Viaggio a Marrakech, il nuovo polo dell’arte africana
Città incantevole da sempre, nell’ultimo decennio Marrakech sta lavorando per diventare definitivamente una capitale culturale. Ne abbiamo parlato con chi vive il luogo, in cerca degli spazi più interessanti per l’arte contemporanea. E non solo
Come disse Churchill al Presidente americano Roosevelt, “Marrakech è semplicemente il posto più bello della Terra per trascorrere un pomeriggio”. Festosa e cosmopolita, la città ha nel tempo affascinato artisti e viaggiatori. Da sempre luogo di sosta per commercianti, mercanti ed esploratori, fu fondata come città nel 1062 dai governanti berberi, per poi divenire la capitale di un impero che si estendeva fino alla Spagna. In quel periodo, utilizzando il fango locale, furono costruite le mura rosse della Medina, che conferiscono alla città il suo colore unico. Fino all’Ottocento gli europei non potevano entrare in città. Poi, dall’inizio del XX secolo, i coloni francesi presero il controllo del Paese, determinando la predominanza dell’influenza occidentale. Dagli Anni Trenta in poi la svolta: Marrakech divenne un luogo per bon vivant, curiosi e intellettuali.
MARRAKECH E LA SUA STORIA
Oggi, tra gallerie d’arte, boutique di stilisti, ristoranti colorati e giardini del paradiso, la città è divisa in quartieri corrispondenti alle diverse fasi della sua storia: la Medina circondata da bastioni, il Guéliz, una nuova città voluta dal maresciallo Lyautey, e l’Hivernage, un quartiere verde con lussuose ville e hotel.
Circondata dalle montagne innevate dell’Atlante e singolare per i suoi edifici rosso-rosa in stile ispano-moresco e richiami andalusi, Marrakech ha ispirato e fatto innamorare molte grandi personalità, alcune delle quali non l’hanno più lasciata.
C’è qualcosa di mistico, di pacifico, come se il tempo fosse sospeso. È confortante nella sua bellezza, nel suo ritmo e stile di vita e nella sua luce. Quella luce è in ogni descrizione, pittura e testo, nei cuori e nelle menti di coloro che sono venuti e se ne sono andati, ed è l’eterno motivo del ritorno. Non c’è da stupirsi che tanto splendore abbia ispirato una moltitudine di grandi pittori del Settecento e dell’Ottocento, segnati dalla bellezza e dalla sensualità alla Mille e una notte; e poi l’imponenza degli ambienti, dei colori, delle persone; e ancora la cultura islamica mescolata con quella spagnola e quella moresca. Da Delacroix a Matisse, Marrakech ha alimentato le fantasie orientaliste di molti artisti occidentali. Per molti è proprio questo esotismo a cristallizzarne il fascino.
L’amore per questa città ha portato molti stranieri ad investire in progetti che spaziano dall’arte alla ricreazione, dalla ristorazione alla formazione.
MARRAKECH, TRA RISTORANTI E SUK
Marrakech è una città che vive di contrasti: da un lato c’è la tradizione, che non è soltanto la sua architettura e la struttura della città antica; dall’altro si sta sviluppando una Marrakech che rappresenta la relazione con la contemporaneità divenendo una metropoli internazionale che si distingue per le sue attrattive.
Non mancano i progetti incentrati sulla sostenibilità. Tanti piccoli brand di abbigliamento usano le tecniche tradizionali e i tessuti di agave (sabra) tipica del Marocco. Si possono anche incontrare cucine a km zero come il Plus 61 e il nuovo Blue Ribbon, o ristoranti vegetariani come La Famille, il Mandala e il Nomad.
Nei suk labirintici, poi, più di 40mila venditori espongono le loro merci. Mentre ogni bancarella sembra imitare l’altra, alcuni artigiani trovano la loro oasi nei cortili più nascosti, creando showroom degni di capitali della moda come Parigi o Milano. Una di queste è la designer francese algerina Norya Nemiche, che ha aperto la sua prima boutique, Norya Ayron, sopra Le Jardin, un ex riad trasformato in ristorante, un’oasi nella Medina.
