Dal martedì grasso al mercoledì delle ceneri: un arco temporale ristretto, ma tanto basta a Pauline Curnier Jardin (Marsiglia, 1980) per riempirlo con le sue riflessioni antropologiche nelle quali si incrociano rituali, culti e stili, arcaicità e modernità, sacralità e kitsch. Un intervallo simbolico richiamato anche nel titolo, Fat to Ashes, della sua videoinstallazione proposta in qualità di vincitrice del Preis der Nationalgalerie 2019, nello storico atrio dell’Hamburger Bahnhof Museum für Gegenwart di Berlino. Per la prima personale in Germania (in Italia è in corso la sua mostra con Melanie Bonajo alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo per il progetto The Institute of Things to Come), costruisce, sotto le grandi arcate di ghisa dell’ex-stazione, un teatrino di materiale moscio come una grande torta a più piani, vagamente riconducibile a un Colosseo in stoffa, con tanto di drappi e sipario. Al suo interno, in una platea che accoglie i visitatori, va in scena uno spettacolo cinematografico ottenuto montando tre video, uno sulla festa religiosa in onore di Sant’Agata a Catania e i restanti sulla macellazione di un maiale e sul Carnevale di Colonia, vale a dire sacro e profano al massimo della rispettiva esuberanza visiva.
L’ARTE DI PAULINE CURNIER JARDIN
Un montaggio ruvido e una decostruzione dei singoli filmati assicurano all’eterogeneo plot una sorvegliata compattezza narrativa con cui l’artista affronta un tema dal retrogusto barocco. Carnevale e festività religiose tendono a fondersi per mostrarsi in analogie visive, in assonanza di pratiche, in eccessi emotivi e comportamentali che riguardano uno stesso realismo grottesco. Non nel senso indicato da Bachtin, che vedeva il Carnevale come ribaltamento dell’ordinario, strappo alla vita di tutti, sospensione dell’ordine sociale. Piuttosto, Curnier Jardin evidenzia, nelle tante facce della devozione popolare, una medesima ostentazione di gesti e di corpi in estasi, un’oscenità che si afferma nella sua sovrabbondanza pacchiana e pornografica. Questioni sostanziali della sua ricerca, già presenti nell’installazione Grotta Profunda Appronfundita, per la Biennale di Venezia nel 2017, che aveva dedicato alla mistica caverna di Lourdes dove la Santa Bernadette vedeva la Madonna.
LA MOSTRA A BERLINO
In Fat to Ashes, carne, cera, sangue, alcool, travestimenti, cibo, grasso e cenere, per l’appunto, invitano a riflettere non solo sulla natura delle pratiche collettive, ma di rimando sui temi dell’identità, del genere e della sessualità. Anche per questa ragione, parti integranti del lavoro audiovisivo sono da considerarsi le installazioni con i ceri benedetti della festa siciliana che cingono i pilastri della poderosa hall. Sono associati ai disegni che l’artista ha commissionato a sex worker, con organi genitali offerti come ex-voto e quanto ancora illustra la loro vita lavorativa, intesa come sacrifico del corpo per il benessere dell’altro. Con i dovuti e riverenti distinguo, esprimono una sofferenza assimilabile al martirio di Sant’Agata, costretta al taglio dei seni, dopo essere stata inutilmente avviata alla prostituzione, passaggio dovuto per chiudere il cerchio di questa aggiornata rappresentazione del binomio sacro/profano.
‒ Marilena Di Tursi
Berlino// fino al 19 settembre
Pauline Curnier Jardin ‒ Fat to Ashes
HAMBURGER BAHNHOF – MUSEUM FÜR GEGENWART
Invalidenstrasse 50-51
www.museumsportal-berlin.de/it/mostre/pauline-curnier-jardin
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