L’antica cultura Ainu ha finalmente il suo museo in Giappone

Upopoy significa “cantare in un grande gruppo”. In realtà oggi sono solo 25.000 in Giappone i discendenti di questo antichissimo popolo. La città di Shiraoi, a Hokkaido, dedica alla loro storia un nuovo museo

Shiraoi, antica cittadina del dominio Sendai sull’isola di Hokkaido, dall’estate 2020 ospita l’Upopoy National Ainu Museum and Park, il primo museo nazionale del Giappone a divergere dall’esposizione e dalla celebrazione della cultura esplicitamente locale. La nuova istituzione arriva in un’epoca di rinnovata sensibilità per le culture delle minoranze, soprattutto in seguito agli sconvolgimenti delle coscienze portati dal movimento Black Lives Matter, nato nel 2013 e che ha fatto sentire la sua influenza fino in Australia e appunto in Giappone.

Una veduta aerea del complesso dell’Upopoy National Ainu Museum and Park

Una veduta aerea del complesso dell’Upopoy National Ainu Museum and Park

AINU LIVES MATTER

Nonostante la pandemia, dallo scorso luglio sono stati 200.000 i visitatori che hanno voluto conoscere da vicino la cultura di questo antico popolo. Il complesso si sviluppa su un’area di 100.000 metri quadrati, e comprende, oltre alle aree espositive, anche una sala per incontri culturali, un laboratorio, un atelier di artigianato e, nel grande parco circostante, la riproduzione di un villaggio tradizionale Ainu. Upopoy, che in lingua Ainu significa “cantare in un grande gruppo”, intende fungere da centro della cultura Ainu e fornire uno spazio in cui conoscere la ricca varietà di costumi e tradizioni. Un patrimonio che è stato minacciato d’estinzione a causa di oltre un secolo di politiche di assimilazione e discriminazione coloniale perpetrate dal governo giapponese, che soltanto nel 2019 ha approvato l’Ainu Recognition Bill, un atto che sostituisce il primo riconoscimento legale di questo antico popolo, con lingua, credenze e costumi propri. “La funzione del museo è educativa e cerca di comunicare la cultura indigena Ainu. Da questo punto di vista, può costituire un ambito di dialogo e ricerca per correggere alcune opinioni fuorvianti su questo antico popolo”, spiega Mark Winchester, membro associato della Foundation for Ainu Culture, che è partner del progetto.

Uno scorcio di un antico villaggio Ainu ricostruito

Uno scorcio di un antico villaggio Ainu ricostruito

DISTENSIONE CULTURALE

Come si legge nella dichiarazione del direttore Shiro Sasaki, il Museo “cerca di sostenere la sua missione “di rispettare la dignità degli Ainu come popolo indigeno, promuovere la corretta conoscenza e comprensione della storia e della cultura Ainu in patria e all’estero e contribuire all’ulteriore sviluppo e la creazione di una nuova cultura Ainu”. All’esterno, il grande parco accoglie anche una sorta di memoriale, dove hanno trovato sepoltura i resti di decine di Ainu che nel tempo sono stati asportati dagli originali luoghi di sepoltura, a scopo di ricerca scientifica. “Gli antenati degli attuali Ainu sono stati trasferiti con la forza dai loro luoghi natii verso moderni insediamenti, poi quelli che nel frattempo sono deceduti sono stati esumati senza il consenso dei paraenti e nuovamente “deportati” nei centri di ricerca universitaria“, afferma Hiroshi Maruyama , fondatore del Center for Environmental and Minority Policy Studies.Resta infatti ancora aperta la dolorosa questione della restituzione di oltre 1.600 corpi o resti di corpi, prelevati da decine di siti sacri, e non ancora restituiti a causa di reticenze o lungaggini burocratiche. Tuttavia, “sebbene ci siano ancora alcune questioni da affrontare, siamo grati per gli sforzi compiuti per far rivivere la cultura Ainu pur in mezzo alla pandemia in corso”, ha spiegato Tadashi Kato della Ainu Association of Hokkaido.

Cacciatori Ainu, XIX Secolo. Brooklyn Museum, New York

Cacciatori Ainu, XIX Secolo. Brooklyn Museum, New York

GLI ARCOBALENI DELLA CULTURA ANUI

Il popolo Ainu, essenzialmente costituito da cacciatori e pescatori, è originario delle isole di Hokkaido e Sakhalin e dell’arcipelago delle Curili. Da questi territori, attorno all’anno 1000 piccoli gruppi migrarono verso la penisola di Kamchatka a nord, e la grande isola di Honshu a sud, e dopo un periodo di tranquillità, alla metà del XIII Secolo si spinsero nella Siberia continentale, insediandosi lungo il corso dell’Amur. Vissero indisturbati per secoli, a strettissimo contatto con la natura da cui traevano nutrimento per il corpo e per l’anima. Vennero tuttavia a contatto con l’espansionismo giapponese già nel Quattrocento, e sin da allora sottoposti a misure di assimilazione forzata. Le severe leggi di restrizione della pesca e della caccia, introdotte nel 1876 e mai abrogate, hanno inferto colpi durissimi alla sopravvivenza di questo popolo, che sorte non diversa conobbe in Russia, prima sotto il governo zarista e poi sotto quello comunista. Oggi, stime ufficiali abbastanza attendibili annoverano in Giappone circa 25.000 Ainu, che però hanno quasi del tutto persa la loro lingua. “Come risultato delle politiche di assimilazione, pochissime persone parlano ancora la lingua Ainu e tutti coloro che sono nati e cresciuti quando ancora era diffusa, sono morti a metà del XX secolo”, spiega Jeffrey Gayman, Professore della Facoltà di Media e comunicazioni dell’Università di Hokkaido. Qualcosa però, sembra sopravvivere ancora nei toponimi locali: il nome della città di Shiraoi, infatti, in lingua Ainu significa “arcobaleni”. Forse, un buon presagio per il futuro.

– Niccolò Lucarelli

ainu-upopoy.jp/
nam.go.jp/en/

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Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

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