MARRAKECH POLO DELL’ARTE AFRICANA
Marrakech è diventata innegabilmente uno dei principali centri dell’effervescente scena artistica africana. Immersa nella storia attraverso i tortuosi sentieri della sua Medina, la città batte anche al ritmo di un presente dinamico e forte di gallerie all’avanguardia, musei innovativi e prestigiosi eventi culturali. Tra patrimonio artigianale, impronta orientalista e visione contemporanea della sua cultura, la “città d’ocra” è la culla di un paesaggio artistico eclettico e affascinante.
Dai rinomati spazi culturali del quartiere Guéliz alle gallerie e agli studi di Sidi Ghanem – la zona industriale della città – Marrakech è costantemente arricchita da un’abbondante creatività. L’interesse dei professionisti dell’arte occidentale ha accelerato la creazione di due importanti istituzioni private, che hanno aperto a due anni di distanza l’una dall’altra: il Museo di Arte Contemporanea Africana Al Maaden (MACAAL) e il Musée Yves Saint Laurent Marrakech.
Il MACAAL, fondato nel 2016 dall’imprenditore marocchino Othman Lazraq, ospita la collezione privata di arte contemporanea della sua famiglia, tracciando connessioni transnazionali con l’intero continente. Le sei edizioni della Biennale di Marrakech, fondata nel 2004 da Vanessa Branson e Abel Damoussi e oggi in stallo, hanno posizionato Marrakech come destinazione artistica internazionale, così come la 1-54 Contemporary African Art Fair di Touria El Glaoui, lanciata in città nel febbraio 2018 e giunta alla quinta esplosiva edizione lo scorso febbraio al Mamounia Hotel, che ha festeggiato lo scorso aprile il suo centesimo compleanno.
Sebbene oggi non sia più attiva (la sesta e ultima edizione è stata quella del 2016, con la direzione artistica di Reem Fadda), la Biennale di Marrakech ha avuto un ruolo centrale per il Marocco, prima grande manifestazione nordafricana trilingue (arabo, francese, inglese), che ha aperto la strada alla fervente scena artistica non solo berbera, ma anche mediterranea e medio-orientale. Nelle diverse edizioni, la Biennale si è focalizzata principalmente sulle arti visive, la letteratura e il cinema, organizzando mostre, eventi, incontri, dibattiti e proiezioni. Tra i maggiori artisti coinvolti nel corso degli anni si annoverano Tracey Emin, Antony Gormley e Julian Schnabel.
Mentre continua a tenersi ogni anno 1-54, prima e unica fiera internazionale dedicata all’arte contemporanea africana, che trova il suo punto di forza proprio nel suo carattere globale: oltre a Marrakech, gli appuntamenti annuali della fiera sono Londra e New York, permettendo al discorso sulla diaspora africana e sulla risultante produzione artistica di espandersi e diffondersi. Il nome 1-54, inoltre, fa riferimento ai cinquantaquattro Paesi che compongono l’Africa, testimoniando la volontà di solidarietà e dialogo all’interno del continente.
GLI INVESTIMENTI CULTURALI DAL MONDO A MARRAKECH
A novembre 2022 Marlene e Paolo Gallone hanno inaugurato Le MAP Marrakech – Monde des Arts de la Parure, un riad situato nel cuore della Kasbah, rinnovato dagli architetti Joseph Ashkar e Michel Charrière per contenere la straordinaria collezione di ornamenti, gioielli e abiti che la coppia ha raccolto in quarant’anni di viaggi, cercando di mettere in risalto la diversità e la singolarità di più di cinquanta Paesi. Uno spazio in cui i tradizionali materiali di costruzione sono stati essenzializzati per ridefinire gli ambienti ed enfatizzare la relazione con questi oggetti dal segno primordiale. La terrazza, che si affaccia sulla moschea Moulay El Yazid, è un giardino di piante odorose progettato dal paesaggista francese Marius Boulesteix.
Riad Alena nasce invece dal desiderio di Louis Devereux di creare nel cuore della Medina una residenza che ospita, due volte l’anno, un artista africano e un artista internazionale. I due, al termine della residenza, presenteranno le opere realizzate durante la permanenza, per poi devolvere parte del ricavato della vendita al Centre Fiere et Forts, un orfanotrofio di Tamesloht dove Louis insegna skateboard ai ragazzi.
