La mostra Arte Povera: Italian Landscape, curata da Danilo Eccher e promossa dall’ambasciatore d’Italia Giorgio Guglielmino, porta al Metropolitan Museum di Manila dieci maestri dell’Arte Povera, insieme a lavori di Francesco Arena e Gianni Caravaggio, per poi proseguire da giugno alla National Gallery di Kuala Lumpur. Un’iniziativa importante per la diffusione all’estero dell’arte italiana, raccontata dai due protagonisti, Guglielmino ed Eccher.
Come mai hai pensato di proporre una mostra sull’Arte Povera a Manila?
Giorgio Guglielmino: In un’epoca di globalizzazione e di digitalizzazione ho voluto presentare una mostra di opere che, più di altre, dal vero hanno un impatto fortissimo sul pubblico. Tra il guardare sullo schermo del computer un igloo di Mario Merz e trovarcisi di fronte vi è un abisso. Volevo una mostra di grande qualità e di uguale grande forza espressiva e devo dire che le opere scelte dal curatore Danilo Eccher sono state perfette.
Danilo, come hai immaginato la mostra e qual è il taglio curatoriale?
Danilo Eccher: Da alcuni anni mi sto concentrando su un modello espositivo che affonda le proprie radici nelle esperienze degli Anni Sessanta declinate in un nuovo processo narrativo. Qualcosa di molto lontano dal white cube e più affine alla partecipazione, alla condivisione, finanche alla spettacolarità delle prove di grandi critici come Pierre Restany, Rudi Fuchs, Norman Rosenthal, Harald Szeemann e Germano Celant. Dunque, l’opportunità di una mostra proprio sui protagonisti di una di quelle stagioni mi ha permesso di approfondire quelle prospettive di scrittura visiva. Infatti, quello che ho cercato di realizzare non è una mostra ma un “paesaggio” che deve essere attraversato non solo guardato, come un’esperienza, non una semplice visita.
Secondo quali criteri hai aggiunto Caravaggio e Arena, le uniche presenze delle ultime generazioni?
Danilo Eccher: Ci sono due ordini di ragioni: la prima era la necessità di presentare un ‘Panorama italiano’ che testimoniasse anche esperienze più attuali a riprova di una vitalità e qualità che non si sono arrestate nel tempo. La seconda ragione è una sorta di affinità linguistica che, pur in una sensibilità e dinamica contemporanea, accomuna la ricerca di Arena e Caravaggio agli approdi dell’Arte Povera.
Da dove provengono le opere in mostra? Rappresentano a tuo avviso in maniera adeguata le ricerche dei singoli artisti?
Danilo Eccher: Ho scelto le opere direttamente con gli artisti o con le loro fondazioni. Mi interessava un progetto complessivo, infatti avevo chiaramente specificato che non volevo fare una mostra ma una narrazione paesaggistica. Era l’idea di ricreare quel clima culturale e quella comunanza che si respirava nella metà degli anni Sessanta. Solo l’opera di Boetti, un ricamo di 12 metri, è di un prestatore esterno, il Comune di Gibellina, e per la prima volta questo lavoro è uscito dalla Sicilia. Sono tutte opere imponenti che confermano un vero coinvolgimento degli artisti in questo progetto.
Sei soddisfatto del risultato raggiunto?
Danilo Eccher: Sono molto soddisfatto per aver portato l’arte italiana in una parte del mondo dove non si era mai vista e per aver avuto modo di realizzare un modello allestitivo che ho avviato quasi dieci anni fa alla GAM di Torino e proseguito fino a oggi.
Qual è stata la reazione del mondo culturale filippino?
Giorgio Guglielmino: La reazione alla mostra è stata molto forte e si è manifestata in due sentimenti diversi ma ugualmente importanti. Da una parte vi è stata una enorme ammirazione per la qualità delle opere che sono state esposte: vi era quasi una incredulità a vedere nello spazio del Metropolitan Museum di Manila opere che i maggiori musei del mondo, da New York a Londra, avrebbero esposto ben volentieri. Dall’altra vi è stato un sentimento di orgoglio e di riconoscenza per l’Italia, per aver scelto proprio Manila come tappa inaugurale della mostra rendendo in questo modo omaggio alla vitalità dell’arte in questo Paese.
La mostra rientra in un programma sull’arte contemporanea italiana?
Giorgio Guglielmino: Ho sempre ritenuto nel mio lavoro di diplomatico di dover dare priorità alla presentazione dell’Italia di oggi, l’Italia contemporanea (non solo nell’arte ma anche nel design, nel cinema, nella cucina, ecc.), dando per scontato che all’estero tutti sappiano chi sono Michelangelo e Raffaello. Voglio cioè dare l’idea di un paese in continua crescita ed evoluzione. Il mio programma per presentare l’arte contemporanea italiana si è articolato su tre iniziative. Ho invitato fino a oggi tre conferenzieri dall’Italia per parlare di diversi aspetti della scena artistica: Danilo Eccher, curatore, ha fatto un excursus sugli ultimi cinquant’anni; tu, Ludovico, quale critico d’arte, hai presentato una interessante panoramica sugli spazi dell’arte in Italia; Laura Chari, direttrice e partner della Galleria Lorcan O’Neill di Roma, ha presentato il punto di vista delle gallerie d’arte nel nostro Paese. Ho poi invitato una galleria italiana, la galleria Tiziana Di Caro di Napoli, a partecipare ad Art Fair Philippines che si è svolta dal 20 al 23 febbraio scorsi. Era la prima volta che una galleria italiana partecipava a questo evento fieristico e il riscontro del pubblico e degli addetti ai lavori è stato veramente considerevole. La terza iniziativa è stata proprio la mostra Arte Povera: Italian Landscape, che ho menzionato prima.
Quali saranno le prossime tappe?
Giorgio Guglielmino: Ho ancora due anni davanti a me e il sogno è di riuscire a bissare il successo della mostra sull’Arte Povera con una mostra altrettanto importante dedicata alla Transavanguardia.
‒ Ludovico Pratesi
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