È sempre interessante immergersi a 360 gradi nell’opera di un artista, soprattutto quando si tratta di una personalità complessa e poco nota come quella di León Ferrari (Buenos Aires, 1920-2013). Il Museo nazionale Reina Sofía ospita a Madrid la prima tappa di una grande retrospettiva che successivamente sarà allestita anche a Eindhoven, in Olanda, e a Parigi, al Centre Pompidou. Si tratta, forse, del primo doveroso omaggio all’artista argentino, di chiare origini italiane, che presenta in Europa la sua ampia e poliedrica traiettoria, tra attivismo umanitario, denuncia politica e critica alla società e alla religione. In mostra a Madrid anche La civiltà occidentale e cristiana, l’opera ‒ datata 1965 ‒ con la quale Ferrari si aggiudicò il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia nel 2007. Si tratta di una scultura policroma che ritrae Gesù Cristo crocifisso alle ali di un caccia statunitense, evidente critica alla guerra del Vietnam e sintesi della forza dissacratoria dell’artista, una costante nella carriera lunga sessant’anni.
METAMORFOSI DI LINGUAGGI E CRITICA POLITICA PER LEÓN FERRARI
Figlio del noto architetto Augusto Cesare Ferrari, ingegnere di professione e artista autodidatta, León Ferrari sfugge a qualunque classificazione per stile o tendenza. La sua arte è frutto di una continua metamorfosi, di una sperimentazione formale che dalla poesia visiva passa al pensiero per immagini, e privilegia il collage (non solo cartaceo) come strumento per la sovrapposizione di idee, espressione di concetti spesso antitetici. La vita privata e la produzione artistica di Ferrari sono strettamente legate, in un flusso continuo di problematiche sociali e di ossessioni ricorrenti, come la critica al Cristianesimo come sistema di dominazione e la difesa della civiltà laica. I materiali che impiega, invece, sono vari (dal gesso al cemento, dalla carta al legno o al filo di ferro), e i linguaggi disparati, dal disegno all’illustrazione, dalla scultura all’installazione, sfiorando spesso il limite della Pop art soprattutto nei gruppi assemblati con oggetti d’uso quotidiano.
La biografia di Ferrari è segnata da due eventi familiari dolorosi: la malattia della prima figlia, colpita da meningite tubercolare negli Anni Cinquanta, e la scomparsa del figlio Ariel, tra i tanti desaparecidos della dittatura argentina. Il soggiorno italiano, a Firenze, nel 1952, proprio per cercare una cura per la figlia malata, coincide con gli esordi artistici di León Ferrari, ispirato dall’arte classica e rinascimentale, ma stimolato anche dall’ambiente culturale toscano di quegli anni. Il lungo esilio in Brasile, tra il 1976 e il 1991, è il culmine invece del dramma di un padre che perde il figlio, rimasto in Argentina per manifestare il proprio dissenso contro il regime.
LE OPERE DI LEÓN FERRARI
La mostra di Madrid racconta per temi concettuali l’ampia e articolata produzione di Ferrari. Si intitola La bondadosa crueltad, frase tratta dal libro di poemi e collage che l’artista dedica nel 2000 al figlio morto. Senza strepiti né proclami, infatti, ma quasi con gentilezza, Ferrari si scaglia contro una società apatica che non denuncia i soprusi e tollera l’apparente normalità di ogni forma di violenza (soprattutto quella perpetrata in nome della religione cristiana). Non a caso, le immagini forti, drammatiche e talora irriverenti che ricorrono in molti dei suoi lavori sono state giudicate spesso blasfeme e hanno subito l’inevitabile censura non solo del governo argentino, ma anche della Chiesa cattolica, proprio durante il mandato di Bergoglio nella diocesi di Buenos Aires.
Ferrari pone il suo sguardo critico sulla storia e sulla cultura dell’Occidente, sviluppando un discorso critico complesso sul potere (civile e religioso) che non risparmia nessuno. Nella serie Rilettura della Bibbia (del 1985), riscrive iconograficamente i testi sacri, impiegando immagini dell’arte religiosa occidentale sovrapposte a immagini belliche o erotiche che non lasciano dubbi circa il messaggio esplicito di critica alla società contemporanea. Le sue Idee per l’Inferno sono contenute in una vetrina che, con un pizzico di humor nero, racchiude gli idoli della cristianità, sotto forma di statuine di gesso o di plastica, intrappolati tra utensili d’uso domestico. Il vero male è contenuto nella violenza legittima insita nella società e nei volti di chi lo perpetua nella storia. Il vero inferno è mentale e sta nell’intolleranza, nella fede cieca e inamovibile.
I DONI DELLA FAMIGLIA FERRARI AL REÍNA SOFIA
Il Reina Sofía espone inoltre per l’occasione una quindicina di opere che la famiglia Ferrari ha donato al museo: 15 collage, disegni, sculture e video originali e 219 copie uniche di oggetti e serie. Fra questi il Giudizio Finale (1994), che denuncia i limiti della giustizia terrena e divina attraverso un manifesto del Giudizio Universale di Michelangelo imbrattato letteralmente di escrementi di uccelli. Di grande impatto visivo, infine, la ricreata installazione La Giustizia/V Centenario della Conquista dell’America: su scaffalature sono esposte numerose bottiglie trasparenti piene di simboli dell’oppressione dei conquistadores e della violenza che continua a opprimere i popoli sudamericani di oggi. Una denuncia dell’apologia della tortura, della violenza illegittima che ciclicamente si ripete nella storia dell’uomo, tra la barbarie nascoste anche in nome della cultura.
‒ Federica Lonati
Madrid // fino al 12 aprile
León Ferrari ‒ La bondadosa crueltad
MUSEO NACIONAL REÍNA SOFIA
Calle Santa Isabel 52
https://www.museoreinasofia.es/en
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