La fattoria Farasha (farfalla in arabo), situata sulla rue de Fes, è il neonato progetto del duo franco irlandese Fred e Rosena Charmoy, ideatori ed organizzatori di eventi a Marrakech che da sempre collaborano con artisti per realizzare le loro iniziative. Sostenitori e promotori di giovani designer marocchini, hanno voluto creare un luogo ideale per uno scambio tra le arti. Attraverso il recupero della struttura originale, realizzata con la tipica pasta di terra e paglia, questo spazio poliedrico ha inaugurato a maggio 2023, comprendendo una residenza di artista, un orto biologico che serve la cucina e una doppia vista mozzafiato sulle montagne, a sud l’Atlante e a nord le colline di Casablanca.
Più longevo è il progetto Pikala Bikes, nato dalla visione di una giovane olandese che ha ideato un progetto economico-sociale i cui obiettivi sono la sostenibilità, la riduzione dell’inquinamento e la creazione di posti di lavoro professionalizzanti per i ragazzi della Medina. Importando biciclette dall’Olanda ha creato un atelier, una scuola ed un Cafè.
Il progetto Zawya, sviluppato dalla ONG Afrika-Maroc grazie all’interessamento di Giulio Kirchmayr, è un programma per lo sviluppo sociale, economico e professionale di un gruppo di ragazzi del quartiere di Zawya, nel nord della Medina di Marrakech. Attraverso workshop artigianali e residenze artistiche, i giovani di età compresa tra 15 e 26 anni apprendono i mestieri dell’arte lavorando a fianco di artisti, designer, stilisti e professionisti della comunicazione. L’obiettivo del programma triennale è accompagnare 30 ragazzi fuori dalla povertà. I migliori allievi parteciperanno al programma di scambio culturale e professionale con giovani e creativi italiani attraverso borse di studio e stage lavorativi in Italia.
IL PUNTO DI VISTA DI 3 ITALIANI SU MARRAKECH
Nasce come collezionista, a Napoli, poi ha aperto oltre dieci anni fa una galleria d’arte proprio a Marrakech: Voice gallery. “Al mio arrivo a Marrakech, nell’ormai lontano 2011, anno di fondazione della Voice gallery, la mia paura era quella di ritrovarmi in un luogo senza gli stimoli culturali ai quali ero abituato” spiega Rocco Orlacchio. “Attraverso la frequentazione di diversi operatori culturali attivi in città (ex direttori dell’Istituto di cultura francese, direttore e professori dell’ESAV, scuola di cinema ed arti grafiche, artisti padri del modernismo in Marocco, su tutti Farid Belkahia), ho potuto apprezzare come in una situazione come questa possano esserci dei vantaggi. In una scena artistico/culturale molto più ristretta di quella europea c’è uno scambio maggiore che spinge verso una commistione tra discipline che ne amplifica l’interesse.
Queste modalità di confronto hanno permesso a Orlacchio di essere attore di varie edizioni della Biennale di Marrakech, collaborando con i curatori e presentando progetti paralleli, spesso in spazi pubblici, e della creazione dell’edizione di Marrakech della fiera 1:54, in precedenza solo a Londra e New York. “Peccato che a livello pubblico gli investimenti culturali sono praticamente assenti; la prima che ne ha fatto la spese è la Biennale, che non mai trovato supporto economico. Questo non aiuta lo sviluppo di un corretto sistema dell’arte contemporanea”.
Angelo Bellono è un artista che spesso ha lavorato in contesti montani e lo ha fatto anche sull’Atlante col progetto Atla(s)now: “Esiste sempre un sud più a sud e un nord più a nord. Poi, esistono luoghi che li racchiudono entrambi, e che ribaltano gli stereotipi, allenando lo sguardo e i sensi a contrasti ravvicinati e inaspettati. Arrivando a Marrakech tra dicembre ed aprile può accadere di vedere all’orizzonte una lunga catena di montagne innevate, si tratta dell’Alto Atlante, che dista circa 65 km dalla “Città Rossa” e raggiunge i 4.162 metri di altezza con il Toubkal, la vetta più alta del nord Africa. Montagne importanti, che conservano numerosi villaggi Amazigh e offrono infinite possibilità agli amanti della montagna, del trekking e dello sci. Spiazzante per chi immagina un Marocco di solo caldo e deserto e vi ritrova invece anche ghiaccio e neve. Questo territorio, posto tra Imlil, Asni ed Oukaimeden, per ben otto anni ha rappresentato il campo base del progetto interdisciplinare tra arte, natura e sport in montagna chiamato Atla(s)now. Un progetto che, attraverso due edizioni della Biennale di Marrakech e la collaborazione con l’ESAV (École Supérieure des Arts Visuels), ha rappresentato un ponte tra città e montagne. Molti gli studenti coinvolti negli anni, spesso determinanti nell’interpretare al meglio i luoghi e le genti che li abitano, contribuendo a costruire un dialogo importante”.
