Le luci, gli enormi palazzi, le mille finestre, l’incessante brulicare di persone dovevano aver fatto un’impressione straordinaria sull’artista sardo Costantino Nivola (Orani, 1911 ‒ New York, 1988) al suo arrivo a New York, nel 1939. Per convincersene basta guardare le affollate tele, fitte di linee e colori, con cui l’artista ritrae la metropoli americana. Ma la parte di storia raccontata dalla mostra in corso fino al 15 marzo alla Cooper Union di Manhattan è quella che parla del segno che Nivola lasciò su New York e che rischia di perdersi. L’artista sardo, vera e propria star nella sua terra natia, è stato in parte dimenticato nella sua città adottiva, dove emigrò in fuga dal fascismo insieme alla moglie di origini ebraiche, Ruth Guggenheim. Eppure nei tanti anni trascorsi oltreoceano (Nivola non tornò mai stabilmente in Italia) l’artista realizzò decine di lavori, tra cui 21 opere di arte pubblica, 17 delle quali ancora esistenti, nei cinque distretti della città. Nivola in New York. Figure in Field è il titolo dell’esposizione organizzata da The Irwin S. Chanin School of Architecture at The Cooper Union for the Advancement of Science and Art, in collaborazione con Fondazione Costantino Nivola e Istituto Italiano di Cultura di New York. A curarla sono stati il direttore della scuola di architettura, Steven Hillyer e l’architetto Roger Broome, a cui per primo è venuta l’idea di raccontare con una mostra il rapporto tra Nivola e gli architetti.
LA TECNICA DEL SANDCASTING
La mostra, la prima a raccogliere i progetti newyorchesi dell’artista sardo, presenta maquette, sculture, disegni originali, fotografie e oggetti, oltre che una timeline a pannelli che ripercorre quarant’anni di progetti in collaborazione con grandi architetti, documentando la relazione tra le opere di arte pubblica e la città. Il lavoro di questo artista è infatti in continuo dialogo con l’architettura, con il contesto dell’opera, non solo nella sua arte pubblica, pensata proprio per migliorare, in senso umanistico, l’esperienza del vivere urbano (scrive l’artista nel 1958: “Se artisti e architetti non riusciranno nella sfida di rendere le nostre città più belle, altri, meno dotati di immaginazione e dallo scarso senso civico, continueranno a perpetrare il male architettonico delle nostre città”), ma anche nelle sue creazioni più intime dove materiali, forme e volumi sembrano emergere dal paesaggio. E d’altra parte Nivola era figlio di muratore, fin da piccolo aveva osservato e appreso l’uso dei materiali da costruzione (terracotta, calce, cemento) che ricorrono nel suo lavoro. Fu negli Anni Cinquanta nella sua casa di Long Island, tuttavia, che sviluppò la tecnica che rese il suo lavoro famoso e unico, il sandcasting, un metodo per creare sculture in cemento da matrici di sabbia. A questa tecnica e agli esperimenti di Nivola con la sabbia la mostra dedica diversi pannelli con testi di spiegazione e fotografie. La prima grande commissione in cui l’artista ebbe modo di mettere in pratica la nuova tecnica fu quella del modernissimo showroom Olivetti sulla Fifth Avenue, oggi sparito ma rimasto nella memoria newyorchese come uno sfolgorante esempio del design italiano al suo meglio. La mostra ricorda il contributo di Nivola a quello che fu un Apple store ante litteram con una riproduzione in scala ridotta del bassorilievo originale di 23 metri per 4,5 realizzato dall’artista per il negozio e oggi in parte visibile a Harvard.
OPERE E PROGETTI
L’opera realizzata per Olivetti è una delle quattro grandi commissioni su cui si concentra l’esposizione, distribuita in un’unica ampia stanza con l’eccezione della timeline e dei pannelli dedicati agli architetti con cui Nivola collaborò, entrambi allestiti nei corridoi di accesso. A ognuno dei quattro progetti è dedicata una porzione dello spazio espositivo. Su un lato della stanza troviamo una riproduzione del bassorilievo realizzato col metodo del sandcasting nel 1953 per la facciata della William E. Grady High School di Coney Island. Al centro della sala ci sono prove e bozzetti per la Stephen Wise Recreation Area, un parco pubblico costruito nel 1962 nell’Upper West Side di Manhattan che include una fontana, un bassorilievo, un murale sgraffito e una serie di sculture di cavallucci in cemento. L’ultimo e il più recente dei progetti esposti è una serie di statuette in bronzo e placche commissionate dal 19esimo Distretto di Polizia e Vigili del fuoco dell’Upper East Side. Nivola, che in Italia aveva preso parte ad attività antifasciste e che nel ‘68 era rimasto scioccato dal trattamento che la polizia di Chicago aveva riservato ai manifestanti che protestavano durante la convention democratica, non era propriamente un ammiratore della polizia. Ci spiega infatti Roger Broome: “Inizialmente, quando gli commissionarono questo lavoro, Nivola reagì in maniera molto sarcastica dicendo che avrebbe potuto rappresentare come la polizia pestava i manifestanti. Ma poi ricalibrò quei sentimenti, iniziando a realizzare che la polizia e i vigili del fuoco avevano la funzione di proteggere i cittadini e finì per rappresentarli attraverso il prisma dell’eroismo e del coraggio, non quello dell’abuso di potere”.
A completare la storia del rapporto tra Nivola e New York sono tre quadri che raccontano il modo in cui l’artista vedeva questa città piena di energia e stratificazioni. Uno dei tre rappresenta il famoso Flatiron Building, ma ne è quasi una versione onirica: “Lo trovo molto interessante” ‒ ci ha detto Steven Hillyer ‒ “perché si discosta dalla tradizione della rappresentazione di uno dei palazzi più iconici di New York e ci porta in un luogo in cui la nuova città emerge dalla vecchia che si sgretola, mostrando come Nivola avesse colto questa natura di New York, città che cambia costantemente e si evolve”.
NIVOLA A NEW YORK
Fa da utile corollario all’esposizione una guida ai lavori di Nivola ancora visibili tra i cinque distretti della città, pensata per accompagnare il visitatore alla scoperta dell’artista sardo e della sua innovativa visione di arte pubblica urbana. “Speriamo davvero che la guida sia un incentivo per il pubblico a riscoprire il lavoro di Nivola, ma che possa anche suscitare un dibattito sulla conservazione delle sue opere”, ha concluso Steven Hillyer. Inoltre, ad accompagnare la mostra, la scuola di architettura di Cooper Union ha organizzato una serie di appuntamenti tra cui un panel sul ruolo dell’arte pubblica, seminari didattici e anche un tour guidato dei lavori di Nivola tra Manhattan e Brooklyn. Questa estate un versione ampliata della mostra sarà montata al Museo Costantino Nivola di Orani, in Sardegna, dove arriveranno alcuni dei lavori esposti ora alla Cooper Union e di proprietà della famiglia dell’artista.
‒ Maurita Cardone
New York // fino al 15 marzo 2020
Nivola in New York. Figure in Field
THE COOPER UNION
7 East 7th Street
https://cooper.edu
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