L’impianto narrativo di Alchemistry, la mostra a cura di Claudia Paetzold, allestita allo SFER IK Museion di Tulum, visionario spazio espositivo realizzato da Eduardo Neira ‒ in arte Roth ‒ tra la costa dello Yucatan e una foresta di mangrovie, si basa sulla dicotomia tra opere d’arte e architettura. “Non è una mostra che nasce a tavolino”, sottolinea la Paetzold ad Artribune, “ma la scelta di esporre le opere di tre artiste, Kelly Akashi, Bianca Bondi, Rochelle Goldberg, è strettamente legata al contesto unico in cui ci troviamo, con la presenza della natura così dirompente da permettere un’esperienza olistica dell’arte che coinvolge tutti i nostri sensi e non soltanto la vista”.
L’ARCHITETTURA
Appena si attraversa l’ingresso e ci si addentra scalzi nello spazio espositivo, ci si rende subito conto che qui si è lontani anni luce dai “white cube” in cui siamo soliti visitare le mostre d’arte contemporanea. Un’architettura rivoluzionaria e coinvolgente, immaginata da ROTH, proprietario dell’intero lussuosissimo resort in cui si trova la galleria, quasi come una casa sull’albero all’interno della foresta, in barba alle più comuni regole della museografia. Più che uno spazio espositivo, SFER IK Museion di Tulum è una stupefacente cattedrale laica nel cuore della giungla messicana, in cui si fondono magistralmente arte, architettura ed ecologia. Interamente costruita in legno e cemento secondo i dettami della tradizione architettonica Maya, la struttura, con pareti rinforzate in fibra di vetro, è illuminata da grandi oblò che affacciano sulla natura circostante, la quale sembra premere per entrare nello spazio. Una sfida sicuramente stimolante, ma anche piuttosto impegnativa, per gli artisti che devono interagire con essa.
LA MOSTRA
La mostra, e da qui il titolo, esplora il processo alchemico attraverso le opere di Kelly Akashi (Los Angeles, 1983), Bianca Bondi (Johannesburg, 1986) e Rochelle Goldberg (Vancouver, 1984), mettendo in scena forme che si dissolvono e materiali dalle infinite potenzialità che si trasformano. Sebbene le protagoniste siano tre donne, “non c’è stato alcun intento femminista nella selezione degli artisti”, specifica la curatrice, “ma piuttosto umanista”. La ricerca di tutte e tre le artiste, infatti, si muove sul confine labile tra visibile e invisibile, sapere scientifico e spiritualismo, conoscenza e fede. Alchemistry è un viaggio affascinante alla ricerca della verità occulta, ma anche un processo di liberazione spirituale attraverso la trasmutazione delle sostanze e dei metalli.
L’opera della Akashi rivela il flusso costante di trasformazione a cui ogni elemento naturale è sottoposto nel passaggio da uno stato fisico o evolutivo a un altro. In Pincer, i calchi in bronzo e cera di frazioni della sua mano, contenuti in una forma organica perlescente in vetro soffiato, suggeriscono l’origine di forme di vita complesse nelle creature del mare. Invece Goldberg introduce una componente mitologica nella ricerca alchemica attraverso maschere maestose e figure demiurgiche in ceramica, disseminate all’interno dello spazio serpeggiante di SFER IK, che fondono i quattro elementi: terra, acqua, fuoco e aria. Infine, il lavoro che forse ci ha convinto maggiormente, quello di Bianca Bondi, che esplora tutte le potenzialità di trasformazione della materia attraverso processi alchemici che portano alla mutazione o addirittura alla dissoluzione delle sue opere. Pende dal soffitto Tegeticula Yuccasella, un mantello viola traslucido e “mutante” che richiama antiche pratiche sciamaniche, mentre l’opera site specific This is Jupiter in Sagittarius, Healing and Justice, formata da un delicato e poetico groviglio di cristalli di sale, continua a crescere per tutta la durata della mostra grazie all’interazione con l’aria e l’acqua.
‒ Mariacristina Ferraioli
Tulum // fino al 30 settembre 2019
Alchemistry
SFER IK MUSEION
Carretera Tulum-Punta Allen KM 5
https://www.sferik.art/
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