Il futuro di Santa Sofia a Istanbul preoccupa gli esperti. Lettera aperta all’Unesco
L’Associazione degli archeologi greci non è rimasta in silenzio e ha denunciato le problematiche del gioiello turco, oggi riconvertito al culto islamico. È partita un’accorata richiesta di aiuto all’Unesco
“Chiediamo all’Unesco di intervenire con forza per invertire la situazione attuale che mette a rischio Hagia Sophia”. Questo il grido d’allarme lanciato pochi giorni fa dall’Associazione degli archeologi greci (SEA) in una lettera aperta indirizzata al Direttore Generale dell’Unesco, Audrey Azoulay per salvaguardare il futuro dell’ex Basilica di Santa Sofia a Istanbul in Turchia. Secondo gli esperti i problemi sono iniziati nel 2020, quando “il Consiglio di Stato turco ha deciso di annullare il decreto del 1934 che aveva consentito l’attività di Santa Sofia come museo”. Questo cambio di status del monumento e il suo ritorno a luogo di culto islamico ha messo in luce i potenziali problemi che si sarebbero creati con la frequentazione massiva e poco attenta da parte di visitatori e fedeli; gli stessi che oggi l’Associazione denuncia con preoccupazione.
SANTA SOFIA A ISTANBUL: UNA GESTIONE DISTRUTTIVA
“Le ante in legno ottomano della Porta Imperiale sono state danneggiate, i rivestimenti delle pareti sono stati raschiati e rimossi, fontane e porte sono state utilizzate per il deposito delle scarpe, le lastre di marmo del pavimento sono state distrutte”, questo è il preoccupante elenco dei danni messo in luce dall’Associazione degli archeologi greci, sottolineando che “negli ultimi anni (dal 2006 in poi), quando la Direzione degli Affari Religiosi ha assunto la gestione dei monumenti turchi che erano precedentemente nelle mani del Servizio Archeologico Turco, molti monumenti hanno subito danni irreparabili”. Cosa fare allora? Intervenire tempestivamente e con “forza” per preservare e salvaguardare la storia e la bellezza di Santa Sofia. Ma le preoccupazioni non sono finite, infatti nella lettera si percepisce una profonda preoccupazione anche per il Monastero di Chora ad Istanbul, convertito anch’esso in moschea e potenzialmente a rischio.
SANTA SOFIA DI ISTANBUL: PATRIMONIO UNESCO DAL1985
Quando parliamo di Santa Sofia ci riferiamo non solo ad uno dei monumenti più rappresentativi dell’antica civiltà bizantina, ma di un’opera d’arte totale. Con la sua composizione architettonica ed i suoi numerosi mosaici, Santa Sofia, ufficialmente nota come Grande Moschea Benedetta della Santa Sofia, ma anche conosciuta come Basilica di Santa Sofia, essendo nata come luogo di culto cristiano, entra a far parte del Patrimonio Mondiale UNESCO nel 1985. Sorta tra il 532 d.C. e il 537 d.C. per volere di Giustiniano I, Santa Sofia era inizialmente conosciuta come “Magna Ecclesia” per le sue importanti dimensioni, tanto da mantenere il titolo di più grande cattedrale cristiana sino al 1453, ovvero quando venne convertita in moschea dall’Impero Ottomano. Un altro importante cambiamento si ebbe nel 1935, quando venne trasformata in museo dal leader turco Mustafa Kemal Ataturk, mantenendo lo status fino al 2020. Durante il periodo di attività museale “sono stati scoperti e conservati mosaici bizantini” si legge nella lettera, “mentre sono stati intrapresi anche lavori di restauro, secondo un programma che mirava a svelare e promuovere gradualmente l’identità storica del monumento”.
– Valentina Muzi
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