Nasce da una riflessione critica, con profondi risvolti di carattere storiografico e sociale, la mostra che il Museo del Prado dedica non solo alle donne come artiste (pochissime, del resto, nel passato di quasi tutte le culture occidentali), ma alla figura femminile come soggetto nell’arte. La rassegna era già praticamente pronta per essere inaugurata il 30 marzo scorso, a Madrid. Dopo i mesi di chiusura e la lenta ripresa post-lockdown, la direzione del museo ha deciso di posticipare in autunno l’esposizione, allestita con pezzi provenienti perlopiù dai depositi e dalla collezione permanente, con solo qualche prestito. Si tratta di 130 opere, la maggior parte poco note, alcune mai esposte finora e tante restaurate per l’occasione.
DONNE AL MUSEO, UNA DISCRIMINAZIONE ISTITUZIONALE
Il titolo Invitadas può sembrare po’ ermetico e alludere a un sottile mea culpa nei confronti di un ambiente culturale, se non proprio misogino, senz’altro discriminatorio nei confronti del genere femminile. Allude al fatto che al Prado, in passato, le artiste sono state trattate come “invitate”, cioè come ospiti destinate a una visita breve, limitata da un cliché estetico di secondo piano. Fin qui nulla di cui stupirsi, soprattutto in una società maschilista e patriarcale come quella spagnola dell’Ottocento e dei primi anni del Novecento. Ciò che forse non si sa, invece ‒ e che con la mostra si vuole ampiamente sottolineare ‒, è il ruolo e la responsabilità che le istituzioni pubbliche e il sistema accademico spagnoli ebbero nel codificare e contestualizzare l’immagine femminile nelle arti plastiche dell’epoca.
ARTE CONTEMPORANEA AL PRADO
Aperto nel 1819, il Prado per oltre un secolo è stato anche un museo d’arte contemporanea, accogliendo opere di artisti viventi. Solo in anni recenti, infatti, si è deciso che lo spartiacque tra passato e presente ‒ e dunque tra opere da destinare al Prado e al più recente Reina Sofía ‒ fosse la data di nascita di Pablo Picasso, ossia il 1881.
Negli ultimi anni, inoltre, il Prado ha ampliato gli spazi della collezione permanente dedicati all’arte spagnola dell’Ottocento, stagione feconda ma assai meno nota rispetto al Siglo de Oro. Nei depositi, tuttavia, restano ancora molti quadri e sculture di artisti che parteciparono alle cosiddette Esposizioni Nazionali: una serie di mostre, con struttura di concorso a premi, istituite a partire dal 1853 (e svoltesi fino al 1968) proprio alla scopo di promuovere una forma di nazionalismo artistico. Negli stessi anni, il Prado si è fatto promotore dell’acquisizione ed esibizione di tali opere, che hanno contribuito alla creazione di una precisa linea estetica e di una scuola nazionale moderna.
In tale contesto artistico ‒ come spiega in maniera dettagliata Carlos Navarro, conservatore del museo e curatore della mostra, oltre che del bellissimo e completo catalogo che la accompagna ‒ le donne in generale sono state mantenute ai margini, in secondo piano o addirittura estromesse. Solo nell’Esposizione Nazionale del 1887 si conta una partecipazione numerosa di artiste, la maggior parte delle quali però continuano a essere considerate semplici dilettanti; fra di loro ben poche, poi, come Maria Luisa de la Riva, raggiungono nell’ultimo quarto del XIX secolo un considerevole prestigio internazionale.
LA MOSTRA A MADRID
L’esposizione è suddivisa in due grandi capitoli, a loro volta articolati in diciassette frammenti tematici. La prima parte illustra l’imprinting istituzionale conferito all’arte con soggetto femminile: ispirata ai dettami morali e agli schemi ideali della società borghese, diviene strumento per esaltare o censurare un modello di femminilità. Perlopiù si tratta di opere plastiche dal contenuto edificante, che illustrano le caratteristiche della donna virtuosa, secondo i valori ottocenteschi di decenza e di buon costume. Tra i soggetti ricorrenti ci sono personaggi storici, donne coinvolte in episodi di cronaca o di denuncia sociale, ritratti sempre in un’ottica patriarcale e maschilista; l’unica virtù femminile ammessa è quella dell’angelo del focolare. Mogli oppresse dai mariti e figlie sottomesse ai padri, la cui ribellione è letta in chiave di devianza; giovani sedotte e abbandonate, madri snaturate, donne infedeli o semplicemente trattate come streghe o prostitute diventano, in un’arte quasi di propaganda anti-femminista, soggetti da non imitare. La censura colpisce persino le sventurate modelle da atelier, le cui nudità, anche se caste e innocenti, sono considerate lascive o ai limiti della decenza. Sembra quasi impossibile che nelle arti visive dell’Ottocento spagnolo una donna, bella e sensuale, quasi mai venga raffigurata solo per i suoi evidenti attributi estetici. Persino i raffinati ritratti mondani che il pittore Raimundo de Madrazo y Garreta dipinge nella Parigi della Belle Époque nascondono spesso, oltre l’eleganza delle pose, un ideale femminile vacuo e inespressivo.
COPISTE, MINIATURISTE E REGINE
Il secondo capitolo è dedicato invece all’evoluzione della carriera delle donne nell’arte, professione ad alto rischio, condizionata dagli stereotipi sociali e dall’emarginazione culturale dell’epoca. Non avendo accesso a una paritaria formazione accademica, le donne spagnole si limitano a collaborare con i colleghi maschi (di nuovo, soprattutto mariti o padri) dedicandosi a mansioni di carattere preparatorio; ci sono poi donne che si dilettano a copiare fedelmente, e con buona mano, capolavori del passato (anche dal vero, esposti al Prado); e altre che si limitano alla pratica della miniatura o a dipingere nature morte con fiori e frutti, soggetti decorativi più confacenti all’abilità manuale di una fanciulla. Curiosa la presenza in mostra di una fotografa, la britannica Jane Clifford, che, alla morte del marito con cui collaborava, viene invitata dal Prado a fotografare Il Tesoro del Delfino.
Nella seconda metà Ottocento il trono di Spagna è retto da figure femminili che, a loro modo, accennano a esprimersi in favore della parità tra i sessi e che, non a caso, sono anche discrete pittrici amatoriali e buone mecenati, sostenitrici delle arti al femminile. È grazie anche all’appoggio di Maria Cristina di Borbone e di sua figlia, la regina Isabella II, che alla fine dell’Ottocento le collezioni di Palazzo Reale accolgono le prime opere firmate da donne, non solo spagnole ma anche straniere, e che le artiste stesse (come Teresa Nicolau, Joaquina Serrano ed Helena Sorolla) cominciano ad assumere una consapevolezza del proprio ruolo e a ricevere i primi riconoscimenti di pubblico e critica.
UNA DOVEROSA LETTURA IN CHIAVE FEMMINISTA
Pur essendo allestita con eleganza e con il consueto rigore scientifico, Invitadas è una mostra molto articolata e non di facile lettura. Costruita attraverso un luogo percorso di riscoperta di opere e di artisti per la maggior parte poco noti al grande pubblico, è comunque densa di spunti di dibattito sociale, anche alla luce delle rivendicazioni del movimento femminista attuale.
Si apprezza soprattutto la revisione critica del museo nei confronti dei canoni estetici di acquisizione delle opere del passato e il tentativo di scandagliare tra le più profonde ragioni della discriminazione della donna nell’ambito delle arti visive. Va specificato che la mostra non esprime ciò che oggi il museo pensa nei confronti dell’arte femminile, ma piuttosto l’eredità artistica e sociale che l’Ottocento borghese ha depositato nei magazzini del Prado, accanto ai capolavori di Velázquez, Goya o Bosch. Un viaggio critico nella misoginia di un’epoca che vuol essere anche un gesto di riscatto, seppur tardivo, nei confronti delle tante donne che, al pari di illustri uomini contemporanei, dedicarono all’arte passione e impegno.
‒ Federica Lonati
Madrid // fino al 14 marzo 2021
Invitadas
MUSEO DEL PRADO
Calle Ruiz de Alarcón 23
www.museodelprado.es
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