Dopo Oslo è la seconda città della Norvegia per numero di abitanti, ma la grande estensione del verde urbano e lo scarso traffico automobilistico la rendono un luogo piacevole da abitare. Ricca di musei sulla storia cittadina e nazionale, Bergen è da non perdere anche per l’offerta legata all’arte antica e contemporanea: ecco cosa visitare.
La storia di Bergen
Insediamento commerciale già agli esordi dell’anno Mille, la città acquistò importanza politica due secoli più tardi, quando divenne capitale del Regno di Norvegia e venne fondata la cittadella (Holmen, “lo scoglio”), che ospitava la residenza reale, oltre a una cattedrale, diverse chiese minori, la residenza vescovile e un monastero domenicano. Di questo passato, oggi restano la suggestiva Sala di Håkon (metà del XIII secolo), imponente edificio gotico utilizzato per le incoronazioni e le attività governative. Oggi è utilizzata per eventi di Stato, oppure per i concerti estivi del festival dedicato al compositore Edvard Grieg. Da visitare anche la Torre di Rosenkrantz, uno dei monumenti rinascimentali più importanti della Norvegia, edificata nel XVI secolo nel corso del dominio danese su un precedente torrione duecentesco. Gli ambienti ben conservati restituiscono il fascino di un’epoca leggendaria, anche con le sue pagine più tristi: una delle sale ripercorre il fenomeno dei processi per stregoneria, che fra Cinquecento e Seicento videro la condanna al rogo di alcune centinaia di donne. Immersa in un grande parco pubblico, la zona della cittadella è ancora oggi per metà riservata alle visite turistiche, per metà sotto l’amministrazione militare.
Bergen, città di mercanti
A partire dal Trecento Bergen fu città anseatica, grazie ai floridi commerci in particolare di merluzzo essiccato. Quest’epoca rivive nel Museo Anseatico: il complesso di Finnegården è in restauro fino al 2024, ma è tuttora visitabile quello di Schøtstuene che, in ambienti in parte originali in parte accuratamente ricostruiti, permette di conoscere gli ambienti dove si riunivano le leghe mercantili per svolgere la loro attività, sale di riunioni ma anche di refezione comune; ambienti sobri e funzionali, da cui traspare ancora oggi l’etica del lavoro, dell’onestà e del giusto profitto. La Lega Anseatica si sciolse nella seconda metà del Settecento, ma il suo periodo d’oro va dal Trecento al Cinquecento.
Nonostante i numerosi incendi (l’ultimo nel 1955) che hanno distrutto buona parte delle antiche case in legno, Bergen mantiene comunque un discreto patrimonio architettonico, la parte più importante del quale si trova nel Bryggen, il molo dichiarato Patrimonio Unesco, ricostruito dopo il rogo del 1702. Tra gli edifici medievali spicca la chiesa di Santa Maria, del XII secolo, la cui severa combinazione di romanico e gotico è addolcita dallo splendido pulpito ligneo seicentesco decorato con le statue dipinte di otto (delle nove totali) Virtù cristiane, e con motivi naturali e astronomici.
La Bergen moderna
Tra gli edifici novecenteschi spicca invece l’imponente Teatro Nazionale, ospitato in un edificio Art Nouveau del 1909 progettato dall’architetto Einar Oscar Schou, il cui cartellone è dedicato alla prosa. In seguito ai danni della Seconda guerra mondiale, il Teatro fu ricostruito secondo il modello originale; la facciata (sulla quale spiccano i busti di Ibsen, Shakespeare e Aristofane) ripropone chiare influenze mitologiche tedesche.
Con Kong Oscars gate e Domkirkegaten, lo Skostredet è una delle strade più antiche di Bergen, e insieme formano un isolato caratterizzato da antiche case in legno nel tradizionale stile norvegese, sobrio ma caldo e accogliente. Vi sorgono piccole gallerie d’arte (Østre la più interessante), caffè, bistrot e librerie; un quartiere gradevole dove trascorrere il tempo libero. Fuori dai percorsi turistici, il quartiere residenziale sulla penisola collinare di Nordnes merita una visita per le caratteristiche casette in legno a due o tre piani, circondate da giardini pieni di fiori. Dalle stradine lastricate si gode uno splendido panorama del mare in basso e delle colline coperte di foreste in alto. Una natura idilliaca che fa dimenticare come, nel XIV secolo, Nordnes fosse un luogo utilizzato per le esecuzioni.
Infine, merita una visita la sommità del monte Fløyen, raggiungibile con una funicolare: da qui partono i sentieri che si addentrano nell’area forestale protetta, e si può ammirare uno dei panorami più belli della città di Bergen e del suo fiordo, così come di quelli circostanti.
