La mostra che ripercorre il difficile legame tra Picasso e la Francia
La mostra allestita al Musée de l’Histoire de l’Immigration di Parigi approfondisce il rapporto conflittuale di Picasso con la Francia. Per oltre quarant’anni l’artista spagnolo fu considerato uno straniero e un uomo sospetto
L’impressione è che tutto sia stato detto su Pablo Picasso (Malaga, 1881 – Mougins, 1973) e che nessun’altra opera abbia suscitato tanto clamore, dibattiti e polemiche. Ma in pochi, ancora oggi, conoscono gli ostacoli che si presentarono sulla strada di questo giovane artista, che arrivò a Parigi nel 1900 senza parlare una parola di francese. In che modo Picasso si ambientò in questa metropoli moderna? Come visse le sue prime amicizie e i suoi primi successi? Perché nel 1940, quando era già celebre in tutto il mondo, la sua domanda di naturalizzazione francese fu rifiutata?
Prendendo spunto da un’inchiesta condotta dalla storica Annie Cohen-Solal, esposta nel libro Un étranger nommé Picasso, il Musée de l’Histoire de l’Immigration volge uno sguardo radicalmente nuovo sull’artista, mettendo in luce il legame tra la storia politica e la sua opera.
LA MOSTRA SU PICASSO, LO STRANIERO
Disegni, sculture, tappezzerie, documenti d’archivio raccontano la traiettoria dell’artista più celebre del XX secolo, dal punto di vista dei suoi rapporti contrastanti con la Francia. Per Annie Cohen-Solal esiste infatti un “paradosso Picasso”. Quello di un uomo che, già dall’anno successivo al suo trasferimento, è preso di mira dalla polizia. Di un artista che suscita l’interesse degli americani dal 1911 ma che dovrà aspettare il 1932 per esporre la sua opera alla galerie Georges Petit di Parigi. Infine, il paradosso di un cittadino che si vede rifiutare la nazionalità francese, dopo aver vissuto quarant’anni in Francia, ma che lavorò fino alla sua morte per contribuire al prestigio del suo Paese d’adozione.
I documenti proposti indagano in che modo la situazione esistenziale di Picasso straniero in Francia abbia condizionato la sua opera artistica e come questa condizione di straniero fu da motore per la sua creatività. Sei anni di ricerca nei fondi d’archivio hanno permesso di svelare le anomalie e gli scandali che hanno interessato un Paese dalle istituzioni obsolete, scosso da ondate di xenofobia fino al 1945.
PICASSO E LA POLIZIA
Dal giugno 1901, momento della sua prima mostra alla galleria Vollard, la polizia crea un fascicolo contro l’artista spagnolo, definendolo un anarchico. Per oltre quarant’anni, nelle amministrazioni francesi egli sarà percepito come un intruso, uno straniero, un uomo di estrema sinistra, un artista d’avanguardia. Tutte cose di cui lui non parlò mai a nessuno, ma che segnarono indubbiamente il suo quotidiano. Anche la domanda di naturalizzazione gli fu rifiutata perché considerato un uomo sospetto. Nel fascicolo si legge che l’artista era stato ospitato da un anarchico, sposato con una russa e che aveva anche lavorato per un mercante di quadri ebreo e tedesco. E, cosa ancora più intollerabile, aveva promesso di lasciare in eredità la sua collezione alla Russia comunista. “È una maniera singolare di ringraziare la Francia che lo ha accolto e, nelle attuali circostanze, la sua condotta è perlomeno sconveniente”, conclude il poliziotto nella nota dei Renseignements généraux.
LA STORIA DI PICASSO IN FRANCIA
Il percorso della mostra si snoda in cinque sale, dall’arrivo di Picasso a Parigi, dove raggiunse a Montmartre la colonia di compatrioti catalani, fase caratterizzata da opere i cui protagonisti sono i più emarginati, come barboni e prostitute, fino ai saltimbanchi del periodo blu e rosa.
Si passa poi ai circoli dell’avanguardia, segnati dall’amicizia con Max Jacob, Apollinaire e i collezionisti Leo e Gertrude Stein. Con l’invenzione insieme a Braque del Cubismo arrivano anche le prime pesanti critiche alle sue opere, in particolare quando alcuni deputati definirono la sua arte spazzatura.
Dopo Guernica, Picasso si dichiarò apertamente dalla parte dei Repubblicani spagnoli e quel momento coincise con la sua domanda di naturalizzazione, poi rifiutata. Anche se famoso, egli rappresentava, infatti, “l’archetipo della minaccia” perché ricco, celebre, indecifrabile, incontrollabile e cosmopolita, come afferma Annie Cohen-Solal. Conquisterà, quindi, la Francia a partire dal 1944 con l’adesione al Partito Comunista e solo nel 1958 gli fu concessa la nazionalità francese. L’artista aveva 77 anni e decise di rifiutarla.
LA FRANCIA E L’IMMIGRAZIONE
La storia di Picasso è un ottimo pretesto per analizzare il rapporto tra la Francia e i suoi immigrati. L’ultima parte della mostra e il catalogo invitano, infatti, a una riflessione sugli insegnamenti contemporanei che questo racconto suggerisce, nel momento in cui la ricchezza culturale degli scambi migratori è fortemente messa in causa.
La Francia si interroga, oggi più che mai, non solo sulle vicende e gli strascichi legati al suo passato coloniale, ma anche sul suo rapporto con lo straniero, tra passato e presente. Non a caso, quindi, alcune personalità e artisti di origine straniera troveranno posto, a partire dall’autunno 2022, nella futura esposizione permanente del Museo Nazionale della Storia dell’Immigrazione.
‒ Arianna Piccolo
Parigi // fino al 13 febbraio 2021
Picasso l’étranger
MUSÉE NATIONAL DE L’HISTOIRE DE L’IMMIGRATION
293, avenue Daumesnil
www.histoire-immigration.fr
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