Rappresentare le nuvole ha avuto per secoli molteplici funzioni: orientare lo spazio, alludere alla trascendenza, testimoniare capriccio e varietà del reale, fino a diventare per i cloud worshipper, Turner, Constable e compagnia, così designati da Ruskin, una magnifica ossessione per approdare al sublime. Se in epoche più recenti, con minori appesantimenti simbolici, la nuvola si è sottratta progressivamente a implicazioni divinatorie, a interrogazioni sul futuro, oggi che il cloud identifica la nostra era digitale, a quali associazioni possiamo legarla?
Risponde alla domanda la collettiva Songs of the Sky Photography & The Cloud al C/O Berlin, curata da Kathrin Schönegg, con contributi che affrontano il tema dalla parte della fotografia.
NUVOLE E TECNOLOGIA
Del resto, il titolo della mostra riprende quello dell’omonima raccolta (collocata all’inizio dell’esposizione), che Alfred Stieglitz realizzò nel 1922 fotografando immagini di nuvole, vorticose e astratte, rappresentative del suo personale registro di emozioni. Songs of the Sky, per l’appunto, serie poi diventata famosa con il nome Equivalent che contribuiva anche concettualmente a smarcare la fotografia dal suo obbligo verso il reale, per orientarla su contenuti non referenziali. A un secolo di distanza, offre lo spunto per discutere della fotografia in rapporto alla digitalizzazione e alle sue conseguenze insieme ad artisti che, con scarti ironici e ispirate intuizioni, indagano la nuvola tecnologica, ossia le strutture di rete al servizio della quotidianità.
GLI ARTISTI E LE NUVOLE
Ne sono un esempio le nuvole selezionate dal duo coreano Shinseungback Kimyonghun (al secolo Shin Seung Back e Kim Yong Hun), con lo scopo di rintracciarvi i tratti somatici di noti personaggi o di creature mitologiche facilmente riconoscibili. Alla base del repertorio, però, non agiscono più fantasia e immaginazione degli artisti, ma algoritmi di un programma di riconoscimento facciale in grado di far scattare l’otturatore ogni volta che rileva figure utili alla causa. Stefan Karrer esamina i nessi tra immagini e linguaggio mostrando direttamente il desktop del suo PC che sciorina nuvole trovate sul web, classificate in cartelle e presentate singolarmente da una voce femminile generata dal computer. Le descrive con un tono anodino e meccanico tale da inficiarne peculiarità e differenze.
Noa Jansma, invece, le nuvole le vende, nel progetto Buy Cloud che trasforma i fenomeni naturali in risorse sfruttabili. Chiunque può comprare una nuvola, seguendone in tempo reale il movimento nel cielo, e rilevandola con il codice QR che indirizza su una piattaforma di e-commerce (sviluppata con Michael Tjia) per rifinire le procedure d’acquisto. Studi recenti affermano che, con l’aumento delle emissioni, i cumuli nuvolosi scompariranno in 100-150 anni e, dunque, la proposta dell’artista olandese tesaurizza la memoria di cieli prossimi a fatali alterazioni.
LA MOSTRA SULLE NUVOLE A BERLINO
La nuvola può essere un segno dell’ipertrofismo capitalista e per questo Mario Santamaria scarica da Internet grafici di nuvole comunemente utilizzati per la raccolta dati. Dalle infinite varianti morfologiche in uso elimina i contenuti e isola il disegno del perimetro, affinché cessino di essere modelli di business, e si esibiscano solo come innocue e infantili nuvolette, depurate dal peso del cloud computing, co-responsabile di cambiamenti climatici e geopolitici.
Il tema messo a fuoco dalla mostra apre dunque variegate e sferzanti riflessioni sul presente, non del tutto esaurite ma opportunamente colte dagli artisti. Resta da chiedersi, non abitando più il cielo e la terra ma Google Earth e il cloud e avendo smesso da tempo di vivere il reale (Byung-Chul Han docet), fino a quando, volgendo lo sguardo in su, saremo disposti a ritenere una nuvola solo una massa di vapore sospesa nell’aria?
‒ Marilena Di Tursi
Berlino // fino al 21 aprile 2022
Songs of the Sky Photography & The Cloud
C/O BERLIN AMERIKA-HAUS
Hargenbergstrasse 22-24
https://co-berlin.org/en
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