È possibile che un oggetto porti con sé, attraversando gli oceani, le terre, nonché i secoli, una sorta di “aura” capace di trasmettere ancora oggi un messaggio forte, immediatamente percepibile? Chi visita la mostra Power & Prestige probabilmente risponderebbe: “Eccome, se è possibile!”. A Palazzo Franchetti, a Venezia, è stata riunita per la prima volta una serie eccezionale, per quantità e per qualità, di bastoni del comando provenienti dall’Oceania, manufatti ancora in gran parte misteriosi, come dichiara Inti Ligabue, presidente della Fondazione Giancarlo Ligabue che ha promosso l’esposizione: “Non capiamo ancora fino in fondo i loro messaggi, né i simboli che li adornano, ma appaiono straordinari per le loro fattezze; opere d’arte frutto di creatività, per rituali che riflettono antiche credenze. Le storie che ci potranno narrare, dando loro nuova voce, sapranno condurci con rispetto attraverso l’Oceano, spiegando le vele della conoscenza”. Forse la suggestione nasce proprio dal mistero, ma quelle strane opere sembrano davvero emanare “potere e prestigio”.
TRACCE DAL QUINTO CONTINENTE A VENEZIA
Sono decine di migliaia le isole sparse nell’Oceano Pacifico che compongono il cosiddetto “Nuovissimo Continente” o “Oceania”. Isole come Rapa Nui, Samoa, Tonga, Marianne e Marshall, e poi Tahiti, Guam sono state raggiunte dagli esseri umani in epoche diversissime e poi divenute meta di conquista da parte degli europei, i quali da un lato le hanno mitizzate come un Eden e dall’altro hanno trattato gli abitanti come soggetti da dominare, anche e soprattutto culturalmente. Di quelle culture indigene è infatti rimasto ben poco, le tradizioni sono state spesso ripudiate dalle comunità locali convertite dai missionari, e oggi i preziosi simboli del comando protagonisti della mostra (ben 126) sono di difficile lettura.
Ne è andata persa la memoria che li collegava ai loro usi effettivi, e solo grazie alle ricerche di appassionati studiosi è ora possibile cercare di interpretare le loro funzioni e le raffinate decorazioni. Alcuni di questi bastoni scolpiti rappresentavano vere e proprie armi, dall’aspetto decisamente minaccioso, ma il più delle volte la destinazione era un’altra: potevano simboleggiare la divinità, essere degli status symbol, o pregiati oggetti di scambio o ancora accessori per le esibizioni rituali. Le diverse tipologie – dalle mazze agli scettri cerimoniali, dalle lance alle clave ‒, i materiali scelti per realizzarli – legni e ossa di mammiferi marini, pietre e conchiglie ‒, le decorazioni minuziose, le forme straordinarie elaborate per adattarsi a danze e parate si lasciano scoprire man mano che ci si addentra nelle sale della mostra, accompagnati da un sottofondo sonoro che coinvolge in un’atmosfera lontana e sconosciuta.
NUOVE SCOPERTE SUI BASTONI DEL COMANDO
Molto resta ancora da decifrare di questo mondo “cancellato”, ma gli studi si moltiplicano e la conoscenza sui bastoni del comando dell’Oceania man mano si amplia. Di recente sono ad esempio emersi nuovi risultati da un test al radiocarbonio effettuato su un antico bastone del comando proveniente dalle isole Fiji, da cui questo giunse in Europa probabilmente nella metà dell’Ottocento. Insolitamente grande (134 centimetri di lunghezza) e ricoperto di una patina scura, il “Kinikini” veniva datato tra gli inizi del XVIII e del XIX secolo, mentre l’indagine scientifica ha dimostrato che l’albero da cui è stato ottenuto è morto tra il 1491 e il 1638 d.C.
Il bastone potrebbe quindi avere un’età compresa tra i 380 e i 530 anni circa. Il curatore della mostra, Steven Hooper, sottolinea inoltre che potrebbe essere un’antica reliquia di importanza rituale e non solo un’arma ottocentesca: “Sappiamo dai resoconti scritti del XIX secolo che questi manufatti erano fissati all’interno dei tetti di paglia dei templi come offerte dedicate agli dei delle Fiji. Sappiamo anche che nei templi si tenevano accese le lampade a olio di noce di candela e che gli oggetti importanti venivano periodicamente oliati e lucidati durante i rituali”. Ecco allora che Power & Prestige diventa l’occasione per il primo studio sistematico su queste opere e getta una nuova luce sulle affascinanti culture dei “mari del Sud”.
‒ Marta Santacatterina
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati