Yulia Tsvetkova (Komsomolsk sull’Amur, 1993) è un’artista attivista russa da sempre impegnata nella difesa dei diritti delle donne e della comunità LGBTQIA+. Ha, infatti, combattuto per tre anni contro le indagini dei pubblici ministeri del suo paese che volevano imprigionarla con le accuse di pornografia e “propaganda gay”.
THE VAGINA MONOLOGUES
La Tsvetkova, che ha rischiato fino a sei anni di reclusione, non è mai stata sola. In molti, anche fuori dai confini dell’ex Unione Sovietica, l’hanno sostenuta, difendendo la sua arte e la libertà d’espressione e addirittura un’istituzione come lo Stedelijk Museum di Amsterdam nel 2020 ha acquistato una serie di suoi disegni. Si tratta dei The Vagina Monologues, una serie di immagini in cui venivano rappresentati i genitali femminili, con lo scopo di promuovere la body positivity e gli ideali femministi, pubblicate poi sui canali social dell’artista. Dopo anni controversi, nel novembre 2022 è arrivata per lei dal tribunale di Komsololsk l’assoluzione, ma la storia non è finita qui.
YULIA TSVETKOVA LASCIA LA RUSSIA
Yulia, insieme alla madre, Anna Khodyreva, si è resa conto di dover lasciare la Russia subito dopo la promulgazione della nuova legge firmata dal presidente Vladimir Putin che vieta la diffusione della “propaganda LGBTQIA+ ” perché promuove l’omosessualità nella sfera pubblica, su internet, in pubblicità, libri e film. “Non mi trovo in Russia ora e sento di non aver alcun diritto di parlare della vita culturale del Paese” ha raccontato l’artista dalla Lituania, dove lei e la madre oggi si trovano. “Sono stata perseguitata dallo stato per tre anni, dopo di che ho scelto di lasciare il Paese”. All’accusa di pornografia si è aggiunta lo scorso giugno quella di essere un’agente straniero dal ministero della giustizia russo, il che ha ulteriormente limitato i suoi diritti e messa sotto il costante rischio di azioni penali.“È molto pericoloso per Yulia rimanere in Russia, nonostante la vittoria in tribunale… Così siamo state costrette a lasciare il Paese” racconta la madre. A quanto pare, nella Russia di Putin l’arte femminista è ancora pornografia.
Gloria Vergani
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