Il CCCB, il Centro di Cultura Contemporanea di Barcellona, dedica una mostra alla figura e al pensiero del Marchese Donatien-Alphonse-François de Sade (Parigi, 1740 ‒ Charenton-le-Pont, 1814), ma soprattutto indaga la ricezione e le conseguenze della sua opera sulle arti visive e non solo, dal Surrealismo ai nostri giorni. “La mostra segue in larga misura la lettura di Sade data da Pier Paolo Pasolini”, dice uno dei due curatori: Alyce Mahon, che insegna arte moderna e contemporanea a Cambridge ed è un’esperta d’arte surrealista, erotica e femminista, e Antonio Monegal, professore di letteratura comparata e autore, tra gli altri libri, di una grande monografia su Luis Buñuel. Ne abbiamo parlato con loro.
INTERVISTA AI CURATORI DELLA MOSTRA SU DE SADE
Una mostra, due curatori. Come avete lavorato insieme?
Alyce Mahon: Con un approccio interdisciplinare e un lavoro di squadra, avvenuto con riunioni zoom a causa della pandemia. Volevamo entrare nella mentalità di Sade per metterla in scena con le sue idee filosofiche e quattro passioni fondamentali, che la sua scrittura ha tramandato alla cultura moderna e contemporanea: passioni trasgressive, perverse, criminali e politiche.
Sade è un riferimento estremo della cultura occidentale, ha scritto le sue opere in prigione ed è morto pazzo in manicomio. Come comprenderlo?
Antonio Monegal: È una figura contraddittoria e polemica, la mostra non vuole capire chi fosse, ma cosa può dirci e le domande che ci pone. Non stiamo cercando di difenderlo o condannarlo. Ci costringe al confronto con gli aspetti problematici della condizione umana, cose che spesso preferiremmo non guardare perché ci mettono a disagio, come gli angoli più oscuri del desiderio umano o la presenza della violenza intorno a noi. Sade è anche il grande apostolo della libertà individuale, mentre era imprigionato, perseguitato, censurato, proibito.
Alyce, nel 2020 lei ha scritto Il marchese de Sade e l’avanguardia. Cosa rappresentava Sade per i surrealisti come Buñuel, Breton e Dalí?
Alyce Mahon: Rappresentava il desiderio in extremis e l’immaginazione radicale, usata per sfuggire dalla prigione dove ha trascorso gran parte della sua vita. Nel primo manifesto surrealista del 1924, Breton cita Sade come “surrealista nel sadismo” e dice che la sua arte ha inizio nel mondo reale ma poi la psiche prende il sopravvento senza più alcuna inibizione morale o sociale. I surrealisti hanno saccheggiato gli scritti di Sade. Dalí, ad esempio, era ossessionato dai “tre grandi simulacri”: escrementi, sangue e putrefazione, ma quando collaborò con Luis Buñuel crearono una dimensione più apertamente blasfema e politica. Anche le donne surrealiste ne furono affascinate. Leonor Fini illustra la Juliette nel 1944 celebrandola come una libertina che rifiuta la virtù, il pudore e la maternità. Offriva un modello alternativo per le donne dell’epoca. Nel 1944 il sadismo ovviamente risuonava potentemente nell’Europa dilaniata dalla guerra.
IL RUOLO DI SADE OGGI
Sade ha anche anticipato Freud e la sua teoria delle pulsioni, dopo i surrealisti è stato riscoperto in Francia negli Anni Cinquanta e Sessanta da filosofi e letterati come Derrida, Klossowski, Bataille: quale ruolo ha oggi nella cultura letteraria contemporanea?
Antonio Monegal: Sade è stato assimilato nella nostra cultura a tal punto da essere allo stesso tempo ovunque e invisibile. È un classico della letteratura francese, pubblicato nella prestigiosa Bibliothèque de la Pléiade, e, come dice Bernard Noël nella sua commedia Le Retour de Sade, ciò significa che non sia necessariamente letto. Sade è parte dell’atmosfera culturale del nostro tempo, il suo impatto può essere avvertito in ambienti più tolleranti per la rappresentazione di sessualità non normative, sebbene ciò possa cambiare in alcuni luoghi. C’è anche un’eredità diretta negli scritti trasgressivi di autori in diverse lingue, non solo francesi: Lydia Lunch, Virginie Despentes, Chuck Palahniuk, Angélica Liddell o Juan Francisco Ferré, tra gli altri. Ma ovviamente quell’eco si estende al mercato mainstream in best-seller come Cinquanta sfumature di grigio.
