“Mi licenzieranno”. Così Irina Antonova, storica direttrice del Museo Pushkin, aveva commentato la propria scelta di esporre i cubisti e gli impressionisti a fianco dei capolavori russi in piena guerra fredda. Non venne licenziata, anzi: il popolo sovietico migrò a Mosca per assistere a questo dono, e il Pushkin cominciò a guadagnarsi la fama di principale museo russo, che ora condivide con l’Hermitage. La “Gran dama dell’arte russa”, come era chiamata nel mondo, oggi non c’è più: si è spenta a 98 anni per complicanze da Coronavirus, e con lei sembra essere scomparsa anche l’età d’oro del museo.
MEZZO SECOLO PER CAMBIARE LE SORTI DEL PUSHKIN
Antonova aveva cominciato a lavorare al museo moscovita sotto Stalin, ne era diventata direttrice nel 1961, ed era andata in pensione nel 2013: in 52 anni aveva reso il Pushkin, spazio espositivo dedicato al più importante poeta russo, il protagonista di esposizioni indimenticabili e proficui scambi con il mondo. Cortina di ferro o no, per Antonova non faceva la differenza: esponendo i Picasso, i Matisse e i Van Gogh nascosti da anni nei caveaux del museo, sfidò il diktat di osteggiare la pittura borghese europea, e vinse. Così era anche riuscita a portare nell’URSS la Monna Lisa, a patto di tenerla sotto un vetro antiproiettile, i tesori della tomba di Tutankhamon e quelli trovati a Troia da Schliemann.
UNA FIGURA DI RIFERIMENTO
Come direttrice del Pushkin, Antonova aveva creato un vero e proprio complesso dell’arte, con il Centro di Arte per Bambini, il Museo di Arte Europea e Americana e il Museo delle Collezioni Private. Aveva tenuto lezioni nelle università e nelle gallerie della Federazione russa e del mondo. Così si era trovata, artefice, al centro di un ricchissimo sodalizio intellettuale: ha sì conosciuto Brezhnev, Yeltsin e Putin, ma era anche diventata amica di Chagall e del pianista Richter. Con quest’ultimo aveva anche creato un festival musicale internazionale all’interno degli spazi del museo. Per non parlare del giro in moto con Jeremy Irons, in occasione dell’esposizione sull’arte americana negli anni ’80: “Andiamo al museo Lenin e torniamo”.
IRINA ANTONOVA. CONTROVERSIE
Il Pushkin conserva ancora oggi opere d’arte prelevate dalla Germania Nazista come bottino di guerra. “So che è doloroso per diverse persone in Germania, ma durante la seconda guerra mondiale facevo l’infermiera, e ho amputato anche le gambe distrutte dei soldati e dei piloti tedeschi caduti vicino a Mosca”, aveva detto Antonova alla Deutsche Welle quattro anni fa. “Molti lavori sono stati resi, ma altri resteranno come deposito, il giusto prezzo per ricordare”, aveva concluso. Controversie vi furono anche per il suo pensionamento “forzato” a 91 anni, nel 2013. Era avvenuto poco dopo aver incontrato Putin, un incontro per dare voce alla richiesta di rinascita del Museo di Arte Internazionale, che aveva esposto le collezioni dei mercanti d’arte Shchukin e Morozov. I loro Monet, Renoir, Cézanne, Matisse e Gauguin erano stati ripartiti tra il Pushkin e l’Hermitage da Stalin, che aveva smantellato il museo nel 1948. “La divisione della collezione è un crimine che dura ancora oggi”, aveva detto in una recente intervista, “io sto ancora lottando”. Ma per questo era stata rimossa. Antonova, membro onorario del Consiglio Internazionale dei Musei dell’Unesco, era comunque rimasta presidente onoraria del Puskin e un riferimento per l’arte russa fino alla morte: ora riposerà al cimitero Novodevichy della capitale russa.
–Giulia Giaume
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