Skagen è il villaggio più settentrionale della Danimarca, sull’istmo dove il regno di Margherita II si incunea tra Norvegia e Svezia filtrato dalle acque atlantiche. Nella stagione estiva, è la porzione del territorio nazionale con più ore di luce, ma perfino nel breve irraggiamento invernale riesce ad amplificare gli effetti della golden e della blue hour che tanto attraggono fotografi e cinematografi.
Questa polarità è manifesta già dalla fine degli Anni Settanta dell’Ottocento, quando gli artisti scandinavi convergevano a Skagen per fissare l’effetto luminoso che bagnava case, dune e volti conferendo loro una patina traslucida capace di diluire mare e cielo. Influenzati dalla pratica “en plein air” degli impressionisti francesi, tentarono con successo una propria strada allontanandosi dagli insegnamenti delle accademie.
NATURA E ARTE A SKAGEN
Il paesaggio e la popolazione locale furono complici straordinari di questa attrazione. Le spiagge dello Jutland si estendono per chilometri, fino alla confluenza della punta di Grenen dove il mare del nord si incanala nel Kattegat per poi diventare Mar Baltico. Come 150 anni fa, i danesi risalgono la duna di Råbjerg Mile per godersi il tramonto. Camminare tra il bosco e la bassa vegetazione alle estremità della giornata è una sospensione dalla ordinarietà quotidiana.
Per capire il senso dei danesi per l’ambiente bisogna ascoltare la loro lingua e guardare alle abitudini. Nel loro vocabolario, friluftsliv ‒ si pronuncia “frìloz-liù‒ esprime il vivere all’aria aperta, mentre sommerhus identifica uno spazio nella natura in cui ritirarsi per meditare. È così oggi e fu così allora, lo si capisce bene già da Aarlborg, la porta dello Jutland settentrionale. Qui si trova lo Utzon Center, il centro di architettura dedicato a Jørn Utzon, celebre per aver firmato la Sidney Opera House. La costruzione sulle rive del Ljmfiord ospita fino a gennaio 2023 una mostra sulle Summerhus. A fianco alla collezione permanente ci sono due esempi in scala 1:1 di case estive e una serie di informazioni che immergono nell’idea danese di rifugio nella natura. Semplicità, armonia e convivialità sono gli ingredienti base della ricetta nazionale per la felicità. Gli stessi che, avvicinandosi a Skagen, si avvertono tra la fitta vegetazione da cui fanno capolino le costruzioni.
L’origine è antica, almeno tanto quanto i siti vichinghi che si sfiorano sulla via del nord. La necropoli di Lindholm Høje allunga le ombre sulla collina con le sagome delle navi dirette nella sacralità del Walhalla, mentre ad Aggersborg il cerchio perfetto delimita ancora la sede della più grande fortezza norrena rinvenuta. È land art ante litteram.
LE ORIGINI DELLA SCUOLA DI SKAGEN
Quando si arriva a Skagen, se non fosse per la strada asfaltata e i grandi pescherecci nel porto, le suggestioni porterebbero al 1874 e ai pittori Karl Madsen e Michael Ancher. I due arrivarono in questo nord, per loro estremo, a osservare e dipingere la gente del posto. L’incontro con la famiglia Brøndum, proprietaria dell’omonimo hotel, accese il focolare che attrasse poi generazioni di artisti. Madsen e Ancher divennero habitué, apprezzando il piccolo paese per la tranquillità e per essere fonte di ispirazione grazie allo stile di vita semplice degli abitanti, che vivevano del mare e di una semplice agricoltura. Poi c’era la luce: suggestiva, ipnotizzante, capace di avvolgere. Con il passaparola arrivarono altri artisti ed emerse una convivialità che fece della scuola di Skagen un unicum.
In molti si unirono al gruppo per periodi di tempo più o meno lunghi. Alcuni si stabilirono lì e le loro case sono visitabili, con le pareti e i tavoli a testimoniare il passaggio di poeti e scrittori, oltre che di pittori. Tra i più importanti ci furono i nativi danesi Krøyer, Ancher, Johansen, Madsen, Tuxen, Locher e Niss, a cui si unirono svedesi e norvegesi.
Le pinacoteche scandinave ospitano le loro opere. Michael Ancher sposò la pittrice locale Anna Brøndum, mentre Viggo Johansen si legò alla cugina di Anna. Insieme aprirono le loro porte agli amici, creando un legame di comunità che è spesso raffigurato anche nei quadri.
Incoraggiati da Anna, gli albergatori Brøndum presero l’abitudine di offrire ospitalità in cambio di dipinti, così il soggiorno dell’albergo divenne una galleria, donata poi dalla famiglia al comune e oggi fedelmente riproposta nel museo locale con tanto di boiserie e ritratti.
Per la cronaca, la famiglia gestisce ancora l’albergo e Skagen continua ad attrarre artisti e sognatori. Ne sono prova le numerose gallerie d’arte. Una di esse è collocata addirittura ai piedi del Faro di Grenen. Il mare, la luce e i toni della sabbia sono fissati in tele, ceramiche e vetri, perfino negli scricchiolii dei pavimenti antichi delle case. E naturalmente nel cuore di chi arriva fino a qui e decide di incamminarsi sulla spiaggia per tuffarsi, se non in mare, nella luce singolare di questo lembo di nord.
‒ Stefano Paolo Giussani
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