L’arte come mezzo di guarigione sociale. La mostra di Guadalupe Maravilla in Norvegia

Esilio, malattia, migrazione, guarigione e identità sono al centro della pratica artistica di Guadalupe Maravilla, che unisce la cultura sudamericana precolombiana a quella contemporanea. La mostra allestita presso l’Henie Onstad Kunstsenter di Høvikodden esalta la natura “primitiva”, sciamanica ed evocativa di opere dal profondo significato sociale

Per cambiare il mondo è necessario cambiare se stessi, cambiare il proprio modo di relazionarsi con gli altri, cambiare le abitudini di utilizzo delle risorse che abbiamo a disposizione. È un percorso di formazione e di guarigione, di affrancamento da pratiche massificanti e destabilizzanti, nell’ottica di un ritorno all’armonia con la natura.
Come afferma Guadalupe Maravilla (El Salvador, 1976), “ora che ho imparato a guarire me stesso, devo insegnare agli altri come guarire se stessi”. E, per farlo, prende le mosse dalla sua personale esperienza di paziente oncologico uscito dalla malattia anche grazie al ricorso a pratiche tradizionali di medicina naturale centro-americana. Infatti, all’ispirazione che gli viene dall’esperienza personale, Maravilla affianca l’indagine della tradizione e della mitologia precolombiane e della memoria collettiva, e il risultato di questo articolato processo creativo sono le monumentali sculture della serie Disease Throwers, che in parte ricordano le surreali architetture biomorfe di Anish Kapoor, ma che in realtà hanno un profondo significato spirituale. Al centro di ognuna di esse c’è un gong (che l’artista suonerà nel corso di alcuni appuntamenti performativi nell’arco della mostra); un elemento che amplia la possibilità di fruizione dell’opera d’arte: il gong ha un suono affascinante, misterioso, avvolgente e inquietante insieme, apre la mente alla vastità dell’universo e fa sentire l’individuo infinitamente piccolo e umile di fronte al cosmo e alla natura. In un senso più ampio, adatto alla nostra caotica modernità, guarire significa disintossicarsi dal rumore, dallo stress, dalla rabbia, dall’odio, dalla magniloquenza, dal cibo-spazzatura, riappropriandosi del proprio corpo e della propria mente. In dialogo filologico con Disease Throwers, la serie dei Retablos racconta, attraverso personali ex voto artistici e autobiografici, il percorso di guarigione dal cancro dello stesso Maravilla, con precisi riferimenti ai benefici della medicina tradizionale. Questo racconto per immagini diventa un’esperienza di guarigione collettiva, rituale e meditativa, ma dà anche la misura di un artista che si racconta senza barriere, e che chiede e accetta il confronto con gli altri.

Guadalupe Maravilla, Requiem for a border crossing #1, 2020, dalla serie Tripa Chuca. Photo Christian Tunge – Henie Onstad Kunstsenter

Guadalupe Maravilla, Requiem for a border crossing #1, 2020, dalla serie Tripa Chuca. Photo Christian Tunge – Henie Onstad Kunstsenter

MARAVILLA CONTRO LE BARRIERE SOCIALI

La società contemporanea non soffre per le sole malattie fisiche; ci sono anche le piaghe sociali che a loro volta generano povertà e immigrazione. Nel Salvador della guerra civile, Maravilla fu costretto a lasciare il Paese ad appena 8 anni, ed entrò negli USA come minore non accompagnato. Le opere della serie Tripa Chuca parlano di identità e di percorsi imposti dalle difficoltà dell’esistenza: ispirate nel titolo a un gioco tradizionale salvadoregno che i migranti praticavano durante il loro triste cammino, il loro immaginario iconografico si rifà a un antico codice sudamericano, il Codex Azcatitlan, rielaborando il quale Maravilla realizza mappe immaginarie di percorsi imprevisti, e spesso nemmeno voluti. Sulla sua pelle ha infatti vissuto come sia difficile l’inserimento in un Paese straniero, a causa degli ostacoli burocratici ma anche della mentalità altrui davanti allo “straniero”. A Tripa Chuca fa eco la serie Embroideries, opere a prima vista poetiche e delicate, in realtà precisi richiami metaforici alle durissime condizioni dell’accoglienza dei migranti sudamericani negli USA, tramite il cosiddetto US Immigration and Customs Enforcement. Per meglio apprezzare queste opere è utile conoscere un retroscena: quando nel 2020 New York era suo malgrado il centro della pandemia negli USA, Maravilla si è speso in prima persona per portare soccorso a quei migranti privi di documenti ‒ e quindi privi di qualunque assistenza ‒, donando loro cibo e denaro. Un gesto concreto di solidarietà, che rende le sue opere ancor più apprezzabili in quanto intellettualmente oneste.

Guadalupe Maravilla. Exhibition view at Henie Onstad Kunstsenter, Oslo 2022. Photo Christian Tunge – Henie Onstad Kunstsenter

Guadalupe Maravilla. Exhibition view at Henie Onstad Kunstsenter, Oslo 2022. Photo Christian Tunge – Henie Onstad Kunstsenter

LA TRADIZIONE COME STRUMENTO DI LOTTA

Al centro di questa ampia riflessione sociale c’è la natura come “farmacia” del corpo e dell’anima; il titolo della mostra, Sound Botánica, si ispira a quei piccoli negozi che in Sudamerica vendono erbe e altre medicine tradizionali oltre a candele, incensi e altri oggetti e dove farmacopea e spiritualità mantengono un certo sincretismo. Su questi presupposti, l’arte di Maravilla scava negli atavici riti tribali centro-americani, vi prende ispirazione per essere a sua volta un rito, un mezzo per esorcizzare la malattia, la solitudine, la perdita di qualsiasi speranza. Una mostra importante, soprattutto dal punto di vista sociale, che non ha remore nel lanciare un messaggio verso un ritorno a quell’identità umana fatta di solidarietà, rispetto, cooperazione, accoglienza, che a sua volta si traduce in liberazione da quel malessere che, da quasi due secoli, affligge la società del cosiddetto “Nord”. Guardando quindi a “Sud”, il concetto di “cura” diventa un concetto politico, un’azione per cambiare usi, costumi e mentalità, per “tornare indietro” e rifiutare le imposizioni del sistema industrial-consumistico. Perché paradossalmente la rivoluzione, prima ancora che scendendo in strada, la si fa guardandosi dentro, cambiando le proprie abitudini alimentari, e, in definitiva, il proprio atteggiamento verso il mondo. Se il messaggio di Guadalupe Maravilla, e altri artisti come lui, riuscirà a passare, forse per il futuro dell’umanità sarà ancora lecito sperare in qualcosa.

Niccolò Lucarelli

Høvikodden // fino al 7 agosto 2022
Guadalupe Maravilla ‒ Sound Botánica
HOK – HENIE ONSTAD KUNSTSENTER
Sonja Henies vei 31
http://hok.no/

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Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

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