“Da quando la pittura è stata dichiarata morta negli Anni Ottanta, una nuova generazione di artisti ha rivitalizzato il potenziale espressivo della figurazione”. È quanto afferma Lydia Yee, curatrice di Radical Figures: Painting in the New Millennium. Dieci pittori provenienti da ogni angolo sono stati chiamati a dimostrarlo nelle sale della Whitechapel Gallery di Londra.
All’inizio della mostra i visitatori si imbattono nelle vaste tele di Daniel Richter e Cecily Brown. Richter è il pittore più anziano del gruppo e la sua Tarifa è una delle opere più toccanti della esposizione. Raffigura un gruppo di rifugiati nordafricani che di notte si avvicinano alla costa spagnola su un gommone di salvataggio: i loro vestiti e le loro facce sono resi fluorescenti dalla luce delle telecamere a raggi infrarossi dalle pattuglie di frontiera mentre galleggiano sopra il gonfiore nero dello stretto di Gibilterra. I grandi assemblaggi di colori e forme di Cecily Brown offrono invece un taglio decisamente femminile a tele che raccolgono figure, le cui fonti spaziano dalla pornografia alla storia dell’arte prima di dissolversi in astratti segni pittorici.
GLI ARTISTI IN MOSTRA A LONDRA
Michael Armitage per la sua narrazione politica delle violenze perpetrate in Africa utilizza lo stile lussureggiante ed esotico di Gauguin. Christina Quarles lavora sull’identità femminile: disegna i suo background con softwear come Adobe Illustrator per poi inserirvi nudi intrecciati. Nicole Eisenman in un gigantesco dittico cita senza filtri il Giardino delle delizie di Bosch. Da un lato c’è un’esplorazione della vita interiore di un artista, dall’altro l’allegoria: caccia, pesca, nascita, morte, disegni rupestri, il tutto reso attraverso l’obiettivo della politica sessuale contemporanea. Ryan Mosley in Duchess of oil disegna un attore capace di interpretare simultaneamente ruoli maschili o femminili: un ritratto composto da più visi con labbra, occhi, nasi e capelli tra loro differenti. Le piccole tele di Tala Madani popolate da gruppi di uomini grassocci o bambini che giocano con escrementi in forma femminile fanno da contrasto alla grande tela di Sanya Kantarovsky, dove di bambino ce ne è uno solo, ma aggrappato alla madre piegata in avanti: come un orribile parassita, le sue mani stringono il capezzolo rosso della genitrice che avanza nell’oscurità, con le ginocchia e i gomiti insanguinati.
UN APPROCCIO RADICALE?
Nel suo insieme il corpus di questi lavori risulta essere un’indagine ansiogena sulla condizione umana nel del XXI secolo. Gli artisti qui raccolti non fanno mistero dei propri riferimenti a Goya o Gauguin, a Bosch o Bruegel, al Cubismo o al Neo-espressionismo tedesco. Ognuno di loro affronta tropi da sempre presenti nella storia dell’arte – emarginazione, depressione, slittamento dell’identità di genere ‒, riconducendoli al panorama attuale. Pare difficile però affermare che l’approccio sia poi così radicale come promesso nel titolo: a qualche decina di fermate di metro la Tate Modern ospita la retrospettiva di Steve McQueen, che quanto a radicalità invece proprio non scherza.
‒ Aldo Premoli
Londra // fino al 10 maggio 2020
Radical Figures. Painting in the New Millennium
WHITECHAPEL GALLERY
77-82 Whitechapel High Street
www.whitechapelgallery.org
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