La casa museo di Edvard Grieg
Sorge appena fuori Bergen, su una collina boscosa prospiciente il Lago Nordås: Troldhaugen è la residenza che il compositore Edvard Hagerup Grieg (Bergen, 1843-1907) fece costruire nel 1885, e dove abitò fino alla morte insieme alla moglie Nina Hagerup, che fu un apprezzato soprano. Ancora oggi ben conservata, con gran parte degli arredi originali e degli oggetti personali del maestro, ulteriormente arricchita da fotografie e altri documenti d’epoca, la casa è oggi un museo che dà la misura della personalità dello stesso Grieg, uomo raffinato ma riservato, amante della natura e del silenzio. I suoi lavori furono in gran parte scritti qui, e sono ancora visibili i due pianoforti sui quali componeva: uno Steinway nero a coda nel salone della casa, e uno più piccolo, a muro, che si trova nella capanna in legno rosso poco più in basso, con una vetrata che affaccia sul lago: qui, di notte, Grieg si chiudeva ad attendere l’ispirazione. La capanna accoglie ancora oggi anche la scrivania e il sofà.
Ambienti suggestivi, completati dal piccolo museo annesso, costruito nel 1995, e che conserva gli abiti di scena di Grieg e della moglie, fotografie e oggetti vari, fra cui il baule da viaggio in legno del compositore.
Da giugno a settembre, ogni giovedì e sabato la Concert Hall, scavata nella collina e affacciata sul lago, ospita un reputato pianista che esegue le sinfonie del maestro. Considerato fra i più importanti esponenti del romanticismo norvegese, trovò ispirazione nella musica popolare e il suo virtuosismo al pianoforte gli valse l’accostamento a Chopin.
Il modernismo di Edvard Munch
La Rasmus Meyer Collection (tipica abitazione borghese norvegese del XIX secolo, oggi inserita nel circuito del KODE Art Museum) è il punto di riferimento in città dove ammirare la pittura moderna norvegese fra Ottocento e Novecento. Accanto a opere di artisti quali Nikolai Astrup, J. C. Dahl, Hans Gude, Christina Krogh e altri, ospita la terza più grande collezione di dipinti di Edvard Munch al mondo, ben 100 opere su carta e 50 dipinti; al nucleo iniziale costituito da Meyer, si sono poi aggiunti gli acquisti di Bergen Billedgalleri e la donazione Stenersen. Una collezione che permette di apprezzare la crescita artistica di Munch, dai primi dipinti naturalistici, attraverso esperimenti con forma e colore, fino alla maturità dell’Espressionismo, attraverso il quale trasferì sulla tela il “demone della modernità”, quell’ebbrezza all’apparenza inspiegabile che annoverava impeti di violenza distruttrice, un estetismo esasperato, le prime avvisaglie del libertinismo sessuale, lo sviluppo industriale su larga scala. La millenaria civiltà europea legata al mondo rurale ne fu scioccata, e pochi intellettuali colsero il dramma che si stava preparando, all’interno di un clima politico sempre più votato al nazionalismo. Uno spaesamento morale e una perdita di valori che portarono un clima di profonda angoscia, che Munch seppe appunto esprimere attraverso i suoi dipinti, concentrandosi in particolare sulla figura della donna, che appare immersa in un’atmosfera di attesa, di inquietudine, come narrato da opere quali Donne sul ponte, Malinconia, Inge sulla spiaggia, o altri lavori più contemplativi, quali il Fregio della Vita o Le tre età della donna.
La scena contemporanea di Bergen
Ospitata in un edificio in stile neo-rinascimentale già sede della Banca di Norvegia, costruito fra il 1842 e il 1844 su progetto dell’architetto Ole Petter Riis Høegh, la Kunsthall 3,14 è nata nel 1985 su iniziativa dei pittori Sigrid Szetu e Jan Erik Willgohs, e dell’incisore Gøran Ohldieck.
Una “casa per artisti” con una prospettiva globale e mostre che affrontano le questioni sociali più scomode e urgenti. Fino al 27 agosto, la personale di Brian Maguire (già attivista nel movimento per i diritti civili dell’Irlanda del Nord negli Anni Settanta), Law of the land, indaga i casi non risolti di scomparsa o assassinio fra le comunità dei nativi americani e degli Inuit dell’Alaska, e degli immigrati. Un punto di vista assai drammatico per sensibilizzare l’opinione pubblica statunitense sull’alto tasso di violenza che affligge queste comunità, causato da decenni di politiche governative di deportazioni, espropri di territorio e soprusi di ogni genere. Maguire punta quindi l’indice contro l’indifferenza dell’opinione pubblica verso questa grave piaga sociale. La vernice acrilica applicata su tela con pennelli larghi danno vita a opere che sono commemorazioni emotive delle vittime e una condivisione con il pubblico del loro tragico destino. Partendo dalle fonti fotografiche, Maguire cerca quell’ineffabile punto di congiunzione in cui finisce l’illustrazione e inizia l’arte.
Niccolò Lucarelli
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