La pornografia è fenomeno sociale normalizzato e nel dark web si mercifica la violenza. Qual è il significato di “sadismo” nell’immaginario collettivo contemporaneo?
Alyce Mahon: Non credo esista un unico immaginario collettivo contemporaneo. Le nostre idee di sadismo, male e libertà, come tutto ciò che una società ritiene ammissibile e un’altra no, vengono costantemente messe alla prova. Mentre da una parte la censura persiste, assistiamo al sadismo diffuso sul dark web e intanto l’Oversight Board controlla i capezzoli su Instagram e Facebook. Ci auguriamo che il pubblico esplori l’idea del sadismo come latente in tutti noi.
Pensa che sia possibile oggi “usare” Sade per meglio comprendere le evoluzioni o involuzioni sociali e politiche che stanno accadendo (autoritarismi, autarchie vs. democrazie, diritti LGBT, guerra in Ucraina)?
Antonio Monegal: Questo proprio è ciò che lo rende rilevante oggi. Sono molte le femministe e le pensatrici queer, le attiviste, le artiste e le scrittrici che invocano Sade come riferimento o interlocutore. Mostriamo una varietà di questi punti di vista con le collaborazioni di Shu Lea Cheang, Quimera Rosa e Joan Morey, tra gli altri. Ma includiamo anche riferimenti alla violenza di genere, alla tortura, alla schiavitù, al colonialismo e alla gratificazione vicaria del desiderio di sesso e violenza nella società dei consumi, argomenti raramente discussi nelle mostre su Sade.
Sade è stato lettore di Rousseau e di Voltaire ed è, a suo modo, un teorico della libertà. Come si riflette tutto ciò nelle arti visive?
Alyce Mahon: Sade fu testimone di tre momenti politici: i regimi di Luigi XVI, la Rivoluzione francese e l’Impero di Napoleone Bonaparte. I suoi romanzi erotici e gli opuscoli pornografici erano critica politica popolare. La mostra parte dal XX secolo, esploriamo la dinamica tra il corpo rappresentato, pornografico, e il corpo politico nel panorama delle due guerre mondiali, di quella in Vietnam e di quella contro il Terrore. Nel film Saló, Pier Paolo Pasolini metteva in guardia sull’ascesa del neofascismo negli Anni Settanta. L’arte insomma si fa veicolo per l’attivismo socio-politico.
L’IDENTIKIT DEL MARCHESE DE SADE
“Voleva che le sue strutture immaginarie fossero specchi del mondo o di quell’orrore da cui, per lui, non c’era scampo” sosteneva la scrittrice Kathy Acker, ora in apertura del catalogo della mostra Sade. Freedom or Evil. Ma chi è Sade? La sua figura controversa è decisiva per comprendere la modernità con i suoi intrecci di libertà d’azione, d’espressione e mercificazione di violenza e sessualità.
Di natali aristocratici ma radicalmente illuminista, questo scrittore “intollerabile”, incontenibile seguace delle proprie pulsioni, diagnosticato borderline ma anche chiaroveggente in un’epoca di assolutismi e rivoluzioni (per tre anni è anche membro della Convenzione nazionale), Sade ha per primo affrontato, con uno stile crudo e una poetica crudele, alcuni temi attuali decisivi. La profondità della sua scrittura, una grafomania instancabile, il destino tragico strutturano l’enigma Sade come una chiave a più combinazioni per accedere a una comprensione di noi stessi completa, inclusiva, oltre che della ragione e della morale, anche di pulsioni, passioni e perversioni (non soltanto erotiche) non coercibili o educabili. Autore di romanzi divenuti leggendari, come Le 120 giornate di Sodoma (1785), Justine (1788), La filosofia nel boudoir (1795) e Storia di Juliette (1801), il “divin marchese” offre uno squarcio d’anima che apre l’opportunità di una superiore razionalizzazione (questa mostra sul suo pensiero ne è un’ulteriore prova), evitando di ridurre il lato oscuro dell’anima a una raccolta di tabù. Divenuto un’icona culturale nella misura in cui artisti e scrittori continuano a tornare sul suo pensiero, Sade va oltre la semplice pornografia sadomasochista. Nel suo testamento scrisse: “Mi auguro che il ricordo di me si cancelli dalla memoria degli uomini”. Così non è stato.
Nicola Davide Angerame
Barcellona // fino al 15 ottobre 2023
Sade. Freedom or evil
CCCB
Montalegre 5
https://www.cccb.org/ca
Articolo pubblicato su Grandi Mostre #34
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