suonando la propria melodia. Una foresta psichedelica di animali e piante che si palesano attivando diciotto chiavi musicali.
A recuperare le radici e rispolverare la memoria delle origini della città di Sydney pensa la suggestiva e commovente Marri Dyin, una gigantesca bambola di luce opera di Erth Visual & Physical Inc., Jacob Nash, James Brown e Mandylights, che si muove e interagisce con il pubblico grazie alla guida di alcuni coordinati burattinai. Rappresenta le prime donne autoctone e l’aborigena Barangaroo, moglie di Bennelong, interlocutore tra la cultura aborigena e quella britannica. Gli enormi occhi sono come fari e lunghe liane costituiscono la capigliatura e la veste, le mani cambiano colore strofinando una sfera di luce. Questo spirito genuino caccia e raccoglie i frutti della terra e si ritrova per questa edizione 2019 insieme a dei pupazzi che rappresentano animali marini nell’evento Winter Camp, ispirato al cambiamento delle stagioni.
BALLERINA DI ANGELO BONELLOO
L’opera di Angelo Bonello, Ballerina, è costituita da venti sagome di danzatrice classica, con i suoi apparati tipici di tutù e chignon. Le silhouette si dipanano per una lunghezza di 80 metri e si accendono a intermittenza in ordine sequenziale, l’una dopo l’altra, creando una sinossi di movimenti e dinamicità. La danza diventa idea di grazia che unisce le speranze e i sogni delle bambine amanti dello Schiaccianoci e del Lago dei cigni sparse per il globo e costruisce un arco, un ponte che balza verso l’Opera House di Sydney, capolavoro di architettura, simbolo della cultura cittadina e tempio della danza. Un codice di linguaggio semplice ed efficace che mira a essere inteso da un pubblico variegato tramite la bellezza di un’icona. La ballerina, con spirito di sacrificio e amore, armata delle sue scarpette a punta, volteggia e salta immersa nel buio della notte, i bagliori emessi si riflettono sulla superficie dell’acqua. La composizione musicale di Daví Lamastra guida sincronicamente i suoi movimenti cadenzati, mentre la sequenza stroboscopica si ripete ciclicamente. La dinamicità resa in una serie di flash e scatti a breve distanza ricorda gli esperimenti fotografici di Muybridge ed Étienne-Jules Marey, in cui la corsa dei cavalli o l’esercizio di un atleta con l’asta veniva immortalato in una linea cronologica di istanti successivi.
Ballerina incarna “un sogno, un’azione che, nonostante non sia indispensabile, rappresenta un concetto necessario, in questa necessità trasforma se stessa in urgenza, gesto indispensabile”, spiega Angelo Bonello: la perseveranza e la determinazione delle aspirazioni artistiche di un bambino, superando le difficoltà e gli sbarramenti iniziali, puntano all’infinito dell’auto-espressione, che da intima si trasforma in immagine condivisa.
L’opera, ispirata alla passione artistica della figlia Petra, ha già creato un fenomeno social spontaneo: adulti e bambini non riescono a resistere dall’imitare le pose e i passi aggraziati di Ballerina, tanto che Angelo Bonello e il Vivid Festival hanno deciso di promuovere un hashtag per raccogliere le fotografie condivise su Instagram. Questo risultato evidenzia l’efficacia comunicativa dell’installazione, con la quale il pubblico si sente libero di interagire.
‒ Giorgia Basili
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