Arte, design e artigianato: ecco i percorsi della prima Biennale di Israele al MUSA di Tel Aviv
Fino alla primavera 2021 è ospitata al MUSA - Eretz Israel la prima Biennale di Israele, che presenta la creatività locale dall’antichità al contemporaneo, attraverso percorsi multidisciplinari.
Nonostante il lockdown in Israele, in questi ultimi mesi l’arte israeliana contemporanea ha trovato sede, con 250 artisti e un migliaio di opere d’arte, presso il MUSA – Eretz Israel, il Museo della “Terra di Israele” fondato nel 1959 a Tel Aviv. Si tratta di uno dei tre più grandi musei della nazione e, con i suoi 15 padiglioni, racconta la storia di un popolo: dai reperti archeologici di epoca biblica fino all’arte contemporanea, in tutte le sue declinazioni e media. First Person, Second Natureè la prima Biennale di Arte, Design and Craft, la più grande mostra di arte israeliana contemporanea mai realizzata nel Paese. Il titolo vuole suggerire come artista e natura siano imprescindibilmente interconnessi nel processo creativo, a livello quasi “naturale”.
LA BIENNALE DI ARTE, DESIGN AND CRAFT DI ISRAELE
L’idea nasce dalla Chief Curator Debby Herschman che, dopo 22 anni di biennali tematiche dedicate a media specifici (tra cui carta, ceramica, vetro e gioiello), ha lanciato una sfida a se stessa, al museo, e agli artisti che vi hanno preso parte, rompendo le barriere gerarchiche tipiche delle categorie curatoriali classiche e mettendo al centro dell’esposizione i materiali “in quanto motore principale del processo creativo”. Ce lo racconta Nir Harmat, uno dei cinque curatori (ciascuno proveniente da discipline e background differenti) riusciti nell’intento di far dialogare diversi approcci di curatela producendo un unico e affascinante percorso multidisciplinare: “Il concetto di multidisciplinarietà”, spiega Harmat“è diventato trasversale non solo tra gli artisti ma anche tra i curatori, una decisione estetica che sta diventando sempre più frequente anche in altri contesti internazionali, a partire dal MOMA”.
I PERCORSI DELLA BIENNALE DI ISRAELE
Oggi al MUSA tre percorsi espositivi si intrecciano parallelamente. Quello site specific,tra i padiglioni “satellite permanenti” (vetro, ceramica e folklore), dove, accanto a terracotta e vetro di epoca romana, troviamo creazioni prodotte in tecnica 3D, per esempioSweet Rosedi Hila Amram. C’è poi quello delle opere open air, disseminate lungo un sito archeologico di oltre 20 acri (che risale al XXII secolo a.C.) che si integrano perfettamente con la vista mozzafiato sul paesaggio urbano di Tel Aviv, come nel lavoro Skylinedi Avner Sher. Infine, il padiglione centrale Rothschild Pavilion: un’area di 1000 mq, allestita tra pareti color ambra che ricordano le quinte di palcoscenico e conferiscono un’aura quasi teatrale ai pezzi esposti, facendoci dimenticare di trovarci nel classico contenitore museale. Per massimizzare al meglio l’uso dello spazio, pur lasciando allo spettatore la possibilità di perdersi tra un’opera e l’altra, Chanan de Lange, il concept designer dell’intera Biennale, ha creato degli appositi display, su più livelli: “arcipelaghi” che permettono ai visitatori di transitare da un’isola all’altra e da un lavoro all’altro, proprio come si fa quando si viaggia in vaporetto tra un padiglione e l’altro durante la Biennale di Venezia.
GLI INTENTI DELLA BIENNALE DI ISRAELE
L’operazione più difficile, per i curatori, è stata quella di scegliere tra oltre 3000 artisti che hanno partecipato al bando, dovendo scartare anche lavori eccezionali, ma che non rientravano nella sintassi curatoriale della mostra. Il risultato finale (con un ventaglio di artisti tra i 18 e gli 82 anni) è stato dare voce all’arte israeliana contemporanea, in tutte le sue declinazioni. La Biennale, attualmente in corso, terminerá la prossima primavera. “Per la prossima edizione” conclude Ami Katz, Direttore del MUSA, “stiamo già valutando l’ipotesi di uscire dai confini museali ed esporre anche in altri spazi della città”. È lavision di chi scorge in questo primo esperimento una grande opportunità, non solo per ridefinire l’identità e il futuro del Museo Eretz Israel, ma dell’intero panorama dell’arte israeliana contemporanea, “sperando di poterci presto aprire anche ad artisti internazionali”.
-Fiammetta Martegani
https://www.eretzmuseum.org.il/e/
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati