Una grande stagione per l’archeologia e il recupero dell’identità nazionale si apre per la Nigeria: non solo gli scavi a Benin City, i più estesi mai realizzati, ma anche un nuovo museo nazionale. Questo, che sorgerà proprio sul terreno di rilevanza archeologica e ne integrerà i ritrovamenti, è il progetto dell’Edo Museum of West African Art, o EMOWAA. Affidatario del progetto è Sir David Adjaye, cittadino britannico nato in Tanzania ma di origini Ghanesi. Primo architetto nero a essere insignito della medaglia d’oro del Royal Institute britannico (RIBA), Adjaye prenderà il prossimo anno le redini di un progetto ambizioso e visionario realizzato in collaborazione con il British Museum che punta a restituire alla Nigeria la consapevolezza e la fruizione della sua grande eredità culturale. “Onorato e ispirato” di guidare la realizzazione del museo, che avverrà nei prossimi cinque anni, Adjaye vorrebbe fare della nuova istituzione “un luogo per recuperare la memoria collettiva del passato per instillare un senso di grandezza delle civiltà perdute”.
I BRONZI DEL BENIN
Il Sud del Paese ospitava il regno del Benin (da non confondersi con l’attuale Benin), anche noto come regno Edo: uno dei più importanti e potenti stati dell’Africa occidentale precoloniale. Il regno era di origine presumibilmente egizia, e raccoglieva sotto di sé diverse tribù a partire dal 40 d.C. Il Benin crebbe fino a diventare un impero, lentamente disgregatosi sotto la forza colonizzatrice britannica a partire dal XV secolo. Sono del XIII secolo, l’apice della fortuna del regno, i 900 bronzi esposti oggi al British Museum di Londra: placche di bronzo e ottone dai vivi rossi scuri e intagli di avorio, dettagliatamente decorati con figure umane e momenti della vita nel regno, che adornavano le colonne del palazzo reale della capitale Benin City. Le creazioni sono realistiche e allo stesso tempo restituiscono una visione immaginifica della civiltà fiorente. Il ratto dei manufatti da parte dell’impero britannico, tramandato come vendetta per un’aggressione riportata nella capitale Edo da parte della guarnigione del Benin, risale al 1897. Il tema della restituzione dei reperti è vecchio di oltre dieci anni: anche gli studenti di Cambridge, al cui Jesus College è esposto il “Cockerel”(un esemplare dei 7mila trafugati dalla Nigeria da parte dei coloni europei), avevano chiesto una restituzione.
UNA COLLABORAZIONE INTERNAZIONALE
Il museo nel Sud della Nigeria punta a riaprire un capitolo tra i più controversi dell’arte contemporanea: il prelievo forzoso dei manufatti in epoca coloniale e la loro restituzione. La crescente impopolarità dell’esposizione di opere di derivazione coloniale, che ha spinto Macron a prendere dei provvedimenti immediati in Francia, ha portato anche il British a cercare una cooperazione con istituzioni europee e africane per trovare una collocazione diversa ai bronzi in una forma di prestito. Così nasce il progetto dell’EMOWAA: un luogo dove “raccogliere il maggior numero di bronzi del Benin al mondo”, si legge in una dichiarazione. Hartwig Fischer, direttore del British Museum, ha sostenuto che la missione del museo è “lavorare in partenariato con i colleghi di tutti il mondo per sviluppare una comprensione comune dell’eredità culturale”, così da diventare“una delle iniziative museali più significative degli anni a venire”.
–Giulia Giaume
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