Recita un noto aforisma di Pablo Picasso che “ogni bambino è un artista. Il problema è come rimanere un artista quando si cresce”. Il che ci porta alla questione di come l’educazione di un bambino condizioni – tra l’altro – le capacità creative dell’adulto, quando la pedagogia plasmi l’estetica, dove la scuola si trasformi in un laboratorio fantastico o in una prigione asfittica.
La mostra in corso alla Fundación Juan March di Madrid offre una visione sorprendente e plausibile del rapporto che sarebbe intercorso tra la rivoluzione pedagogica maturata nel secondo Ottocento e il fenomeno delle avanguardie storiche del primo Novecento: lo fa raccogliendo una buona collezione di opere di grandi nomi (da Paul Klee a Piet Mondrian, passando per Lionel Feininger e il già citato Picasso, fino a Le Corbusier e Bruno Munari), presentata insieme a una straordinaria raccolta di documenti storici messa insieme nell’arco di un’intera vita dallo scultore, accademico e collezionista spagnolo Juan Bordes.
GIOCO E PRATICA ARTISTICA
Intento dichiarato dell’operazione è dimostrare come i giochi a cui avrebbero giocato da piccoli i protagonisti della svolta modernista abbiano profondamente condizionato le loro successive prassi artistiche. Punto di partenza teorico per le tesi di Bordes – già espresse in uno straordinario libro dal titolo La infancia de las vanguardias (Catedra, 2007), purtroppo mai tradotto al di fuori della Spagna, ora riprese e sviluppate nel corposo catalogo della mostra – è l’opera del pedagogista tedesco Friedrich Fröbel (1782-1852), inventore del giardino d’infanzia (kindergarten), a cui si deve la prima compiuta elaborazione del gioco come strumento educativo e forma espressiva; la rassegna presenta quindi la produzione di giochi, modelli, manuali di disegno e monografie di vari educatori storici (tra i quali non poteva mancare l’italiana Maria Montessori), spesso creando sorprendenti cortocircuiti visivi con le opere d’arte presentate a breve distanza e così individuando, nella rottura determinata con i precedenti modelli educativi, la chiave per intendere la rivoluzione culturale maturata nel primo Novecento.
LIMITI E POSSIBILITÀ
Tanto nelle sale della Fondazione quanto nella bibliografia sopra citata mancano, è vero, prove puntuali e dirette di rapporti tra giochi d’infanzia e successive scelte artistiche – il che, segnaliamo agli studiosi in ascolto, è però una grande opportunità per avviare ricerche mirate in proposito, a partire da evidenze diaristiche o appunti lasciati dai grandi artisti in discussione –, ma l’effetto complessivo dell’esposizione è sicuramente potente, e, come si diceva, plausibile. Ha scritto Bordes nell’introduzione del suo libro: “Ho sempre pensato che l’arte e la scienza producono le trasformazioni più rapide e profonde, ma solo l’educazione, col suo lavoro lento e generazionale, è capace di costruire lo spazio in cui appaiano gli artisti e scienziati pionieri”. Va dato atto a questo eccentrico ricercatore di aver contribuito in maniera notevole a una ri-definizione dell’educazione rispetto all’arte e alla sua storia, alimentando una creativa attenzione su di esse.
‒ Luca Arnaudo
Madrid // fino al 23 giugno 2019
El juego del arte. Pedagogías, arte y diseño
FUNDACIÓN JUAN MARCH
Calle de Castelló, 77
www.march.es/
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