Un filantropo visionario che come primo passo per rendere migliore il mondo aveva deciso di fotografarlo e filmarlo. Albert Kahn (Marmoutier, 1860 – Boulogne-Billancourt, 1940) è stato un banchiere dalle notevoli fortune (fino al crack finanziario del 1929) che ha trasformato la sua residenza a Boulogne-Billancourt, alle porte di Parigi, in un campus, un laboratorio di idee e sperimentazioni che guardavano lontano, al mondo intero, principalmente attraverso il suo progetto degli Archives de la Planète, un inventario visivo di oltre cinquanta Paesi del mondo nei primi decenni del Novecento.
IL MUSEO DISEGNATO DA KENGO KUMA
Ora questo immenso archivio di 72mila immagini scattate con la tecnica dell’Autochrome, 4mila in stereoscopia e 180mila metri di pellicola hanno un nuovo contenitore, il museo dipartimentale Albert Kahn, inaugurato nell’aprile scorso su progetto dall’architetto giapponese Kengo Kuma. Il cantiere, durato sei anni, ha portato alla realizzazione di un nuovo edificio di 2.300 metri quadrati e al restauro degli otto edifici preesistenti distribuiti sui quattro ettari del giardino suddiviso in sette scenari paesaggistici (giardino giapponese, inglese, francese, foresta dei Vosgi…), parte integrante del progetto umanista del banchiere di origini alsaziane.
L’iniziativa di rinnovare gli spazi e di farne un museo dotato delle più aggiornate tecniche espositive è partita dal Dipartimento Hauts-de-Seine, che dal 1968 è proprietario del sito e delle collezioni. L’investimento complessivo è stato di 60 milioni di euro per il progetto di restauro e costruzione del nuovo edificio, 1,4 milioni di euro per l’allestimento scenografico e 400milano euro per l’esposizione inaugurale Autour du Monde.
L’ESPOSIZIONE AL MUSEO ALBERT KAHN
Il percorso espositivo permanente, che si sviluppa su una superficie di circa mille metri quadrati fra vari edifici – il principale e quelli disseminati nel giardino –, permette di comprendere la complessità degli interessi di Albert Kahn, che spaziavano dall’etnografia alla geografia, dalla botanica alla fotografia.
Il nuovo edificio di Kengo Kuma è stato pensato per contenere quello che viene definito “il mondo di Albert Kahn“: si fa conoscenza con il personaggio, con i suoi ospiti (personaggi della politica, della cultura, dello spettacolo, fra cui 21 premi Nobel) e si ha modo di esplorare i materiali fotografici e i filmati raccolti in giro per il mondo nel corso degli oltre vent’anni di attività del suo progetto più ambizioso, Les Archives de la Planète (1909-1931).
Durante questo lasso di tempo, Kahn fa uscire sul terreno, in Francia, in Europa, negli altri continenti, una dozzina di operatori (fotografi e cineasti) per documentare usi e costumi, eventi e personaggi. Un’organizzazione che in qualche modo si avvicina a quella messa in atto qualche anno prima dai fratelli Lumière, con la loro vasta rete di cineoperatori. Ma in questo caso l’intento non è commerciale ma documentario e, per dare maggiore rigore alle aspirazioni del progetto, dal 1912 viene nominato come direttore scientifico Jean Brunhes (1869-1930), professore universitario e padre fondatore della geografia umana. L’obiettivo per Kahn “è di fissare una volta per tutte degli aspetti, dei modi di comportamento e di attività umane la cui fatale scomparsa non è che questione di tempo“.
GLI ARCHIVI DEL PIANETA DI ALBERT KRAHN E JEAN BRUNHES
Un progetto che non avrebbe potuto produrre i risultati ora visibili senza la disponibilità del primo supporto industriale per la fotografia a colori, l’Autochrome. Inventato nel 1903 dai fratelli Lumière e commercializzato a partire dal 1907, è stato il supporto più utilizzato dagli operatori degli Archivi del Pianeta, mentre i cineoperatori hanno utilizzato prevalentemente pellicole in nitrato di cellulosa di formato 35 mm. Parigi, vista con il taglio dell’attualità sociale e politica, costituisce il soggetto di circa la metà del girato (44%).
L’impatto scenografico di questo grande spazio dedicato al mondo di Albert Kahn è organizzato attorno al muro-inventario, una immersione visiva nelle immagini della collezione che sono riprodotte con il loro formato originale (9 x 12 cm) e retroilluminate. Un muro di più di 2mila immagini che segue l’inventario della collezione, partendo dalla prima fotografia registrata nell’archivio.
Albert Kahn e Jean Brunhes fornivano indicazioni precise agli operatori: fotografare e filmare la vita quotidiana: trasporti, vita di strada, modo di alimentarsi, feste, rituali. Il materiale raccolto avrà una diffusione relativamente privata: Kahn invita i suoi ospiti privilegiati a Boulogne-Billancourt per delle sessioni di proiezione che hanno luogo in due sale capaci di ospitare fino a trentatré persone. Per contro, Jean Brunhes utilizza il materiale per le sue lezioni al Collège de France e nel corso di convegni e incontri in Francia e all’estero. Il nuovo percorso di visita del museo prevede una sosta nel Cabinet de projection, uno degli edifici restaurati nel giardino, dove per qualche minuto si può immaginare, davanti a filmati e fotografie che scorrono, di essere ospiti di Albert Kahn per una delle sue serate.
Di grande interesse anche la sosta nella Salle des plaques, altro edificio del giardino, dove erano conservate in scatolette di legno le lastre Autochrome. Erano classificate secondo un criterio geografico (si possono osservare molti contenitori dedicati all’Italia) e gli originali sono rimasti per decenni in questo luogo, prima dell’avvio della digitalizzazione agli inizi degli Anni Zero e della loro conservazione in locali climatizzati.
GLI OBIETTIVI DEL PROGETTO DI ALBERT KAHN
Il progetto di Albert Kahn, che comprendeva fin dal 1898 anche borse di studio elargite a giovani studiosi per consentire loro di viaggiare per il mondo durante un periodo di quindici mesi, era sostanzialmente rivolto alle élite intellettuali dell’epoca. Lo scopo era quello di sviluppare delle forme di influenza sui politici e sui poteri economici, in favore della pace e del progresso sociale. Temi ripresi oggi dal nuovo museo che, fra le tante istituzioni culturali dell’area parigina, pone attenzione alle problematiche sociali, alla democratizzazione della fruizione museale cercando di aprirsi a un pubblico più vasto.
Con questo obiettivo, al primo piano del nuovo edificio di Kengo Kuma, all’ingresso dello spazio (600 metri quadrati) destinato alle esposizioni temporanee, è stato ricavato un Salon des familles, spazio ludico dove i bambini e i loro accompagnatori possono scoprire le collezioni.
Per la fine di quest’anno, all’ultimo piano sulla terrazza che affaccia sul giardino, è prevista l’apertura di un ristorante.
– Dario Bragaglia
www.albert-kahn.hauts-de-seine.fr
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