Scendiamo, attraverso l’opera di Janaina Mello Landini, coacervo di funi e nodi da marinaio, nella tana del Bianconiglio. Dentro un disegno applicato direttamente alla parete, alla maniera di Sol LeWitt, è incastonata l’opera che ha inaugurato la collezione di Edouard Carmignac: Lewis Carroll’s Wunderhorn di Max Ernst.
Come una ragnatela diramante in più direzioni, l’affresco De l’un l’autre, opera di Fabrice Hyber, parte dalla falda acquifera di Wunderhorn per estendersi in rigagnoli ed estuari. Come la linfa che dalle radici raggiunge le estremità e le foglie più lontane, Hyber mostra i percorsi dietro all’ideazione della fondazione d’arte, una famigliola di spazi dedicati all’arte e gallerie commerciali. Collega gli artisti ai protagonisti dell’esposizione e agli ideatori come la curatrice Chiara Parisi.
I minerali nel terreno, il verde dell’isola e le frecce che come pioggia ricadono verso il terreno.
Passando dall’anticamera, attraverso la rinfrescante e melodiosa opera di Bruce Nauman One hundred fish fountain, si arriva a Beethoven’Trumpet (with Ear) di John Baldessari. Per attivarla è sufficiente usare la cassa acustica come megafono, ricevendo in ritorno uno dei quartetti finali del grande compositore.
Miss Jumbo Savaloy, zeppelin rosa appeso al soffitto, dà un saggio dell’irriverente personale di Sarah Lucas al piano superiore e la giustifica con la matrice femminile di molte opere in mostra. Questo dirigibile dalla forma fallica associa la guerra in Iraq e il primo conflitto mondiale alla battaglia dei sessi, tramite il meccanismo masturbatorio di un’arma automatica. Strizza l’occhio all’ironia l’opera di Bertrand Lavier, che utilizza lo squarcio orizzontale della finestra per creare una veduta sull’esterno: due parasole, rosso e giallo, sono adagiati sul manto erboso, facendo riferimento agli schemi di colore di Joan Miró e Sonia Delaunay.
Nella galleria principale, senza divisioni e ostacoli di pareti e inframezzi, si distribuiscono le opere della collezione, il blu oltremare è il colore che emerge dalla tavolozza, espressionismo e astrazione con la prevalenza dei soggetti femminili.
Gerhard Richter, Sigmar Polke e Albert Oehlen, il quale interroga l’atto della pittura integrando pennellate eseguite manualmente con l’intervento di linee eseguite digitalmente.
L’affascinante e minuto dipinto alchemico di Forrest Bess, la cui ricerca guarda al mito della pietra filosofale nata dalla congiunzione dello zolfo, elemento maschile e di mercurio, femminile, rispecchia la metamorfosi dell’artista stesso in un ermafrodito.
GLI ARTISTI
Dalla nutrita collezione emergono nomi quali Louis Cane, Ed Ruscha, Gino De Dominicis, El Anatsui, Rebecca Horn. Thomas Ruff, con il delicato sfocato di Nudes ap 14, dà vita a un’intrigante immagine di sensualità pornografica che non compiace l’occhio ma lo sfida a non lacrimare. Pierre Klossowski, fratello di Balthus, ci regala un disegno erotico, complice del rovesciamento femmineo-mascolino alla Ercole e Onfale, Humiliation préalable, ove una donna con un seno scoperto e l’altro nascosto dal body ‒ ricordando l’usanza mitologica delle amazzoni di tagliare una mammella per incoccare più agilmente le frecce all’arco ‒ spinge il calcio di un fucile da caccia sulla schiena di un uomo prostrato innanzi a lei, rovesciando le sorti e le premesse del gioco sessuale.
Mentre nell’opera realizzata per la mostra Untitled da Maurizio Cattelan ‒ una sorta di compendio delle opere che hanno suscitato scalpore ‒ la sorgente consiste nel luogo dal quale scaturisce l’ispirazione, in Elmgreen & Dragset non è altro che l’attimo in cui, senza ancora l’emergere della consapevolezza, si coglie quello scarto che in futuro farà la differenza: dalle passioni alle propensioni personali, dall’intimità alla rivelazione. Così il bambino che indossa davanti allo specchio i tacchi della mamma inizia a fare i primi passi verso l’accettazione del sé, dei propri gusti e del proprio orientamento sessuale.
Poetico il lavoro di Francis Alÿs, Afghan Night 3 (2013) che si innalza sulle macerie create dai conflitti delle guerre religiose per rivelare un cielo inebriato di stelle, interconnesse grazie a un filamento leggero e impercettibile, creando un concentrato, un firmamento e nuove aspettative di rivalsa. D’altronde Alÿs riesce, con piccoli gesti artistici, a muovere la nostra sensibilità, come quando con Reel Unreel ci fa entrare nel cuore di Kabul guidati da bambini e da una bobina cinematografica che viene srotolata per le strade, ricordando il gioco del cerchio, o in When faith moves mountains mobilitava cinquecento volontari armati di pale nell’atto transitorio di spostare di dieci centimetri una duna nel deserto in Perù. Politica e partecipazione, emancipazione artistica dall’indifferenza.
Koo Jeong A utilizza cristalli Swarovski per creare un ambiente immersivo di punti luminosi, come la costellazione di Alÿs, rispondendo anche alla critica di Sarah Lucas: con le nuove strumentazioni moderne non è lasciato alcuno spazio per la proliferazione della magia. Il patio reagisce alla luce del sole, costituisce un ambiente antropizzato al quale, tuttavia, il visitatore non può accedere. Magneti, polvere, mozziconi di sigarette, stecche di gomma da masticare disposti in maniera desueta sono solo alcuni degli elementi del linguaggio espressivo di Jeong A.
DA GAILLARD A SARAH LUCAS
Cyprien Gaillard colloca una benna di un’escavatrice al centro del sotterraneo, illuminato dai riverberi del soffitto ad acqua, rovesciando il significato dello scavo. La bocca del macchinario diventa un inerte object trouvé dal forte valore estetico, grazie all’inserimento di bacchette di pietra di luna nei fori lasciati vuoti dai bulloni. Mentre Tony Matelli fa in modo che il pavimento della fondazione ospiti un intruso, Micol Assaël congiunge, creando un movimento d’ascesa, la mostra con la personale di Sarah Lucas al piano superiore.
I lavori più recenti della Lucas sono tre fotografie, courtesy della galleria Sadie Coles HQ, della serie Red Sky dove l’artista, scagliandosi su uno sfondo rosso sangue, è completamente nascosta dal fumo della sigaretta, la sua maglietta a strisce multicolore spicca nella nebbia. Sulla parete opposta campeggia la serie Eating a banana, che l’ha resa celebre per il suo carattere spregiudicato, per la sua accanita e resiliente polemica contro una società che vede la donna in maniera distorta: carne e curve donate allo sguardo maschile in maniera remissiva e compiacente. Opere irriverenti e dal potere iconico, da Tit Chair a Rose Bush, così come Washing Machine Fried Egg. Jesus, un bidet in ceramica ‒ ribaltato, come la celeberrima Fountain di Duchamp ‒, proietta il suo foro verso il wallpaper di Sarah Lucas Divine, centrando le gambe aperte e donando dall’esterno della villa un’immagine che, avendo luce propria, “riscalda” l’atmosfera notturna.
‒ Giorgia Basili
Hyères // fino al 3 novembre 2019
Le source
FOUNDATION CARMIGNAC
Ile de Porquerolles
La Courtade
www.fondationcarmignac.com
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