Nel 2007, Ferran Adrià fu tra i protagonisti di Documenta 12, a Kassel. All’apice del suo successo in cucina – il mitico ristorante che dirigeva all’epoca, elBulli, a picco sulla costa catalana di Cala Montjoi, avrebbe chiuso definitivamente nel 2011 – lo chef aveva ricevuto dagli organizzatori della kermesse (Roger Bürgel fu direttore artistico dell’edizione) l’invito a partecipare portando la propria “arte”. Fu scandalo, allora, tra i critici d’arte spagnoli: “Adrià non è Picasso. Cos’è diventata l’arte oggi?”.
FERRAN ADRIÀ, UN CUOCO A DOCUMENTA 12
Ma Documenta, difendendo la scelta, sottolineò come il cuoco fosse stato in grado “di inventare un linguaggio peculiare, diventato molto influente in ambito internazionale. L’intelligenza artistica non dipende dal mezzo e dal formato. In alcune circostanze anche la cucina può essere considerata arte”. Dal canto suo, Adrià fece del ristorante un “padiglione” distaccato della manifestazione (il Pavilion G): nei cento giorni di Documenta, 50 ospiti selezionati casualmente tra i visitatori della kermesse raggiunsero Cala Montjoi da Kassel, per cenare alla tavola di elBulli. Una provocazione volta a indagare la componente esperienziale della fruizione d’arte: il cibo poteva ispirare considerazioni critiche analoghe a quelle suscitate dalla visione di un quadro o di un’installazione? Di fatto, e con cadenza reiterata nell’arco dell’intera manifestazione, Adrià inscenò una performance in grado di sfumare i confini tra i due universi. Chissà se già allora immaginava che un giorno il suo ristorante sarebbe diventato un museo (no, stando alla risposta che fornisce lui oggi).
ELBULLI. DA RISTORANTE A MUSEO
Cristallizzato nel mito cresciuto a seguito della chiusura volontaria da parte del cuoco e del suo socio Juli Soler, negli ultimi dieci anni elBulli è stato oggetto di un ambizioso progetto volto a rilanciarlo in una nuova veste, sotto l’ala protettrice della Fondazione omonima, sorta nel frattempo per raccogliere l’eredità di quell’esperienza all’avanguardia. Prima le questioni burocratiche legate ai vincoli ambientali cui è sottoposta Cala Montjoi in quanto parte del parco protetto di Cabo de Creus, poi diversi aggiustamenti progettuali in corsa e l’esplodere della pandemia hanno ritardato la messa in opera del progetto ElBulli 1846 (l’anno di nascita del cuoco francese Auguste Escoffier), pensato come centro creativo finalizzato alla divulgazione, alla sperimentazione e all’archiviazione. Ma ora è certa la data di inaugurazione, il 15 giugno 2023, anticipata dalla possibilità di acquistare online i biglietti per visitare lo spazio (27.50 euro a persona, comprese audioguida e navetta Bullibus da Rosas al museo).
ELBULLI 1846. LO SPAZIO ESPOSITIVO
Ai visitatori dell’ex ristorante, lo spazio si presenterà ampliato a estendersi su 4mila metri quadri, di cui 2.500 all’aperto con diverse installazioni, allestiti con criterio museale: un investimento di 11 milioni di euro. Centinaia di “pezzi”, tra oggetti e documenti, aiuteranno a chiarire come e perché fu possibile l’esperienza elBulli, e perché cambiò il volto della gastronomia internazionale. Nuovamente, Ferran Adrià sarà alle prese con una strada mai battuta prima, “il primo ristorante del mondo trasformato in museo”, proprio per raccontare la storia che è stata fatta al suo interno. E per non confondere le idee, il museo elBulli 1846 non sarà dotato di caffetteria, né – tantomeno – di un ristorante (ci sarà invece il bookshop, con gadget e volumi della Bullipedia). Inizialmente la struttura sarà aperta solo nei mesi estivi, fino al 16 settembre. Lungo il percorso, indirizzati dall’audioguida, si incontreranno 69 installazioni “artistiche, concettuali e multimediali”, realizzate con l’intenzione di invitare il pubblico a pensare e porsi domande su cos’è l’innovazione, non solo in cucina. Tra le “opere” esposte, anche un centinaio di disegni realizzati da Ferran Adrià nel 2012, dopo la chiusura del ristorante, venduti nel 2022 come NFT; ma anche alcuni manichini che omaggiano la compagine dei “bullinianos” e figure di rilievo della ristorazione globale, da René Redzepi a Massimo Bottura. Nell’edificio storico, completamente ripensato, sono raccolti oggetti, foto e ricordi della vita del ristorante: c’è spazio per i numeri che hanno fatto grande l’impresa, ma anche per l’evocazione della mise en place del tempo. Mentre nella vecchia cucina, dove troneggia la testa di toro che diede il nome all’attività, si incontreranno le riproduzioni dei piatti storici di elBulli, realizzati con la tecnica giapponese del sumpuru. Proseguendo nei nuovi spazi i visitatori avranno modo, tra l’altro, di sbirciare nei quaderni creativi di Adrià e brigata.
Livia Montagnoli
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