Per i grandi musei, di solito, gennaio è tempo di somme e di bilanci, che talora scatenano una bonaria competizione intorno alle cifre milionarie dei visitatori. Dopo una serie di stagioni al rialzo, ovunque il 2020 ha rappresentato una forte cesura, dovuta al lockdown primaverile e alla brusca interruzione dei flussi del turismo di massa.
In Spagna ‒ dove a tutt’oggi i musei sono ancora stoicamente aperti al pubblico ‒ le perdite di ingressi sono state davvero sostanziose, in molti casi oltre il 70% rispetto alle cifre del 2019. Anche qui le istituzioni d’arte e di cultura, pubbliche e private, hanno messo in campo ingenti sforzi per sopravvivere, puntando non solo sulla comunicazione virtuale e la forza divulgativa delle reti sociali. L’obiettivo è dimostrare che, se ben gestiti, i musei sono luoghi sicuri, con fonti di contagio inesistenti, e possono attirare un pubblico per ora solo locale, ma desideroso di distrazioni di tipo artistico o intellettuale.
SEGNI DI SPERANZA DAL GUGGENHEIM DI BILBAO
Il Guggenheim di Bilbao nel 2020 ha contabilizzato solo 315.908 visitatori, di cui il 61% spagnoli e il 50% baschi. Un numero di gran lunga inferiore rispetto all’anno precedente, quando nell’edificio di Frank Gehry si era recato un milione e 700mila di persone, la maggior parte turisti stranieri. Il magro bilancio di un annus horribilis, in termini generali, non ha spaventato il direttore Juan Ignacio Vidarte e l’équipe di curatori del grande museo, capitanati da Lucía Aguirre. La programmazione per il 2021 ‒ presentata alla stampa in via telematica, perché in piena escalation della terza ondata Covid-19 ‒ è un segnale di speranza e di fiducia verso un graduale ritorno alla normalità, soprattutto a partire dal secondo semestre dell’anno.
LE MOSTRE DEL GUGGENHEIM DI BILBAO
Sono otto le mostre in calendario, tutte di qualità e di indiscusso interesse, per le quali non mancano coproduzioni internazionali. Salta all’occhio l’ampia presenza femminile, un tema che negli ultimi tempi sembra essere particolarmente sentito nel mondo dell’arte in Spagna, non solo ma anche a partire da Invitadas, la discussa mostra allestita in autunno al Museo del Prado. Si dice che l’argomento dipenda dalla pressione di alcuni collettivi femministi, molto attivi in ambito pubblico, e dal supporto di una parte della stampa spagnola, particolarmente incisiva e polemica. La direzione del Guggenheim sottolinea, però, che la programmazione si realizza con anni di anticipo e che le scelte artistiche del museo sono dettate essenzialmente da interessi di carattere scientifico e da ragioni di carattere qualitativo.
Sono tutte firmate da donne le opere selezionate nella rassegna Film & Video, un focus su danza e performance proposto a partire dalla primavera. Del resto, la basca Alex Reynolds, l’argentina Cecilia Bengolea e la statunitense Sharon Lockhart sono alcune fra le esponenti più fresche e interessanti di questo genere a livello internazionale. È una figura del realismo nordamericano riscoperta post mortem negli Stati Uniti, e perciò poco conosciuta in Europa, la pittrice Alice Neel, ritrattista anti-convenzionale e socialmente impegnata alla quale il Guggenheim di Bilbao dedica un’ampia retrospettiva. in collaborazione con il MET di New York (a partire da settembre). Ma è soprattutto la chiave interpretativa della grande mostra di chiusura di stagione, Le donne dell’astrattismo (coprodotta con il Centre Pompidou di Parigi), a entrare nel vivo del tema tanto discusso del misconosciuto ed emarginato universo femminile nell’arte, visto attraverso figure note, meno note o totalmente dimenticate del panorama pittorico del Novecento.
ARTE BASCA, ANNI VENTI E CLASSICI CONTEMPORANEI CON HUMOUR
Mentre restano allestite le rassegne dedicate a Olafur Eliasson (inaugurata poco prima del lockdown e che proseguirà fino ad aprile) e a Kandinsky (aperta in autunno), il primo trimestre dell’anno al Guggenheim si apre con una rassegna storica dal carattere più locale, con uno sguardo internazionale e di progresso. Bilbao e la pittura (dal 29 gennaio al 29 agosto) racconta un’epoca in cui la capitale del Paesi Baschi era un centro prospero sia economicamente sia culturalmente. Il panorama pittorico fin de siècle fu molto vivace e risentì dell’influenza dell’Impressionismo francese, con idee di modernità e tematiche sociali che si avvicinavano alle avanguardie. In maggio si inaugura invece l’attesa mostra dedicata ai “Pazzi anni Venti” (Los loco años Veinte ‒ dal 7 maggio al 19 settembre), già prevista nel calendario dell’anno scorso. Realizzata in collaborazione con la Kunsthaus di Zurigo, è centrata principalmente sullo spirito e la modernità della Repubblica di Weimar, vista non solo attraverso l’arte, ma anche il costume, il design e la vita sociale, a Berlino e Parigi (ma anche Zurigo e Vienna) tra le due guerre. Il valore aggiunto della mostra è l’allestimento firmato da Calixto Bieto, direttore di teatro e regista d’opera fra i più interessanti del panorama spagnolo, che prevede anche la ricostruzione di una sala da ballo.
La Linea dell’ingegno (11 giugno ‒ 6 febbraio) offre infine la rilettura di una selezione di opere della collezione propria del Guggenheim, insieme ad alcuni prestiti, in chiave di humour, ingegno e sperimentazione estetica, elementi presenti nell’arte sia astratta che figurativa.
Equilibrate, in generale, le proposte del Guggenheim che, in un momento di profonda crisi sanitaria ed economica, rinnova il proprio impegno e la solidarietà culturale verso la città di Bilbao e i Paesi Baschi che lo ospitano da più di vent’anni. L’offerta artistica è infatti ricca di giustapposizioni tematiche e di approfondimenti storici di sicuro interesse, soprattutto per un pubblico locale. E, ancora una volta, la collaborazione tra grandi istituzioni e le produzioni itineranti sembrano essere l’ancora di salvezza per mantenere alto lo standard qualitativo dei musei, in attesa dell’agognato ritorno alla normalità anche in ambito turistico.
‒ Federica Lonati
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