Francesco Cascino è invece un Art Consultant di taglio curatoriale e attivista culturale che riesce spesso a coinvolgere delle community in viaggi ad alta densità culturale: “Marrakech vive del suo Suk e ormai gli somiglia. Nonostante ciò, ci sono alcuni interessanti segnali di presenza e di tensione contemporanea, sia dell’arte, sia delle arti in genere. A parte la Fondazione Farid Belkahia, creata dopo la morte dell’artista che è stato il maggior artefice della Scuola di Casablanca, l’inizio alle avanguardie in Marocco, c’è il Centro culturale MLHN, un nuovo spazio creato in collaborazione tra artisti e curatori; interessante anche l’ESAV, scuola di cinema e di arti grafiche dalle architetture metafisiche. Molti gli allievi provenienti da questa scuola che negli anni sono stati insigniti di premi internazionali”.
GALLERIA, LABORATORIO, SPAZIO PER RESIDENZE. LAILA HIDA RACCONTA LE 18
Nella vecchia Medina di Marrakech, LE 18, uno spazio culturale e di residenza multidisciplinare, propone un programma rigoroso che include mostre, conversazioni, workshop e pubblicazioni. Fondato da Laila Hida, lo spazio-galleria è incentrato sull’apprendimento collettivo e si basa su una rete fluida di collaboratori.
Come si è evoluta la scena artistica di Marrakech negli ultimi 10 anni?
Esattamente 10 anni fa la scena artistica conobbe un ribollire iniziato qualche anno prima con la Biennale di Marrakech. C’era una rilevante attività turistica, nonché l’inizio di un forte interesse per le scene sudafricane. La Biennale è stata, per certi versi, un catalizzatore delle energie di questa svolta. Da allora, Marrakech ha attirato parecchi artisti marocchini di altre regioni, ma anche artisti internazionali. Sono nate nuove gallerie con progetti più impegnati e infine la fiera 1:54, che si è insediata nello spazio lasciato dalla Biennale creando ogni anno una boccata d’aria fresca per Marrakech.
Però…?
Però la maggior parte delle manifestazioni rimangono eventi temporanei e, anche se portano molta visibilità, sono ancora troppo pochi i programmi di ricerca e supporto alla creazione a lungo termine.
Puoi parlarci del tuo lavoro sul territorio e dei tuoi artisti?
Siamo una sorta di laboratorio tanto sul piano della creazione quanto della curatela. Stiamo lavorando su molti fronti a livello prettamente locale e su piccola scala. Sviluppiamo assi che ci guidano (i beni comuni, l’immagine e la rappresentazione, l’oralità, le pratiche vernacolari, tra gli altri) e da cui possiamo innescare riflessioni critiche sulla produzione artistica e su questioni sociali. Lo facciamo attraverso residenze di artisti, programmi di scambio con strutture marocchine e internazionali per condividere i nostri valori o preoccupazioni. Cerchiamo di supportare gli artisti all’inizio della loro carriera, coinvolgendoli nei nostri progetti o integrandoli in una comunità più ampia. Non rappresentiamo gli artisti come fa una tradizionale galleria, li consideriamo piuttosto come collaboratori.
LE 18 funge spesso da luogo e contenitore di conversazioni e scambi sui processi e le problematiche del Paese; ci puoi parlare del ruolo di LE 18 nella scena artistica di Marrakech?
Lavoriamo per la nostra sopravvivenza in un ecosistema governato dallo scambio economico e capitalista. La nostra sopravvivenza significa quella di spazi sperimentali, di forme di solidarietà, di impegni individuali e collettivi, di spazi di libertà, di confronto, di scambio, di incontro. Oggi, lo vediamo nelle strutture sia private che statali qui o in Occidente, c’è una forte ripresa delle pratiche sociali, delle questioni collettive, delle istanze sociali, ma nulla è cambiato in fondo.
Le strutture funzionano allo stesso modo e riproducono le stesse disuguaglianze, lo stesso sistema egemonico.
Giorgia Zerboni
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #72
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