L’esposizione consacrata a Paul Signac (Parigi, 1863-1935), all’interno della fastosa cornice del museo Jacquemart-André, è senz’altro una delle grandi sorprese che ci riserva la riapertura dei musei parigini. Le tele, caratterizzate da un’assoluta armonia di luce e colore, si mescolano alla perfezione con gli ambienti e i decori dell’hôtel particulier di Boulevard Haussmann, le cui collezioni sono dedicate in gran parte al Rinascimento italiano.
L’effetto meraviglia, sia per il grande pubblico sia per gli esperti conoscitori, risiede nel fatto che coloro che crearono l’edificio e la sua incredibile collezione furono due tra i maggiori esponenti della grande borghesia dell’epoca, mentre l’artista Signac, più giovane ma loro contemporaneo, è ricordato per essere stato un anarchico controcorrente. Logico pensare, quindi, che i tre non solo non si incontrarono mai, ma che nemmeno si sarebbero mai reciprocamente apprezzati. L’ideologia libertaria promossa dall’artista si sarebbe male accordata allo stile di vita lussuoso dei coniugi André, appartenenti a un milieu sociale diametralmente opposto, se non assolutamente divergente e antagonista.
LA STORIA DI PAUL SIGNAC
Da questa curiosa e riuscita armonia di contrasti, che pure caratterizza le opere esposte, nasce una grande esposizione, visitabile fino al prossimo 19 luglio, in cui si rintracciano la vita di Signac, la sua evoluzione stilistica e insieme la storia e le diverse sfaccettature del Neoimpressionismo. Presenti anche le opere degli amici, come Georges Seurat, Camille Pissarro, Maximilien Luce, Henri-Edmond Cross, considerati tra i più emblematici rappresentanti di questo movimento artistico.
Il percorso di visita si snoda cronologicamente attraverso otto sale: si inizia con il post-Impressionismo e si prosegue con la nascita del Neoimpressionismo, passando per gli acquerelli per poi giungere alla liberazione totale del colore.
Pittore, teorico e presidente degli Indipendenti dal 1908 al 1934, Signac fu anche un vero capobanda di tutti quegli artisti e critici che lo seguirono nei suoi combattimenti artistici, politici e sociali. In parallelo alla sua pratica creativa, fu promotore di un’ampia diffusione della tecnica sulla divisione dei toni. Un impegno che gli valse il soprannome di “San Paolo del Neoimpressionismo”, attribuitogli da Thadée Natanson, fondatore della Revue Blanche, pubblicazione letteraria e artistica di sensibilità anarchica.
SIGNAC E L’ARTE
Nel 1880, dopo aver visitato la prima mostra personale di Claude Monet, l’artista decise di divenire pittore, iniziando da autodidatta alla maniera impressionista. Quattro anni dopo, partecipò alla creazione della Società degli artisti indipendenti, uniti dalla volontà di creare un Salone annuale “senza giuria e senza ricompensa”. Proprio in questo contesto, conobbe “il profeta” Georges Seurat e insieme si interessarono ai lavori del chimico Eugène Chevreul, riguardanti la percezione dei colori. Nel corso dell’inverno 1885-86 Seurat fu il primo ad applicare il principio della divisione dei colori puri, giustapponendo dei piccoli tocchi sulla tela e lasciando all’occhio dello spettatore il compito di compiere la fusione ottica. L’aggettivo “neoimpressionista” fu coniato poco dopo da Félix Fénelon, nel settembre 1886.
SIGNAC E L’ARMONIA
Nella vita, come nella sua arte, Signac ha sempre ricercato l’armonia. Questa indagine è ravvisabile nelle sue opere nel corso degli anni, dalle sue tele della gioventù influenzate dall’Impressionismo di Monet alle armonie colorate della sua maturità. L’artista non ha mai smesso di esplorare le infinite possibilità del colore, orchestrando sempre più liberamente le sue composizioni, così da essere definito il “pittore dell’acqua, del colore e della luce”. Soprattutto dopo il 1895, la sua arte evolse nel senso di una liberazione cromatica che si sprigiona sempre più nettamente dal motivo osservato, allontanandosi progressivamente dal naturalismo. “Bisogna essere liberi di ogni idea di imitazione e di copia e […] bisogna creare delle tinte”, scrisse nel suo diario in occasione di un viaggio a Londra nel 1898. Il suo orizzonte finale rimase, dunque, questa famosa armonia alla quale s’ispirò e che donò il titolo alla sua opera più allegorica, descrivendo chiaramente un’utopia anarchica, pacifista e progressista.
Quello ideato dal Jacquemart-André è un viaggio entusiasmante, carico di stupore, che invita la mente a ripercorrere alcuni dei luoghi tanto amati dall’artista, come Venezia e i grandi porti d’Europa, intesi come fonti d’ispirazione e scenario di giorni felici. Nel 1892, a proposito di Saint-Tropez, Paul Signac scrisse alla madre: “Ho qui ogni cosa per lavorare durante tutta la mia esistenza ‒ è la felicità che ho scoperto”.
‒ Arianna Piccolo
Parigi // fino al 19 luglio 2021
Signac, les harmonies colorées
MUSÉE JACQUEMART-ANDRÉ
158 boulevard Haussmann
www.musee-jacquemart-andre.com
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati