Gli artisti, la scrittura e il disegno al CAC di Ginevra
“Scrivere Disegnando. When Language Seeks Its Other”, a cura di Andrea Bellini e Sarah Lombardi, in corso al CAC di Ginevra e in collaborazione con la collezione d’Art Brut di Losanna, è una mostra di ricerca rivolta alla scrittura che abita il luogo dell’indicibile.
La mostra al CAC di Ginevra si interroga sul rapporto tra scrittura e potere, dispiegando relazioni tra apparenza e marginalità, soggettività e linguaggio, e alludendo criticamente alla stessa legittimità dell’esporre. Quasi per antitesi storica all’affermazione di Jean Dubuffet sull’impossibilità per l’Art Brut di mescolarsi con l’arte contemporanea, Scrivere Disegnando è la prima collaborazione per la collezione d’Art Brut di Losanna con un museo di arte contemporanea. La mostra raccoglie collezioni locali, sperimentazioni tecnologiche da algoritmi, espressioni di giovanissimi artisti impegnati a esplorare la questione del segno, personalità storiche, scrittura asemica e glossolalia. Nell’occupare i tre piani del museo, il percorso si apre con il genius loci di Ginevra, a partire dalla figura di Hélène Smith, una delle più celebri medium che ha vissuto nella città svizzera tra Otto e Novecento. Accanto ai suoi disegni, l’opera dell’artista Jürg Lehni vettorializza e scrive disegnando i tre linguaggi della storica medium. Anche al terzo piano, nel video di Jenna Sutela, un algoritmo crea un nuovo linguaggio che interpreta la lingua marziale della Smith a partire da una scrittura ricavata dal movimento di un batterio, in uno splendido dialogo con i lightbox di Susan Hiller. Fare una selezione delle centinaia di opere in mostra significherebbe tradire la metodologia adottata dai curatori, i quali hanno evitato ogni differenziazione che potesse fissare gerarchie sociologiche in una prospettiva storico-artistica.
LE LOGICHE DELLA MOSTRA
Ai numerosi nuclei concettuali che fanno da sottoinsieme sono associate opere diversissime tra loro, raggruppate in vista del proprio carattere ossessivo e obliquo e lontane da ogni rigore funzionale. Il progetto espositivo, infatti, raccoglie alfabeti immaginari, lingue inventate e lingue in delirio. Scrittura ai confini del disegno senza disegnare e disegno che si fa scrittura senza scrivere. Si pensi al disegno alfabeto di Alighiero Boetti, esposto al secondo piano. Non c’è alcun significato che si ascrive al linguaggio dominante. Campeggiano invece segno e senso. Le tele presenti, per esempio, non sono pittura ma traccia del sovversivo e del sotterfugio linguistico, come nel caso del lavoro di Elijah Burgher, autore di un alfabeto mistico ed erotico; o come nella tela di Giorgio Griffa dal ciclo di lavori chiamato Sciamano. Il disegno e la scrittura sono presentati in virtù della natura stessa del segno, di una genealogia primitiva che confina con illusioni percettive e vertigine dell’irraggiungibile ‒ è il caso delle sculture frantumate in segni di Michael Dean. Non troviamo alcuna immagine, ma superfici di segni che alludono all’ombra del linguaggio, come gli acquerelli di Reinhold Metz o i tessuti di Jeanne Tripier, o ancora le opere al confine con l’Arts & Crafts e il misticismo.
LE ARTISTE
Può il subalterno parlare? Può l’artista invisibile, la donna, l’essere ai margini, l’outsider, il culturalmente represso esprimersi? E come? A queste domande i curatori rispondono con un progetto che usa il segno umano primitivo ‒ scrittura e disegno ‒ in maniera autonoma e autoportante, per liberarsi da quello che Barthes definisce pregiudizio etnico di un alfabeto-centrista, di un alfabeto comunicativo. Dissidenza del linguaggio, espressioni misticheggianti, contatti paranormali, pastiche linguistici, linguaggi segreti, femminismi radicali aprono a un altro grande tema di ricerca della mostra: quello del genere. La scrittura, per millenni appannaggio esclusivo del genere maschile, è stata abitata dalle donne in maniera diversa, in quanto scrittura automatica, dettato di un medium, espressione di una giustizia personale nel lasciare traccia del sé. Le donne, ancora più dei numerosi artisti dell’Art Brut in mostra, hanno utilizzato il segno come pura espressione di un soucis de soi o di jouissance de soi. Oltre alle numerosissime testimonianze di artiste donne che fanno parte della collezione Brut in mostra, ritroviamo anche il tracciato asemico di Irma Blank e la scrittura astratta di Hanne Darboven, le glossolalie di Hildegarde von Bingen; i disegni automatici di Chiara Fumai; la scrittura sincopata di Jill Galliéni, la grafia elegante e dorata di Greta Schödl, la pratica poetica e performativa di Tomaso Binga, i piccoli diari ricamati di Maria Lai, I fatti della vita della Dadamaino. Altro nucleo concettuale è l’altrove, inteso come luogo fuori dalla norma, luogo dell’ossessione, del febbricitante, della malattia, ma anche dell’immateriale e dell’intangibile. Sono esposti archivi immaginari, che organizzano il linguaggio nella contrapposizione tra razionale e onirico, come Il Piccolo Sistema di Gianfranco Baruchello o le tavole dal Codex Seraphinianus di Luigi Serafini che occupano un’intera sala della mostra. Ora espressione di passione, ora di delirio, le opere sono organizzate in ambienti quasi oscuri, dalle luci soffuse, un invito all’invisibile, a un’arte non governata. Scrivere Disegnando è una mostra critica che mette in discussione l’indiscusso e rende esplicito l’implicito, attuando una ricombinazione del significato e del linguaggio nell’aprire interrogativi sul futuro della scrittura.
‒ Sonia D’Alto
Ginevra // fino al 3 maggio 2020
Scrivere Disegnando. When Language Seeks Its Other
CAC
Rue des Vieux-Grenadiers 10
https://centre.ch
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