Nonostante certe recenti infelici campagne di marketing che l’hanno vista trasformarsi in inquietanti e abnormi sculture, Yayoi Kusama (Matsumoto, 1929) non è solo zucche e pois. Non dovrebbe essere necessario ribadirlo, eppure la potenza mediatica di operazioni come quella che Louis Vuitton ha lanciato a livello planetario lo scorso inverno rischia di banalizzare la figura di Kusama agli occhi del grande pubblico, che non conosce le innumerevoli e complesse sfumature di quest’artista, iconica come poche.
Ci vengono in aiuto mostre come quella allestita al Guggenheim di Bilbao: una retrospettiva a dir poco audace, che racconta una carriera lunga quasi ottant’anni. Dai primi disegni di una sedicenne Kusama fino a opere recentissime (alcune realizzate nel giugno 2023, a ridosso dell’inaugurazione della mostra), Yayoi Kusama. 1945 – Now è l’epitome di una vita dedicata all’arte e di un’arte dedicata alla vita.
La grande mostra di Yayoi Kusama a Bilbao
Curata da Doryun Chong e Mika Yoshitake, con la collaborazione di Lucía Agirre, curatrice del Guggenheim di Bilbao, la mostra era stata già presentata al museo M+ di Hong Kong. Quella spagnola è dunque la seconda e ultima tappa di una delle retrospettive di Kusama più complete di sempre: quasi duecento opere, alcune delle quali mai esposte finora, raccontano sincronicamente una pratica artistica che assume i contorni di una filosofia, percepibile e avvicinabile proprio nella possibilità di incontrarla in ciascuna opera, ogni volta in modo differente. Non un percorso cronologico, dunque, ma tematico: l’arte di Yayoi Kusama supera la periodizzazione, si nutre di concetti che ciclicamente tornano e si intrecciano lungo tutte le fasi della sua carriera. Un eterno ritorno che fa di Kusama un’artista inevitabilmente complessa e ancora poco compresa al di là delle sue chiare conquiste estetiche, ormai entrate nella cultura pop.
Yayoi Kusama: l’infinito e la vita
Alla fine degli Anni Cinquanta, Kusama si trasferisce in America, lasciandosi alle spalle una famiglia e un Giappone che le stavano troppo stretti. Il volo che la porta negli Stati Uniti nel 1957 costituisce per lei non solo un’importante cambiamento geografico, ma anche l’inizio di una personale rivoluzione artistica: l’apparente assenza di limiti dell’Oceano Pacifico visto dai finestrini dell’aeroplano è il primo germe della sua serie pittorica Infinity Net, in cui la ripetizione ossessivo-meditativa di pennellate circolari crea ipnotiche reti di puntini. L’infinito, per Kusama, è pervasivo e costitutivo, è la vita stessa. Torna nei suoi autoritratti, che aprono le danze della mostra, e nei coloratissimi dipinti che la chiudono, così come nelle stanze immersive (le Infinity Mirror Rooms) che l’hanno resa celebre, di cui un esempio è visibile al Guggenheim di Bilbao.
Accumulazione e ossessione nella mostra di Yayoi Kusama a Bilbao
La traduzione visiva dell’infinito passa per l’accumulazione che, come rivela l’artista stessa, è il risultato della sua ossessione. Riempire le tele di pois, ricoprire sedie e divani di soffici sculture dalle forme falliche, nascondere il concetto orientale di un “vuoto creativo” sotto un’accumulazione artistica: tutto ciò diventa per Kusama una cura, uno strumento per controllare le allucinazioni che, nel 1977, l’hanno portata a stabilirsi volontariamente in un ospedale psichiatrico giapponese, dove tuttora risiede e lavora. Un’accumulazione che apre la strada a quella che lei chiama “obliterazione del sé”: come spiegano i curatori, “l’arte è per Kusama un modo per trovare e perdere se stessa continuamente. Obliterare il sé per connettersi a tutto il resto, tramite infinite reti biocosmiche tra gli esseri umani e l’ambiente circostante”.
Connessioni che la mostra evidenzia proprio grazie all’assenza di compartimenti stagni nel racconto espositivo, permettendo di comprendere Kusama, nonostante le tante (e visibili) influenze degli anni che ha attraversato, come un’artista dalla coerenza profonda. Dall’espressionismo astratto delle sue prime tele americane al minimalismo di opere come Clouds del 2019 (che, nell’atrio principale del museo spagnolo firmato da Frank Gehry, riflette l’installazione al neon di Lucio Fontana), passando per la sua personalissima e singolarmente astratta estetica pop, l’arte di Yayoi Kusama resta al servizio di un’unica e precisa missione filosofica.
Alberto Villa
Bilbao // fino al 10 ottobre 2023
Yayoi Kusama. 1945 – Now
GUGGENHEIM BILBAO
Avenida Abandoibarra, 2
https://www.guggenheim-bilbao.eus/en
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati