Ucraina, la testimonianza della Fondazione Izolyatsia di Donetsk. Anche gli artisti sono a rischio
Il 'riconoscimento' delle province del Donetsk e del Luhansk e la successiva invasione russa dell'Ucraina, con bombardamenti e attacchi coordinati, stritolano il Paese in una morsa d'acciaio. Intanto si levano le voci di supporto da parte di artisti, attori e direttori da tutto il mondo, Italia compresa.
“A seguito del riconoscimento illegale e dell’ingresso di truppe regolari della Federazione Russa in parti delle regioni di Donetsk e Luhansk, gli abitanti di questi territori si trovano in un gigantesco campo di concentramento, simile alla prigione Izolyatsia“. A gridare l’allarme è l’associazione culturale che a questa prigione deve il proprio nome, la Fondazione Izolyatsia, una piattaforma fondata nel 2010 a Donetsk e trasferitasi a Kiev dopo la guerra del 2014, pur mantenendo il proprio focus sulla regione del Donbass. Gli artisti ucraini si stringono ora gli uni attorno agli altri, chiedendo all’occidente di intervenire con più coraggio in loro supporto e dando man forte per la difesa del territorio.
A questo proposito, l’artista che rappresenterà l’Ucraina al padiglione della Biennale di Venezia questa primavera, Pavlo Makov (nato in Russia ma cittadino ucraino), ha detto ad Artnet di aver messo a disposizione i fondi della vendita di una sua opera per acquistare protezioni e armi e che lui, come molti artisti ucraini, ha interrotto i legami con la federazione dopo l’invasione di otto anni fa. L’attitudine è la stessa di un gruppo di artisti intervistato da Deutsche Welle: il poeta e scrittore Serhij Zhadan, ha ricordato come siano “prima di tutto cittadini, non artisti. Sosteniamo il nostro esercito, tutti i miei colleghi vanno al fronte come volontari“, mentre lo scrittore Andrei Kurkov si chiede dove siano le voci degli artisti europei in questo momento di bisogno.
I SOGGETTI A RISCHIO MAGGIORE IN UCRAINA: ARTISTI, GIORNALISTI E ATTIVISTI
La Russia – avevano avvertito gli Stati Uniti, con una lettera formale all’ONU – avrebbe pronta da tempo una lista di cittadini ucraini da imprigionare o uccidere con il procedere dell’invasione, con (stando al New York Times) annesse previsioni di torture e rapimenti. I target sarebbero attivisti anti-russi e anticorruzione – inclusi dissidenti russi e bielorussi con base in Ucraina – come anche giornalisti, membri di minoranze etniche/religiose e della comunità LGBTQ e gruppi di artisti e musicisti che fin dalla prima invasione boicottano culturalmente la vicina federazione.
Artisti e galleristi russi, intervistati da The Art Newspaper, cercano di difendersi dalle accuse di stare abbandonando i colleghi in un momento cupo: “La maggior parte delle persone nella scena artistica contemporanea russa non sostiene la svolta reazionaria né le azioni militari, ma a causa del controllo rigoroso della sfera pubblica è difficile esprimere il disaccordo“, dice Dmitry Vilensky, membro del collettivo artistico russo Chto Delat, le cui parole sono confermate dal diktat del teatro Mayakovsky della capitale, che ha intimato a tutti i propri dipendenti di non esprimersi sull’accaduto. Gli fa eco Ekaterina Iragui, gallerista con sede a Mosca: “È molto grave, specialmente per il popolo ucraino, ma è miope associare l’intera scena artistica russa a ciò che il governo sta facendo“. Proprio per esprimere questo dissenso, si è dimessa la direttrice del teatro e centro culturale moscovita Vsevolod Meyerhold, Elena Kovalskaya, mentre il direttore musicale della Filarmonica di Praga, Semyon Bychkov, ha detto: “Non possiamo restare in silenzio guardando la storia che si ripete come nel 1956, 1968 e oltre. I portatori di morte e distruzione devono essere considerati responsabili e respinti“.
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IL SUPPORTO DAL MONDO DELLE ARTI
“Un attacco all’Ucraina è un attacco a tutti noi, a tutta l’umanità. Deve essere fermato”: Marina Abramovic si espone in difesa del Paese, affiancando l’esperienza ucraina di ponte tra Est e Ovest a quella jugoslava da lei vissuta in prima persona. “Ho lavorato in Ucraina l’anno scorso: sono persone forti, coraggiose, piene di dignità. Hanno tutta la mia solidarietà in questo giorno impossibile”. L’attore e regista Sean Penn si è intanto diretto a Kiev per incontrare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky: stando all’ufficio presidenziale, Penn – che già aveva trascorso del tempo in Ucraina lo scorso novembre per incontrare le forze ucraine – è lì per realizzare un documentario con cui “dire al mondo la verità sull’invasione russa […] Il nostro Paese gli è grato per una tale dimostrazione di coraggio e onestà“.
In Italia, il Teatro alla Scala di Milano e il sindaco della città Giuseppe Sala hanno chiesto al direttore d’orchestra russo Valery Gergiev (noto per essere vicino al presidente russo Vladimir Putin), di prendere le distanze dall’attacco armato, pena l’interruzione della collaborazione per la direzione de La dama di picche di Čajkovskij. L’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, invece, ha appena firmato un accordo di mobilità con l’Accademia di Belle Arti ed Architettura di Kiev, nell’ambito del programma Erasmus +: lo scambio, pianificato da mesi e chiuso in queste ore drammatiche, è stato “fortemente voluto” dall’Accademia torinese, “sia per l’importanza dell’Ucraina in una dimensione europea che per solidarietà con il difficile momento che sta attraversando, e perché convinta che l’arte sia un formidabile strumento di pace e riconciliazione“.
– Giulia Giaume
Articolo aggiornato il 25 febbraio 2022.
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